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A cura di Blog Collettivo

La Cina si espande nel Mar Cinese Meridionale, Stati Uniti irritati

Una serie di incidenti diplomatici nelle acque del Sudest Asiatico mette ancora più a repentaglio i rapporti tra Washington e Pechino

La Cina intensifica la propria presenza nel Mar Cinese Meridionale, considerato una testa di ponte fondamentale per rafforzare il proprio ruolo di potenza globale. Con proiezioni soprattutto commerciali, a partire dall’ambizioso progetto della Nuova Via della Seta che coinvolge anche il Mediterraneo.

Pochi giorni fa è stata diffusa la notizia dell’installazione, da parte dell’esercito cinese, di sistemi missilistici sulle isole Spratly, poste tra le Filippine e il Vietnam. Le reazioni non si sono dovute attendere, specie dagli Stati Uniti, che con un durissimo comunicato stampa hanno minacciato “conseguenze a breve e lungo termine”. Da parte sua, il ministero degli Esteri cinese ha risposto che “le necessarie infrastrutture di difesa nazionale sono tese unicamente a proteggere la sovranità e la sicurezza della Cina”.

Tra Pechino e Washington sono molti gli argomenti di frizione. Uno fra tutti, la guerra dei dazi che infiamma le cancellerie dei due Paesi. Ma la crescente militarizzazione del Mar Cinese Meridionale è iniziata molto tempo prima, causando serie preoccupazioni nei Paesi del Sudest Asiatico e nel loro “protettore” a stelle e strisce. Quello specchio d’acqua del resto è da sempre nel radar degli americani, che sin dalla Seconda Guerra Mondiale lo rivendicano come propria area d’influenza geopolitica. Da parte sua la Cina, da quando è assurta al ruolo di grande potenza, ha fatto capire di non gradire le incursioni della marina militare a stelle e strisce.

L’ultimo incidente è avvenuto lo scorso 23 marzo, quando due fregate militari cinesi hanno intercettato e respinto il cacciatorpediniere statunitense USS Mustin, che si era spinto proprio all’interno delle acque territoriali delle isole Spratly, in quella che Pechino ha dipinto come una “provocazione che ha seriamente danneggiato la sovranità e la sicurezza cinesi, violato le norme basilari del diritto internazionale e nuociuto alla pace e alla stabilità regionali”.

Come detto, il controllo del Mar Cinese Meridionale è essenziale come punto di partenza per le rotte commerciali del gigante d’Asia. Una delle strategie più utilizzate è la costruzione di grandi basi militari e commerciali su sottilissime strisce di sabbia, con la creazione di isolotti quasi dal nulla. Intorno ad essi, a quel punto, la Cina si ritaglia uno spazio di acque territoriali in cui si sente autorizzata ad agire autonomamente.

Riferendoci solo alle isole Spratly, ad esempio, Pechino è riuscita a costruire ben 1280 ettari di territorio che prima praticamente non esisteva. 

Chiaramente, questa proiezione espansiva provoca non solo le reazioni infastidite – e preoccupate – dei Paesi confinanti, ma anche il turbamento di tradizioni antiche come quelle delle rotte dei pescherecci. Non sono infatti infrequenti gli speronamenti da parte di navi militari cinesi ai danni di imbarcazioni vietnamite, taiwanesi o filippine che si spingono in quelle acque pescose da secoli. Secondo Pechino, però, molti di questi incidenti sono istigati dagli Stati Uniti, che non vedono di buon occhio questo nuovo approccio espansionistico cinese.

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