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Hmidi Saber e le tracce in Italia dei foreign fighter dell'Isis

Tenere alta l'attenzione anche in Italia sul pericolo del fondamentalismo islamico. Una priorità che emerge dagli ultimi avvenimenti relativi ad un arresto compiuto a Roma. Pochi giorni fa, infatti, è stato notificato nel carcere romano di Rebibbia un ordine di custodia cautelare

ROMA - Tenere alta l’attenzione anche in Italia sul pericolo del fondamentalismo islamico. Una priorità che emerge dagli ultimi avvenimenti relativi ad un arresto compiuto a Roma. Pochi giorni fa, infatti, è stato notificato nel carcere romano di Rebibbia un ordine di custodia cautelare per il tunisino Hmidi Saber, accusato di fare proselitismo e propagande per l’Isis.

L’uomo, che era già in carcere per altri reati ( fra cui anche quello di aver tentato di far fuoco alla polizia durante un posto  di blocco) avrebbe cercato di reclutare nuovi adepti proprio nel suo periodo trascorso in prigione. In più, nella sua casa romana, sono state trovate delle armi ed una bandiera del gruppo fondamentalista “Ansar Al Sharia”, che da anni opera ed è ben strutturato in Libia, in particolare nel distretto di Derna.

Questo fatto pone, ancora una volta, l’accento sul problema su quanto possano essere forti e presenti alcune cellule dell’ Isis sul suolo italiano. Su questo importante aspetto, dobbiamo sottolineare il non piccolo particolare che le autorità italiane non hanno a disposizione la mole di informazioni che possono essere presenti nelle nazioni che hanno subito degli attentati di matrice islamica. Tutte le notizie rilevanti e le maggiori prove, infatti, si possono ottenere solo dopo che si siano tenuti dei regolari processi, che sono sempre una fonte inesauribile di informazioni.

Dato che, sino ad ora, l’Italia è rimasta al riparo dagli attacchi sia dell’ Isis quanto di Al Qaeda, non abbiamo presso alcun tribunale italiano del materiale che possa far luce ulteriormente sul fenomeno del radicalismo islamico in Italia. Presso gli archivi della Corte d’Assise di Roma, ad esempio, gli unici documenti consultabili, dopo previa autorizzazione da parte della presidenza del Tribunale, sono quelli relativi alla strage di Fiumicino compiuta da Abu Nidal nel 1985. Dopo però, per quanto riguarda il terrorismo di matrice internazionale, non vi è più nulla di considerevole.

Questo però non deve in alcun modo far abbassare la guardia nel nostro Paese. Anis Amri, altro giovane tunisino responsabile dell’ attentato di Berlino dello scorso 19 dicembre e successivamente individuato ed ucciso dalla polizia italiana, era stato per molto tempo in Italia.  Anche detenuto nel carcere dell’Ucciardone, dove molto probabilmente aveva cercato di intraprendere le stesse azioni di Saber, volte a sviluppare appoggi e contatti all’ interno del settore penitenziario. E bisogna vigilare anche in maniera attenta perché è indubbio il fatto che il territorio italiano venga spesso usato come porta in ingresso ed uscita dai terroristi sia verso l’Europa quanto verso i Balcani.

E’ possibile non andare molto indietro, nelle pagine della cronaca internazionale,  per risalire alla notizia che era stata data poco tempo fa dal settimanale “l’Espresso” che aveva scritto e raccontato della possibile presenza di campi jihadisti in Kosovo. E’ un fatto di concreto contenuto, soprattutto se teniamo conto che il Kosovo è un Paese a maggioranza islamica, venuto fuori nel recente passato da una  brutale guerra indipendentista con la Serbia.

Altissima quindi la probabilità che sul suo territorio si annidino , ancora oggi, sacche di estremismo e radicalismo islamico che hanno messo a disposizione dei nuovi gruppi jihadisti i supporti logistici usati nella guerra del 1999, come appunto i campi d’addestramento militari. Cosi come è innegabile che tutta la zona della ex Jugoslavia,  dopo i terrificanti anni di guerra civile che hanno sancito in maniera definitiva la morte di quello che fu una sorta di piccolo  impero nelle mani del maresciallo Josip Tito, sia diventata una sorta di supermarket delle armi a disposizioni sia della criminalità organizzata quanto dei nuovi gruppi terroristici.

Per questo è necessaria una particolare attenzione anche verso i porti di Bari e Brindisi, che possono essere un forte polo d’attrazione proprio per chi vuole dirigersi verso il Kosovo o l’intera area balcanica.

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