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Venerdì, 29 Marzo 2024
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A cura di Blog Collettivo

La città del futuro e il futuro della città: il confronto sul Pug

Le città sono, innanzitutto, di coloro che le vivono, le abitano, le usano. La città è il luogo per eccellenza del "noi", e quindi della partecipazione

Le città sono, innanzitutto, di coloro che le vivono, le abitano, le usano. La città è il luogo per eccellenza del "noi", e quindi della partecipazione. Gli studiosi, gli esperti, i decisori pubblici non possono prescindere da questa consapevolezza. Nelle città convivono le sofferenze umane, le emarginazioni sociali con i luoghi dell'intelligenza, della ricerca, del volere e sapere fare. Sono il luogo più evidente delle diseguaglianze vecchie e nuove, ma sono anche il luogo delle potenzialità e delle opportunità. Le città sono e saranno, sempre più nel futuro, il luogo in cui è possibile ripensare modelli di sviluppo, stili di vita e, sulla base di questo, saranno più o meno attrattive.
Il futuro sostenibile, lo sviluppo durevole si realizza prima nelle città; ed è già iniziato nelle città medie e piccole d'Europa e del mondo. Ed è proprio la prospettiva delle città che consente di pensare al loro futuro mentre vengono governate anche in un momento e in un'epoca di crisi.

Si può agire politicamente durante una difficoltà economica e finanziaria senza farsi assorbire dalla contingenza e dall'emergenza. Si può Il presidente di Left, Carmine Dipietrangeloconiugare concretamente la quotidianità con la costante necessità di ripensare il proprio agire ed il proprio futuro. In una parola bisogna avere sempre "una visione". In una fase come questa sono necessarie, pertanto, pratiche di pianificazione urbana(visione), strumenti urbanistici innovativi e sostenibili, in grado di rispondere ai nuovi bisogni di comunità e del vivere assieme con gli altri. 

Pianificazione che dovrà integrare infrastrutture materiali e sistemi di relazione immateriale per ridare vita e vivacità alle città in modo da valorizzare le identità, la memoria e la storia dei territori, rispettandone peculiarità e risorse. Una pianificazione di dimensione vasta e che deve saper travalicare le mura cittadine. Su questo, all’indomani dell’approvazione del documento preliminare programmatico, propedeutico al Pug della città, Left organizzò un importante confronto. Gli atti di quel convegno furono anche pubblicati.

Da allora Brindisi, in sei anni, ha avuto ben due amministrazioni, l’attuale è la terza. La città ha continuato ad andare avanti con strumenti e logiche datati. Ci sarà pure un motivo! In questa materia metodo e sostanza hanno un ruolo solo se la premessa presuppone una visione coraggiosa e di discontinuità. E questo è necessario soprattutto in una città come Brindisi che come indicano tutti i dati che la riguardano non è da tempo città attrattiva, in costante calo demografico e occupazionale e la cui qualità della vita la colloca tra le ultime nelle statistiche nazionali.

A Brindisi il Piano Urbanistico Generale è un'occasione formidabile per ripensare la città. In esso è necessario considerare sia la prospettiva di lungo termine sia quella di breve termine, che non devono essere pensate e impostate in alternativa, ma devono essere tenute assieme, distinguendo nel piano la parte strutturale da quella programmatica.

La prima deve essere orientata al perseguimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale e territoriale, di salvaguardia e protezione dell'ambiente e della salute e di tutela e valorizzazione delle invarianti strutturali del territorio, alla definizione delle grandi scelte di assetto di medio e lungo periodo e degli indirizzi e delle direttive per la parte programmatica e per la pianificazione attuativa. 

La seconda, la parte programmatica, invece, deve definire gli obiettivi specifici e disciplinare le trasformazioni territoriali e la gestione dell'esistente, in coerenza con le previsioni strutturali e con le capacità operative locali di breve e medio periodo. Il PUG, allora, deve essere fondato su una costruzione collettiva di una visione condivisa del futuro del territorio e allo stesso tempo orientato all'azione, cioè basato sulla capacità di rendere praticabili alcune previsioni nel breve e medio termine. Visione appunto. Per costruirla occorre tanta tenacia, pazienza, disponibilità all'ascolto e al confronto. Alla fine, quella visione di futuro, una volta che sarà diventata condivisa, diventerà anche robusta e sarà una visione che tutti porteranno dentro di se. Ma per una visione condivisa bisogna capire di più e per capire di più si ha bisogno di partecipazione ma anche di conoscenza/e.

L'approvazione, a suo tempo, in consiglio comunale, del Documento Programmatico Preliminare con i voti della maggioranza e dell'opposizione fu certamente un buon inizio di percorso per un PUG condiviso e utile a tutta la città. Ma è trascorso troppo tempo tanto da rendere non attuali alcuni suoi contenuti e previsioni. Ma di materiali nel frattempo se ne sono accumulati come anche molte sono le criticità che da allora si sono evidenziate o sono sorte.

