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Venerdì, 19 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

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Quando la famiglia diventa pericolosa per l'integrità fisica e psichica

Anche Brindisi nelle ultime settimane è scossa da episodi di violenza intrafamiliare, e si tratta soltanto di quelli giunti alla cronaca dei giornali perché nella stragrande maggioranza dei casi tutto resta rinchiuso dentro le mura domestiche. Vittime di maltrattamenti sono donne, madri e mogli. L’ultima, una 19enne picchiata dal marito, al nono mese di gravidanza. Quello della violenza intrafamiliare (in questo contesto intesa come violenza contro la donna in famiglia) è un fenomeno sempre esistito: in passato era persino “parte integrante” della vita domestica. In un periodo in cui la famiglia era patriarcale, la posizione di inferiorità della donna rispetto all’uomo legittimava anche gli atti violenti nei suoi confronti, senza possibilità di denuncia. La donna che denunciava veniva vista come una deviante, una diversa che aveva fallito nel compito di mantenere, a tutti i costi, l'unità familiare.

Anche Brindisi nelle ultime settimane è scossa da episodi di violenza intrafamiliare, e si tratta soltanto di quelli giunti alla cronaca dei giornali perché nella stragrande maggioranza dei casi tutto resta rinchiuso dentro le mura domestiche. Vittime di maltrattamenti sono donne, madri e mogli. L’ultima, una 19enne picchiata dal marito, al nono mese di gravidanza. Quello della violenza intrafamiliare (in questo contesto intesa come violenza contro la donna in famiglia) è un fenomeno sempre esistito: in passato era persino “parte integrante” della vita domestica. In un periodo in cui la famiglia era patriarcale, la posizione di inferiorità della donna rispetto all’uomo legittimava anche gli atti violenti nei suoi confronti, senza possibilità di denuncia. La donna che denunciava veniva vista come una deviante, una diversa che aveva fallito nel compito di mantenere, a tutti i costi, l'unità familiare.

Col passare degli anni, le trasformazioni della società e della famiglia stessa, hanno portato ad una presa di coscienza da parte delle donne del cambiamento della loro posizione e del loro ruolo sociale così da portarle a “reagire” di fronte a situazioni critiche tipo la violenza e l’aggressività del partner nei loro confronti. Questo nuovo atteggiamento delle vittime porta a registrare un aumento dei casi di maltrattamenti in famiglia che però non va inteso come dato oggettivo “figlio” della società moderna, ma deve essere letto in termini di aumento del numero di casi denunciati alle forze dell’ordine o resi noti dai mass media.

Molti stereotipi indicano la famiglia come un ambiente in cui i delitti violenti non dovrebbero verificarsi. Essa, infatti, se da un lato assolve la funzione della riproduzione, della crescita e della socializzazione dei bambini, dall’altro funge da stabilizzatore della personalità degli adulti. In essa si stabiliscono legami affettivi, ma spesso si originano anche conflittualità che possono poi sfociare in fatti violenti (percosse, lesioni personali, maltrattamenti fino poi ad arrivare agli omicidi).

Nella maggior parte dei casi gli autori di questi reati sono maschi quasi sempre avvezzi a sistematici abusi nei confronti delle loro vittime. Le cause che originano tali comportamenti sono molteplici: ubriachezza, contrasti per interessi economici, conflitti psicologici dovuti alla convivenza.

A volte, poi, la famiglia si trasforma in un sistema di attribuzioni di ruoli maschili e femminili in cui prevalgono i modelli di dominanza - sottomissione che richiamano le dinamiche presenti nella famiglia patriarcale. La violenza, allora, non rappresenta soltanto l'esplosione di un conflitto, ma lo sfogo di insoddisfazioni, tensioni, rabbie, frustrazioni. Gli schemi mentali appresi, le esperienze che hanno caratterizzato la vita pre-matrimoniale ed i comportamenti della famiglia di provenienza, caratterizzano il conflitto di coppia. Quindi la violenza familiare nasce da spazi di incomprensioni in relazione ad attribuzioni falsate perché non filtrate o non negoziate dai partner.

Queste relazioni distorte, generate dai problemi di coppia, sono alla base degli episodi più frequenti. Vivere sotto lo stesso tetto implica l’istaurarsi di rapporti patologici e conflitti affettivi che possono sfociare in comportamenti delittuosi caratterizzati da una significativa pregnanza emotiva. Per questo motivo si parla di delitti per motivazione passionale determinati da gelosia, da odio, da conflitti per la separazione voluta da uno solo dei due coniugi.

Gli autori di questi reati, proprio perché coinvolti emotivamente, non riescono ad attivare le normali controspinte inibitorie e manifestano spesso la loro indole violenta nei confronti della vittima.  A volte si tratta di soggetti con una capacità inibitoria efficiente, che, però, viene meno in circostanze di grande turbamento affettivo (si parla in questo caso di “delitti d’impeto”). Fino poi ad arrivare a situazioni in cui non c’è più un coinvolgimento emotivo e i sentimenti di gelosia, vendetta e odio, lungamente covati e alimentati dalla convivenza, possono contribuire ad una premeditata programmazione dell’uxoricidio, ovvero l’uccisione del coniuge o del convivente (quale che sia il sesso della vittima che comunque è più frequentemente donna).

La famiglia, quindi, che per definizione rappresenta uno degli ambiti di potenziale protezione per i suoi membri, può diventare all'occorrenza anche un ambiente ostile e pericoloso per l'integrità fisica e psichica dei soggetti che ne fanno parte.

*criminologa

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