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Gentiloni fuori pericolo, già atteso dalla grana dei refendum

Tanta paura per le condizioni di salute del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ma per fortuna è andato tutto bene. Il premier aveva accusato un malore dopo il suo rientro da Parigi, dove aveva tenuto un incontro bilaterale con il presidente francese

ROMA - Tanta paura per le condizioni di salute del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ma per fortuna è andato tutto bene. Il premier aveva accusato un malore dopo il suo rientro da Parigi, dove aveva tenuto un incontro bilaterale con il presidente francese Francois Hollande. Dopo essersi sentito male, è stato portato al Policlinico Gemelli di Roma, dove i medici che lo hanno visitato hanno deciso di sottoporlo prima ad una coronarografia e successivamente ad un intervento di angioplastica.

Gentiloni è cosciente e dalle notizie che trapelano versa in buone condizioni. “Lunedi tornerò regolarmente al lavoro” ha assicurato. Secondo alcune indiscrezioni, si sarebbe già sentito male verso la fine del suo viaggio in Francia. Pur essendo buone le sue condizioni fisiche, i medici hanno fatto sapere che resterà ancora qualche giorno in ospedale. L’intervento a cui si è sottoposto, l’angioplastica, viene compiuto per dar modo al sangue di fluire meglio. 

Per il momento lo staff medico del Gemelli ha fatto sapere che non sono stati programmati dei bollettini medici da divulgare. Gentiloni dovrebbe quindi lasciare il reparto di terapia intensiva cardiologica tra qualche giorno per poi  rientrare, in pieno, nel suo ruolo di capo del governo. Ad attenderlo ora vi sarà anche la nuova gatta da pelare della gestione dei referendum abrogativi da indire sulle tematiche inerenti al mondo del lavoro quali la “disciplina delle prestazioni di lavoro accessorio retribuite mediante i voucher” e delle “disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti in capo al datore di lavoro”.

I referendum dovranno essere indetti dal governo in quanto, proprio nella giornata odierna,  la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibili i due quesiti chiesti dalla Cgil dopo la sua meticolosa campagna referendaria che aveva raccolto oltre 3 milioni di firme. Non è stato ammesso però il terzo quesito, sempre chiesto dall’organizzazione della Camusso, che voleva abrogare il tanto discusso “Jobs Act” emanato dal governo Renzi. Non sarà quindi possibile  reintrodurre in toto le norme sui licenziamenti cosi come erano state previste nell’ articolo 18 dello statuto dei lavoratori. 

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