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L'esperienza della vita e delle relazioni di strada e la memoria della città

Presentato a palazzo Granafei Nervegna il nuovo libro di Antonio Caputo, edito da Hobos, dedicato alla storia sociale di Brindisi

BRINDISI - Un bel successo di pubblico per la presentazione dell’ultimo libro dello storico brindisino Antonio Mario Caputo, dal titolo “Per le strade di Brindisi…Nello scrigno della memoria - Giochi, linguaggio, scorribande, tradizioni, balli, amori, fantasie di una città che viveva”. Il libro, edito dalla casa editrice Hobos Edizioni di Brindisi, è stato presentato nella serata di giovedì 12 dicembre nella Sala Università di Palazzo Granafei-Nervegna, la cui facciata è stata magnificamente illuminata per le festività natalizie.

A fare le veci dell'autore, che non è potuto essere presente alla serata culturale per un malanno di stagione, è stata la figlia Elisabetta Caputo, che nel corso della presentazione ha letto alcuni brani del libro. La serata culturale, patrocinata dal Comune di Brindisi ed organizzata dalla sezione locale della Società di Storia Patria per la Puglia e dalla Fondazione “Tonino Di Giulio”, è stata introdotta dalla professoressa Raffaella Argentieri, presidente della stessa fondazione. 

Antonio Caputo

All’evento sono intervenuti lo storico Giacomo Carito, presidente della sezione brindisina della Società di Storia Patria per la Puglia e il direttore scientifico della rivista “Il Nautilus”, professor Abele Carruezzo. Il libro del professor Caputo, per Raffaella Argentieri, è uno “scrigno” non solo per tutto quello che il professore ha riportato, canzoncine, poesie, filastrocche, ricordi importanti di come era Brindisi, ma perché leggendo il libro torneranno alla mente tanti ricordi. “Man mano che si legge la storia di Brindisi e di tutto quello che è avvenuto, sicuramente ricorderemo anche noi tante cose”, afferma la Argentieri. 

“Con questo suo nuovo lavoro Antonio Caputo pone questa riflessione importante: la strada con i suoi giochi e con il suo vociare in lingua”, evidenzia il professor Abele Carruezzo secondo cui il libro è “un documento scritto in maniera chiara, un libro che copre un vuoto della cultura popolare brindisina”. Secondo il direttore de “Il Nautilus”, la strada diventava scuola, cioè gioco e azioni di aggregazione come implicazione sociologica. Quindi era importante stare per strada. Per Carruezzo, il gioco è espressione della cultura umana, sempre figlio del tempo, che però non è un tempo della ricreazione. Si manifesta in varie forme durante l’intero arco della vita. È la nostra storia, stimola invettiva, curiosità, manualità, impegno.

Il tavolo della presentazione-5-2

“Conoscere il gioco diventava importante perché era titolo di accesso al gruppo. Stare in gruppo agevolava lo scambio di esperienze e stare in gruppo previene e recupera la marginalità”, sottolinea il professore. Il gioco di strada aveva due caratteristiche: essere cooperativo, uno per tutti, ma essere anche competitivo, uno contro tutti. “Aveva la sua lingua, dei segni, degli schemi d’azione. Non coincideva mai con la lingua della scuola, coincideva sempre con la lingua della mamma, cioè il dialetto”.

Della seconda parte del libro di Caputo, Abele Carruezzo evidenzia, infine, le “conte” in dialetto, le filastrocche, il racconto delle feste da ballo organizzate in casa per il compleanno di una compagna di classe, la Festa della Matricola, l’estate brindisina, gli anni Settanta, Ottanta e Novanta a Brindisi, quando la città “veramente voleva vivere”.

Il pubblico della presentazione-15

La presentazione del nuovo volume del professor Caputo è proseguita quindi con l’intervento del professor Giacomo Carito, secondo cui il libro ruota su due termini essenziali: la strada e la memoria. Memoria perché sono eventi e fatti che vengono riportati attraverso una memoria orale. Lo storico spiega che la vita si svolgeva in strada anzitutto per delle contingenze immediate: le case erano molto piccole, generalmente con una sola stanza. La casa serviva quindi soltanto per mangiare e dormire. “Tutto il resto era trasferito sulla strada”, ricorda Carito. “Era sulla strada che si celebravano amori e disamori, dissapori, legami. Era un vero palcoscenico. Una sorte di commedia dell’arte in cui il privato di ciascuno era condiviso da tutti”.

Carito si sofferma poi sulla grande rivoluzione economica italiana degli anni Sessanta, che a Brindisi ebbe un elemento simbolo nel Petrolchimico, che non fu solo un luogo di lavoro, ma rappresentò anche un modello nuovo di organizzazione del lavoro. “Con l’industria il tempo diventa il tempo dell’orologio, non è più il tempo meridiano”.  “Non è l’orario che si adegua all’uomo, ma l’uomo che si adegua agli orari”.

Palazzo Nervegna-2-7

“È l’universo tipico di una società agraria e di una società, tra l’altro, che esce da una guerra disastrosa, una guerra persa, la Seconda guerra mondiale”, prosegue il professore che ricorda come la guerra abbia inciso sul patrimonio edilizio di Brindisi in maniera molto forte.

“Si stima che i tre quarti del patrimonio edilizio della città fossero andati o distrutti o gravemente danneggiati. E questo è evidente passeggiando per le vie del centro storico, dove molte piazze sono piazze proprio da bombardamento. E molti giochi si svolgevano in mezzo alle bombe. Si giocava con le schegge delle bombe, con gravi rischi”.

Da sinistra, Elisabetta Caputo e Raffaella Argentieri-2

Del dialetto dice che non esiste un dialetto corretto e un dialetto scorretto. Esiste una lingua parlata: “Che poi possano esserci delle differenze fra come una frase veniva pronunciata in un quartiere piuttosto che in un altro, questo rientra nell’ordine delle cose, tanto più che la composizione della popolazione di Brindisi ha una radice molto particolare: con i quartieri marinari, che hanno una cultura di tipo occidentale, e i quartieri invece bracciantili, che hanno una cultura orientale”.

Carito conclude il suo intervento commentando che: “Sarebbe interessante allargare il discorso. Brindisi dovrebbe avere questa capacità di aprirsi, di incominciare a riprendere i rapporti con le altre città almeno portuali dell’Adriatico con cui per secoli è stata collegata”.

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