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Giovedì, 18 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

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"La mia vita da cervello in fuga, fra calci in faccia e porte sbattute"

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Manuela Ladisa, una giovane brindisina che racconta il calvario di una neolaureata nel mondo del lavoro, a proposito di cervelli in fuga

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Manuela Ladisa, una giovane brindisina che racconta il calvario di una neolaureata nel mondo del lavoro, a proposito  di cervelli in fuga. 

A: << Bene! Ecco un altro cervello in fuga!>> 
B: << Ma no, dai! Starò via solo qualche mese!>> 
A: << Si, certo, come no!>> 

È così che è iniziata la mia giornata oggi, con l’improvvisa e amara consapevolezza di rientrare nella categoria “cervelli in fuga”. 
Basandosi sul nome ci si immagina gruppetti di geni, con occhiali spesso e nessun interesse diverso da studio e lavoro. 
Beh, mi dispiace dirlo, ma la realtà è ben diversa e nessuno ne parla in modo davvero chiaro, nessuno parla del lato umano ma, come sempre, ci si sofferma solo sui numeri: sulla quantità di coloro che “scappano” dall’Italia e sulle cifre degli stipendi offerti. Ma non è di questo che voglio parlare perché la realtà non è fatta solo di numeri. La realtà è che si tratta semplicemente di gente comune, gente con passioni comuni, amici comuni, famiglie, amori. Come quelli di tutti. 

Io , ad esempio, ho 24 anni, laureata a 23 e subito dopo contattata da agenzie estere per svariate offerte di lavoro. Ho rifiutato. Le prime 10 volte almeno. Ho cercato il lavoro in Italia, prediligendo il paese che amo, ho cercato in ogni modo a partire dal web fino ad arrivare ai viaggi della speranza in cerca di ottenere colloqui che non fossero truffe e, cercando costantemente, ho trovato: “calci in faccia”, porte sbattute, impiegati che con sorriso quasi malefico accoglievano il CV affermando “potevi risparmiare la strada perché tanto è inutile”.

Ma, soprattutto, ho trovato tanta, tantissima, indifferenza. Centinaia di email senza risposta. Ed è proprio questo che fa più rabbia: il fatto che secondo l’attuale Italia, non meritiamo neanche un misero “No grazie, al momento siamo al completo ma la terremo in considerazione in futuro”. Allora, avendo bisogno e voglia di lavorare, mi sono messa a cercare lavori diversi, provando ad abbandonare, temporaneamente, la mia professione. Ho iniziato a navigare tra i vari annunci di lavoro e mi sono scontrata con una realtà ancora più dura: l’impossibilità di lavorare, a prescindere dal titolo di studio. Scorrendo i vari siti, infatti, potrete rendervi conto che buona parte degli annunci sono di questo tipo “cercasi lavapiatti con esperienza di almeno 3 anni, età massima 27 anni, no perditempo”. Questa frase dice tutto da sola. Si cercano solo GIOVANI con ESPERIENZA. Insomma, prima di recarvi ai colloqui controllate di essere in grado di bere un bel bicchiere di ghiaccio bollente! 

Eppure, nonostante tutto ciò, si continua a parlare di “cervelli” o di “gente in fuga” come di persone che PREFERISCONO far crescere altri territori rispetto al nostro. Si lascia immaginare che sia una SCELTA, si lascia immaginare gente che parte felice e sorridente verso la ricchezza. Ma non si parla di una generazione che raccoglie le poche cose che ha in una valigia, insieme a qualche pacco di pasta ( per fronteggiare la nostalgia) insieme a tanti, tantissimi fallimenti e delusioni collezionati provando a restare in questo Paese. Non si parla di persone che piangono per ore prima e dopo aver salutato famiglia e cari in aeroporto.

Non si parla di persone che partono facendo un vero e proprio salto nel vuoto, non sapendo come sarà il posto in cui si addormenteranno e sveglieranno, chi incontreranno, se saranno vittime di razzismo o se mai torneranno dove son cresciute. Non si parla di persone che non riescono a dormire e si svegliano sudate, ne cuore della notte, con il cuore a mille, perché non vogliono lasciare, non vogliono separarsi dalle persone che amano più al mondo e da tutto ciò che hanno costruito in una vita di sacrifici perché, sono costrette a farlo, perché senza stipendio non si vive. Non si parla di madri che, piangendo, provano a consolare i propri figli, provando, a voce spezzata, a dirgli che andrà tutto bene e staranno tutti bene senza neanche, tra l’altro, averne la certezza. Non si parla di nulla di tutto questo e molto altro e, così , ancora una volta, definendoci nel modo sbagliato, l’Italia ci tradisce, ci maltratta. 

Fino a che i prestiti verranno negati agli studenti per pagare i propri studi e concessi ad un impiegato statale ben stipendiato per comprare l’ennesimo elettrodomestico di ultima generazione, finchè i laureati verranno penalizzati, fino a che a lavorare sarà gente over 60 che , giustamente, non ne ha più voglia e vorrebbe solo godersi un po’ di riposo e rimarranno, invece, disoccupati i volenterosi ( magari molti rimasti senza lavoro a causa della crisi) fino a quando gli stranieri che arrivano in Italia verranno visti come un popolo “inferiore” e da soccorrere piuttosto che potenziale forza lavoro utile a tutti per far crescere il Paese, fino a quando “ il figlio di… Pinco Pallino” che ha all’improvviso deciso di lavorare avrà più diritto ad ottenere il lavoro più di un meritevole sconosciuto, fino a quando chi governa il Paese vivrà nel lusso e non nella realtà. Fino a quando queste cose accadranno, non abbiamo speranza di poter vivere nella NOSTRA Italia, non avremo un Paese pronto ad accoglierci, non avremo il rispetto dei principi tanto predicati nella costituzione. Riflettendo, forse non serve cambiarla, basta applicarla. 

So che queste parole non serviranno a nulla, so che in giro c’è troppa gente egoista, che pensa solo a sistemarsi, poco importa se in modo corretto o no. So che uno dei più grandi problemi di noi italiani è proprio quello di non riuscire a guardare realtà scomode e alzare la testa e dire una volta per tutte “BASTA”. Noi siamo un popolo che si lamenta senza reagire, senza provare a cambiare nulla, ad esempio, siamo stanchi delle attese nella sanità ma costringiamo i nostri medici a lavorare in altre nazioni. Siamo il popolo che non penserà due volte a condividere una foto con due tette esposte o una banale barzelletta, ma, durante la lettura di questo articolo penserà 10 volte se arrivare fino in fondo e almeno 100 sul condividerlo. Siamo un popolo di codardi. 

Ditemi il contrario, dimostratemi che mi sbaglio, alzate la testa e dite “BASTA”! Fate qualcosa, fate almeno circolare questo messaggio in modo da fare arrivare la nostra voce al potere e, allora, per la prima volta dopo tanti anni, potrete sentirvi e definirvi veri italiani! 

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