"Tocca a noi ragazzi, studenti, lavoratori, prendere coscienza della situazione"
Riceviamo a pubblichiamo una lettera di una studentessa che racconta la sua esperienza in isolamento nella zona rossa della provincia di Pesaro-Urbino
BRINDISI - Riceviamo a pubblichiamo una lettera di una studentessa brindisina di Biotecnologia all'Università di Fano, Giada Giunta, che racconta la sua esperienza in isolamento nella zona rossa della Provincia di Pesaro-Urbino
Il coronavirus é una realtà che ancora alcuni italiani non comprendono o peggio ignorano, ad alcuni appare una bufala, altri invece impazzano alla ricerca di provviste, disinfettanti e mascherine, si recano in zone affollate in preda al panico per assicurarsi i beni primari senza rendersi conto che é proprio il frequentare luoghi troppo affollati che facilita l'espansione del virus. A poche ore dalla firma di un decreto che isola la Regione Lombardia e altre 14 province del Nord Italia, la situazione appare surreale.
In un attimo mi sono ritrovata a passare dallo svolgere una vita regolare, tra palestra, amici e faccende quotidiane, a finire nella “zona rossa” della Provincia di Pesaro-Urbino (Fano) lontano da casa e da tutti gli affetti, senza un medico di base, un appoggio e senza nessuno che sappia trasmettermi tranquillità. C'é paura, ma c'é anche tanta amarezza.
Amarezza perché é facile emanare un decreto, prendere una decisione, poi cambiare improvvisamente tutto da un momento all'altro. Tra il 23 febbraio e l'1 marzo nella Regione Marche a noi studenti sono arrivate notizie contrastanti, un attimo prima dovevamo frequentare le lezioni obbligatorie, un attimo dopo era necessario rimanere a casa, fino a che nel tardo pomeriggio di domenica 1 marzo, dopo che le lezioni sarebbero dovute ricominciare il 2, ci siamo ritrovati messi in un angolo con le spalle al muro.
Oltre che ad un 'tira e molla' tra il Presidente della Regione Marche ed il Presidente del Consiglio, ad aggravare la situazione é stata tutta la mal divulgazione delle notizie, giornalisti che hanno approfittato della situazione per fare notizia ma in realtà hanno solo creato panico, bozze di decreti pubblicati prima del previsto e tanto altro. Ad oggi molti studenti sono ancora qui.
É facile prendere un treno, un aereo, un bus per fuggire e tornare a casa, è facile che la mente delle persone smetta di ragionare coscienziosamente e conduca a scelte affrettate. Anche io, in un primo momento ho pensato di scappare per tornare a casa dai miei cari, ma poi mi sono fermata a ragionare. Ho contattato le autorità, la Protezione civile e il numero verde messo a disposizione dallo Stato.
La loro risposta è stata chiara: non bisogna prendere i mezzi; non bisogna farsi venire a prendere dai propri genitori o parenti, non bisogna spostarsi se non in caso di emergenza. Gran parte delle persone risulta essere asintomatica, non possiamo dare nulla per certo. Non possiamo rischiare di infettare i nostri nonni, i nostri amici e tutte le persone che conosciamo.
La situazione è grave: tutto il personale ospedaliero è impegnato in questa emergenza, le terapie intensive sono affollate e ció si riversa anche in tutti gli altri reparti. Per questo motivo ulteriori contagi porterebbero ad un collasso degli ospedali e le persone rischierebbero di rimanere a casa senza cure sufficienti. Dobbiamo contenere questo virus. E ora che fare? Ora davanti alla situazione di disagio in cui ci siamo ritrovati, tocca a noi ragazzi, studenti, lavoratori, prendere coscienza della situazione.
Non sottovalutate e non siate egoisti. Tocca a noi capire che scappare da una parte all'altra dell'Italia può nuocere e peggiorare una situazione che é già grave di per sé, tocca a noi pensare ai nostri parenti nelle nostre città natali, alle persone che amiamo e tutelarle in ogni modo.
Questo significa seguire le misure di sicurezza, non spostarsi e mantenere la calma. Impegnatevi. Fate sacrifici. Se siete come me, sconfortati e afflitti, non abbiate paura, fatelo per le persone che amate nella speranza che dopo questo periodo di difficoltà, possiate tornare a casa a riabbracciarle.