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Venerdì, 29 Marzo 2024
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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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La rabbia e la solitudine dei nostri ragazzi: la politica deve sentirsi in colpa

Ho provato a guardare alle scene degli scontri fra studenti e polizia a Roma come padre, come politico, come giornalista. Come padre, o nonno, mi sono angosciato di fronte a questa rabbia ribelle che ha spinto decine di migliaia di ragazzi per le strade nel tentativo di cingere di assedio e persino di assaltare i palazzi della politica. Negli scontri sono stati coinvolti poche centinaia di giovani ma si è capito che gli altri solidarizzavano. E’ una generazione che ha poco e che soprattutto teme di avere niente. Esclusa da tutto, tranne che dal consumismo, vede avvicinarsi la data in cui si iscriverà in massa all’esercito dei senza lavoro.

Ho provato a guardare alle scene degli scontri fra studenti e polizia a Roma come padre, come politico, come giornalista. Come padre, o nonno, mi sono angosciato di fronte a questa rabbia ribelle che ha spinto decine di migliaia di ragazzi per le strade nel tentativo di cingere di assedio e persino di assaltare i palazzi della politica. Negli scontri sono stati coinvolti poche centinaia di giovani ma si è capito che gli altri solidarizzavano. E’ una generazione che ha poco e che soprattutto teme di avere niente. Esclusa da tutto, tranne che dal consumismo, vede avvicinarsi la data in cui si iscriverà in massa all’esercito dei senza lavoro.

Capisco la loro rabbia. Noi eravamo meno incazzati ai nostri tempi perché il futuro ci apparteneva. Sapevamo che avremmo fatto gli insegnanti, gli ingegneri, i medici, i funzionari di banca, che avremmo avuto una casa e una famiglia. Loro non sanno niente, anche quelli che vengono da famiglie che non se la passano male. La politica li esclude avvolta nella propria autoreferenzialità e spesso, basti pensare a Berlusconi, nei propri modelli irraggiungibili dello spreco e della mancanza di morale.  Come padre ero con loro.

Sembra contraddittorio, ma gli stessi sentimenti me li suggerivamo quei ragazzi in divisa, insultati, derisi, assaltati per poche lire, guidati da una classe dirigente che si fa scortare nelle feste o per le strade delle città d’Italia. Anche loro mi facevano sentire padre infelice di una generazione che vede le ragioni collocate sia nell’una sia nell’altra parte.

Come politico, anche se sui generis e a termine, ho sentito il fallimento di una missione. Non siamo riusciti a dare al nostro paese una solidità istituzionale, un modello di governo capace di affrontare i problemi, una possibilità di partecipare anche a chi vive nella società e non pensa mai di impegnarsi in un partito. Anche qui mi vengono in mente i paragoni con la mia generazione che contestò violentemente i partiti, soprattutto il Pci, ma lo incontrava  sulla sua strada, leggeva i suoi giornali, si confrontava con una cosiddetta burocrazia rossa che aveva antenne sensibilissime.

Anche quelli che stavano al governo erano attenti. Ricordo le riflessioni di Aldo Moro sul ’68, la disponibilità al dialogo del Partito socialista. Oggi non è  così. Ministri che sono stati facinorosi in gioventù, penso a La Russa e Alemanno, fanno la lezione a questi ragazzi mentre loro bivaccano nelle stanze del potere fortunosamente conquistato. La politica deve sentirsi in colpa verso questi ragazzi e verso quelli in divisa che affrontano al posto di ministri e parlamentari la rivolta giovanile.

Come giornalista sento la futilità di questi dibattiti che si svolgono in tv e sui giornali. Le prediche sulla violenza lasciano il tempo che trovano se non si analizza la condizione giovanile al tempo della morte della speranza. Non ho letto cronache di assemblee, non so che cosa leggono i giovani di oggi, non conosco i loro miti. Ce li abbiamo davanti a noi, nelle case, nelle strade, nelle scuole e ci sono sconosciuti salvo a sorprenderci quando li vediamo ripercorrere gli stessi errori di una parte della gioventù del passato. Per distogliere dalla violenza non servono le camionette ma serve la speranza e l’offerta di un dialogo.

I ragazzi sono solo l’avanguardia di altri movimenti sociali che la crisi porterà per le strade forse con le stesse modalità. La politica batta un colpo, chiami a raccolta, si faccia vedere, abbia il coraggio che portò Lama a rischiare la vita in una Università che lo respinse dimostrando tuttavia che c’erano nel paese leader che non si nascondevano. Mi viene tuttavia in mente una frase terribile che disse Giorgio Amendola ai quadri comunisti riuniti all’Aquila : “Talvolta mi chiedo se siamo all’altezza di questo popolo”. So che oggi la risposta è negativa, so che molti sono già occupati a fare le liste per entrare o per restare. I ragazzi, parte integrante di questo popolo che non ne può più, sono praticamente soli.

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