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Giovedì, 28 Marzo 2024
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A cura di Blog Collettivo

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Black bloc e grillini, i nuovi radicalismi

Bisogna misurarsi con la nascita di un nuovo radicalismo di massa. Questo dicono le recenti manifestazioni che hanno visto in piazza centinaia di migliaia di Indignados pacifici aggrediti da gruppi organizzati di black bloc la scorsa settimana a Roma, questo è il significato della discesa in piazza dei No Tav oggi, questo è anche il senso dell'aggressione subita ieri, sempre a Roma, durante la manifestazione della Fiom, da Nichi Vendola. Sul fronte elettorale va anche segnalata l'affermazione della lista dei grillini nel Molise che ha impedito al candidato di centro-sinistra di affermarsi su quello del centro-destra.

Bisogna misurarsi con la nascita di un nuovo radicalismo di massa. Questo dicono le recenti manifestazioni che hanno visto in piazza centinaia di migliaia di Indignados pacifici aggrediti da gruppi organizzati di black bloc la scorsa settimana a Roma, questo è il significato della discesa in piazza dei No Tav oggi, questo è anche il senso dell'aggressione subita ieri, sempre a Roma, durante la manifestazione della Fiom, da Nichi Vendola. Sul fronte elettorale va anche segnalata l'affermazione della lista dei grillini nel Molise che ha impedito al candidato di centro-sinistra di affermarsi su quello del centro-destra.

La prima cosa da fare è distinguere fra il radicalismo delle idee e del voto e la presenza dei gruppi violenti. Non c'è relazione fra i due fenomeni. Se il grillismo e gli indignati rappresentano la contestazione pacifica al potere e anche alla sinistra istituzionale, i violenti rappresentano la riedizione di un fenomeno antico, cioè il risorgere di tesi insurrezionaliste nel cuore della protesta giovanile.

Se le cose sono distinte, bisogna, però, anche fare uno sforzo di analisi per comprendere la novità dei due fenomeni. Cominciamo dai violenti. C'è una base di scontento sociale su cui si innesta la propaganda dei nuovi gruppi estremistici. Essi si rivolgono a una gioventù emarginata ma influenzano anche i figli della borghesia urbana. Da anni assistiamo al crescere di fenomeni di organizzazione estremistica che trovano la loro base in alcuni centri sociali, nelle tifoserie di alcune città, nei nuclei anarco-insurrezionalisti che dominano l'attuale scenario terroristico.

E' presto per dire che siamo di fronte a un nuovo partito armato ma siamo di fronte al crescere di azioni di propaganda e proselitismo a favore di uno scontro violento contro le istituzioni. I nuovi estremisti non vengono, come i loro "padri", né dal marxismo leninismo né da altri ceppi della sinistra ma sono cresciuti, con una cultura propria, nel nuovo antagonismo sociale, assertori di teorie catastrofiste e distruttive. Il tema di oggi è come evitare che essi riescano a egemonizzare la protesta e a presentarsi come interlocutore di masse di giovani espulsi dal mercato del lavoro, non protetti dai sindacati e invisibili per i partiti di sinistra. E' opportuno che tutte le forze di sinistra ergano confini blindati verso questi gruppi ma soprattutto che reimparino a parlare con la gioventù emarginata.

L'altro fenomeno, quello del radicalismo politico, si presenta anch'esso con caratteristiche del tutto nuove. Anche qui scompare il vecchio album di famiglia della sinistra e si fanno prepotenti le teorie anti-sistema che vanno dal grillismo al movimento degli indignati. Il grillismo ha rotto i ponti con l'area giustizialista, come dimostra la sua separazione da Di Pietro e da De Magistris e gli attacchi di Grillo a Colombo e Padellaro. E' un area fluida, che non vuole rilasciare deleghe, che Grillo egemonizza in totale solitudine e che sembra avere un forte appeal elettorale.

E' un mondo con cui è difficile dialogare soprattutto per una sinistra che non mostra capacità di innovazione e che presenta sempre le solite facce. Gli indignati sono invece un movimento di valore planetario e contestano i capisaldi dell'economia politica in nome di una diversa distribuzione della ricchezza e della moralità in economia e nella politica. Sono i nuovi anticapitalisti che tolgono la polvere ai classici del marxismo, come hanno ben capito molti intellettuali anglo-americani. I tratti positivi di questo movimento sono maggiori dei suoi pur evidenti difetti, ma solo una sinistra rinnovata potrà dialogare con questo mondo.

L'esistenza di un doppio radicalismo, l'uno pericoloso l'altro più politico ma tendenzialmente non governabile, dice che la sinistra attuale se non accetta la sfida del confronto "in seno al popolo" è destinata a fallire. In altre epoche storiche sono state battute le tendenze terroristiche e riassorbite quelle radicali solo con una grande battaglia ideale e programmatica ma anche mettendo in campo classi dirigenti in grado di essere riconosciute come tali dai movimenti di massa. Torna qui il tema del partito politico, pesante o leggero che sia, ma che non può rinunciare ad esistere là dove si costruisce la nuova coscienza politiche. Cioè nel vivo dello scontro sociale. Il dato positivo di questa fase è che non c'è alcuna forza di sinistra che civetti con i violenti e che tutta la sinistra vuole dialogare con i movimenti radicali.

Il dubbio viene dalla sensazione che gli strumenti culturali e le risorse umane in mano alla sinistra siano invecchiati o inadeguati. La nuova generazione di dirigenti del Pd, molto operosa nel chiedere il rinnovamento generazionale con stucchevoli convegni, dovrebbe dimostrare, come hanno fatto le generazioni precedenti, di essere in grado di guadagnarsi i galloni sul campo, cioè nel confronto con i loro coetanei "incazzati". Se  resteranno chiusi nelle segreterie di partito, attenti solo alle loro carriere personali facendo la scimmia ai dirigenti più anziani, non andranno da nessuna parte. E noi con loro.

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