L'idea di città e l'idea di comunità devono rimanere, però, la guida per la futura forma urbana. Il compito dell’amministrazione comunale dovrebbe essere quello di offrire alla città non solo un metodo per la partecipazione ma anche la sua visione anche per non diventare una sorte di carta assorbente di bisogni e di sistemazioni di incompiute. Da questo punto di vista l’assessore Prof. Borri può essere una garanzia oltre che un valido riferimento per fare bene e possibilmente presto.

Nel programma di questa amministrazione erano contenute già alcune scelte di visione e che furono condivise dalle forze che decisero di stare assieme a sostegno di Riccardo Rossi. Ne richiamo alcune. Bisogna passare dalle politiche espansive che consumano territorio alle politiche rigenerative per indirizzare e stimolare gli investimenti nei nodi di connessione fisica e nella infrastrutturazione tecnologica e materiale, per sostenere la mobilità collettiva e la nuova mobilità, da quella pedonale a quella ciclabile.

Le città del futuro saranno sempre più ecosostenibili, intelligenti, motori di una nuova economia e di nuove opportunità, di nuova edilizia che non dovrà più pensare a consumare suolo e terreno agricolo. Ma la progettazione delle città, anche quelle del futuro, deve misurarsi con la partecipazione che non può essere soltanto metodo, ma anche corresponsabilizzazione sulle scelte e delle scelte.

Le città, come ho detto, sono il luogo per eccellenza del "noi", dell'agire comune. Un progetto urbanistico è sostenibile solo se si realizza in un pubblico confronto, utile a stabilire in modo condiviso gli obiettivi, le misure e le strategie da adottare. Bisogna andare oltre le stesse procedure previste dalle attuali normative per coinvolgere associazioni, quartieri, luoghi, interessi legittimi, per costruire nuove idee e nuovi progetti di città di vita comune, di spazi necessari a nuovi stili di vita.

Il Pug di Brindisi è chiamato, come si diceva nel documento preliminare, a fare scelte per i prossimi 20/30 anni. Non è per noi e non è per coloro che sperano al ripristino di vecchie logiche e di costituiti o costituendi interessi. Chi pensa a nuove forme di speculazioni edilizie sulla costa o sulle aree che circondano la città deve essere tenuto alla larga! Bisogna valorizzare e migliorare, riqualificare, ricucire il già costruito, rendere vivibile e sostenibile la città attraverso una nuova mobilità, l'uso diffuso di mezzi pubblici anche con il ricorso alle biciclette e alle aree pedonali, attraverso un'efficienza energetica e l'utilizzo di energia rinnovabile per l'autoconsumo.

Bisogna portare il verde in città e costruirci attorno una nuova idea di comunità e di identità. Gli esempi virtuosi su cui questa città ha lavorato in questi anni possono aiutarci. Il riferimento è al Parco del Cillarese al Parco Di Giulio, al recupero di viale regina Margherita ad uso pedonale, al recupero e rifunzionalizzazione di via del Mare.

Così come decisiva può essere la riscoperta da parte della città dell'agricoltura, del suo agro e delle sue potenzialità verdi e produttive, dei suoi prodotti e del suo paesaggio. Liberare la città significa, però, fare scelte coraggiose, a partire da alcuni asservimenti industriali e militari. La chiusura definitiva della centrale di Brindisi Nord e il recupero della sua area è per esempio, una scelta ineliminabile e irreversibile per qualsiasi strategia per il futuro della città. Bisogna destinare quell'area al porto, a interventi leggeri di economia verde e sostenibile. Bisogna ridare alla città quell'area per meglio utilizzarla e per poter utilizzare le stesse aree limitrofe e prospicienti come il castello a mare.

Bisogna, inoltre, utilizzare le infrastrutture cittadine(porto e aeroporto) migliorandone l'interconnessione e fruizione per Brindisi e per il Salento. Un nuovo rapporto con Lecce è necessario anche dal punto di vista infrastrutturale. Rimango convinto che Lecce e Brindisi non solo possono ma devono diventare poli di uno sviluppo integrato. Il porto, l'aeroporto, la storia, la cultura possono unire sempre di più questi territori anche ricorrendo ad una nuova strumentazione strategica, utile, tra l'altro, per un diverso uso degli stessi fondi europei.
Queste scelte presuppongono un ruolo forte e autorevole del governo della città, intesa come comunità, e che, come tale, è chiamata a riprendersi il comando, la regia del proprio territorio (comprese anche le sue aree industriali e portuali i cui piani regolatori sono non solo, datati ma in mano altrui).

Brindisi deve tornare a essere la città delle persone, di una ricostruita comunità con una identità definita e aperta, capace di essere componente importante e qualificata di una governance di un territorio inteso come parte di un'area vasta da mettere in rete e da valorizzare.

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