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Venerdì, 19 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Crociere: città turistica? Diventiamo prima una città di mare e di cultura

Qualche riflessione dopo aver constatato che è la nave che attrae Brindisi, e probabilmente non il contrario

Le crociere sono un business per i porti, molto difficilmente per le città, a meno che non si tratti di una di quelle – includiamo anche le isole - dove c’è molto da vedere, e da comprare, e dove si è creata da tempo una micro o macro economia turistica legata ad un alto numero di visitatori, con una sua offerta precisa, stabile, qualificata. Gli esempi da fare in Mediterraneo sarebbero molti. Altre città, pur costituendo esse stesse un terminal crocieristico di elevato traffico, come Savona, poco ricavano turisticamente da queste presenze, eccezion fatta per l’economia portuale. Quindi ci sono realtà dove l’affare sta nella coincidenza economia portuale – lavoro, e altre che aggiungono tale vantaggio all’economia turistica.

Chiediamoci in quale fascia vuole collocarsi Brindisi, cercando di essere realisti: non siamo, e chissà se quando e come lo diventeremo, una città turistica, anche se siamo la porta marittima del Salento e della Valle d’Itria. Salvando la parte cresciuta intorno al porto interno, dove si è concentrata la Storia (con la maiuscola per distinguerla da quella sociale, che non interessa ai visitatori), il resto è improponibile. E la costa è stata abbondantemente saccheggiata e abusata. A chi potrebbe interessare?

Inoltre, quali sono gli assetti commerciali del centro storico? Non sono stati certo pensati per attrarre i turisti. Forse, anzi certamente, era più adatto a ciò il tessuto commerciale degli anni Settanta, votato al servizio dei numerosissimi transiti per la Grecia, quando la città era il principale porto italiano di collegamento con Igoumenitsa, Patrasso e le Isole Ionie. Poi tutto è morto perché sono mancate le visioni lungimiranti, perché forse qualcuno pensava che il porto potesse vivere solo di merci industriali, senza sviluppare quella polivalenza che rappresenta oltre che un fattore di crescita, anche un paracadute quando le merci industriali spariscono o prendono altre strade.

Brindisi - Il Canale Pigonati-2

E di città di mare non si è mai parlato, a Brindisi. Lo dimostra lo sviluppo urbanistico della città verso l’interno e non lungo la costa, a differenza delle altre città costiere pugliesi. Presa da un lato dalle infrastrutture militari e aeroportuali, e dall’altro dalla zona industriale, Brindisi ha perso la propria identità originaria, decennio dopo decennio. Si faccia caso al fatto che nel chiacchiericcio politico locale (fatte le debite eccezioni, perché per fortuna ci sono), la parola “urbanistica” sia pressoché scomparsa, e con essa qualsiasi notizia del nuovo Piano urbanistico generale.

Ma quella è la sede giusta, il contesto, in cui si deve decidere cosa dovrà essere Brindisi nei prossimi decenni. L’era del grande polo industriale, inteso come strategia di sviluppo, è finita e ora si deve lottare per garantire lavoro e produzioni inquadrandole in altre logiche: innovazione, ricerca, aerospazio, energie alternative, bonifiche. Siamo in un’epoca in cui forse la soluzione non è più e soprattutto nella produzione delle merci, ma nella logistica delle merci. Allora il porto diventa importantissimo, l’aeroporto anche. Ma chi ne parla con cognizione di causa?

Torniamo alle crociere e al turismo. Le compagnie del settore decidono anno per anno in base a indagini di mercato e ai propri rendiconti. Oggi ci sono, domani forse non più. Bisogna costruire convenienze, se si deciderà di diventare una città di mare, con un  centro storico aperto sul porto. Intanto, sperando che a giugno la città selezioni finalmente una coalizione politica all’altezza del compito, bisogna cercare di fare del proprio meglio. E ciò che si è visto non solo oggi, ma anche nel recente passato, assumendo l’occasione delle crociere per qualificare un po’ di più il biglietto da visita della città, dato che siamo ancora lontani dal poter parlare di business, non è certo il massimo.

Un veliero da crociera nel Canale Pigonati

Su questo punto le menti di cui Brindisi dispone, nel mondo dell’urbanistica, dell’impresa e della cultura, che non si è stati capaci di convocare e mettere alla prova in una sinergia positiva, si devono cimentare e dire la propria. Se non ora, quando? Per quanto riguarda noi, che non siamo certo urbanisti o esponenti del mondo della ricerca e dell’applicazione culturale, potremmo solo fare un compitino. Ci proviamo.

Avremmo intanto proposto agli operatori commerciali della zona del porto di investire, esonerandoli parzialmente dagli oneri di occupazione del suolo pubblico, ma impegnandoli a superarsi nell’offerta, calmierando prezzi, garantendo qualità, utilizzando le migliori risorse di questo territorio. Avremmo invitato il Liceo musicale della città e il Conservatorio di Ceglie Messapica, destinando risorse adeguate al progetto, a intrattenere gli ospiti con piccoli concerti sul lungomare nei giorni di arrivo delle navi.

Avremmo promosso un circuito legato alle chiese storiche, uno alla città romana, l’altro ai castelli (coinvolgendo la Marina Militare), facendo del Museo Ribezzo e di Palazzo Nervegna i poli di questa strategia. Avremmo chiesto all’Archivio di Stato di attrezzare una mostra permanente sulla via Appia, e alla Biblioteca De Leo una mostra sui santi di Brindisi, Teodoro e Lorenzo. E poi avremmo riproposto i mercatini dell’artigianato locale in vari punti del centro-storico. Il Comune non ha i soldi? Si trovino gli sponsor, con l’autorevolezza delle istituzioni locali, per integrare i progetti.

Una grande nave ro-ro entra dal Canale Pigonati

Avremmo chiesto alle compagnie che fanno ricerca teatrale di produrre rivisitazioni storiche, isolare episodi e personaggi  emblematici per trasmettere qualche virus brindisino alle sensibilità dei visitatori. Piccoli passi, importanti se ben fatti, se innovativi per Brindisi (perché i crocieristi certo ne hanno viste di meglio, e bisogna solo stare al passo non pensare di essere “amazing”). Tutto questo non per diventare da un anno all’altro città turistica, ma città di mare degna della propria storia. Il resto verrebbe poi, progressivamente. La speranza è l’ultima a morire.

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