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Giovedì, 28 Marzo 2024
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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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La Brindisi dell'accoglienza tra petizioni motivate e propaganda politica

Qualche considerazione sulla questione dei minori stranieri e della ex delegazione comunale del quartiere Casale

Forse molti non lo sanno, ma Brindisi ospita già altri centri di accoglienza per minori stranieri non accompagnati, uno dei quali si trova al quartiere Perrino, nello stesso immobile del Punto Luce che Save the Children ha dedicato ai bambini e agli adolescenti di quella parte urbanisticamente certo non felice del città. L’accoglienza, cura e attenzione particolari per i minori stranieri è contemplata in varie convenzioni e direttive delle Nazioni Unite sui diritti umani, ed è affidata in Italia alla tutela della magistratura competente, che dispone, autorizza, verifica, interviene.

Dal Perrino non sono giunti sin qui segnali di aumento dei reati, di aggressioni, di furti legati a questa presenza che, va sottolineato, rientra nell’ambito delle operazioni umanitarie. La sindrome dell’invasione, costruita ad arte sui social network da alcune forze politiche ma inesistente nei fatti dato che il numero degli sbarchi è drasticamente calato prima ancora dell’insediamento del cosiddetto governo gialloverde (mentre è aumentato invece il numero delle persone annegate, soprattutto bambini e donne) è il fattore che spinge molti cittadini italiani a schierarsi contro la presenza di Sprar o strutture di accoglienza nei propri comuni o nei propri quartieri, anche se si tratta, come nel caso insorto nel quartiere Casale, di una ventina di minorenni africani o mediorientali.

Va accolta, come in qualche caso, la spiegazione che il no al centro per migranti minorenni al Casale e relativa petizione, non sono invece motivati da spirito contrario all’accoglienza, bensì dalla necessità di destinare l’ex sede della delegazione comunale ai servizi al cittadino, come quelli forniti in passato, o a scopi sociali ma sempre per gli abitanti del quartiere. Ricordando che il Comune di Brindisi ha aderito ad un programma nazionale lanciato dal Ministero degli Interni.

C’è una differenza dunque, tra i vari no, tra quelli che sono stati così motivati e quelli che provengono dal partito di Salvini, che come è noto alimenta e cavalca – sino a quando sarà possibile -  la tigre della fobia dell’immigrato, mentre promuove la separazione delle regioni ricche del Nord da quelle del Sud, sfratta gli abusivi dagli immobili pubblici (chissà quanti sono gli italiani indigenti finiti in questo tritacarne, che magari hanno votato anche per il viceministro, nel marzo scorso), e impazza da Venezia alla Sicilia ma ben poco dalle parti del suo ufficio.

Si può obiettare che chi è motivato dalla necessità di dare una diversa destinazione alla ex delegazione comunale avrebbe potuto decidersi a farla anche prima, questa benedetta petizione, se c’è tanta urgenza di servizi al Casale. Ma non solo: noi raccogliamo quasi giornalmente da anni messaggi di disagio, azioni di volontariato dei cittadini, denunce dello scempio del parco giochi, senza contare fatti di cronaca come le irruzioni nel palasport del quartiere e altro ancora. Ugualmente, perciò, i promotori hanno pieno diritto all’ascolto e all’attenzione dell’amministrazione civica.

Cosa ne potrebbe scaturire, da tale confronto, non lo sappiamo. Ma bisogna andarci, da entrambe le parti, senza veti precostituiti. Né contro i minorenni stranieri non accompagnati, né contro le richieste di maggiori servizi per il quartiere. Su questo giornale online abbiamo avuto in passato modo di criticare la frettolosa storiografia che aveva quasi cancellato Brindisi dall’emergenza albanesi del 1991, malgrado in tre giorni la città – con solo le proprie risorse – avesse fatto fronte all’impatto di 27mila profughi, ospitandoli poi per mersi prima nelle scuole, poi nei camping e nelle strutture turistiche della provincia. Bari, che aveva rinchiuso le migliaia della “Vlora” nel vecchio stadio di calcio, si prese invece la medaglia al valor civile.

Non si può permettere ad una città che ha questi meriti in gran parte dimenticati e poco riconosciuti, e una lunga storia di porto-rifugio, dall’esercito serbo ai profughi istriani, di naufragare nella pochezza di un rifiuto ad accogliere un gruppo di bambini e ragazzi scampati alla traversata nel Canale di Sicilia, alcuni con una storia di fame, morte e torture alle spalle. Che razza di brindisini siamo?

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