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Cronaca

“Andiamo a pesca per avvistare i finanzieri: sono orate veloci”

Antonio e Cosimo Massaro, padre e figlio di Brindisi, avrebbero organizzato vedette da terra per lanciare l’allarme. Rischiano da sei anni e otto mesi e venti anni di reclusione

BRINDISI – Finanzieri chiamate orate. Sì, orate da avvistare nel porto per lanciare subito l’allarme in modo tale da bloccare gli sbarchi. E’ uno dei retroscena che emerge dalla lettura dell’ordinanza di arresto eseguita dagli stessi militari delle Fiamme Gialle nei confronti di sei brindisini, accusati di aver fatto parte di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di immigrati, dalla Grecia e dall’Albania verso il Salento.

Migranti a bordo di un'imbarcazione della guardia di finanza-2-2-2

Le vedette lungo la costa

Qui lungo le coste italiane, tra Brindisi e Lecce, c’erano le vedette: uomini che avevano il compito di “andare a pesca con il preciso compito di scrutare il mare per raccogliere orate”. Il termine è stato ascoltato diverse volte nel periodo dell’inchiesta, in particolar modo nei mesi durante i quali sono stati sottoposti a intercettazione telefonica Antonio, alias Uccio tarzan, e Cosimo Massaro, padre e figlio, di Brindisi.

Il 23 agosto 2014, come si legge nel provvedimento di arresti ai domiciliari per entrambi, “Cosimo Massaro informa il padre di essere andato a pesca con il suo amico”, un brindisino sul quale sono in corso accertamenti per risalire all’identità. Il che conferma che l’inchiesta chiamata Caronte della Dda di Lecce non è ancora arrivata al capolinea.

Le intercettazioni

Un quarto d’ora dopo, aver preso posizione, la telefonata: “Il mio amico ha già pescato una bella orata da mezzo chilo, anche io ho fatto lo stesso, orata di colore grigio e veloce”. Secondo l’impostazione dei pubblici ministeri dell’Antimafia, titolari del fascicolo, nessuno faceva riferimento ai pesci, ma alle vedette della Guardia di Finanza che proprio quel pomeriggio erano uscite dal porto di Otranto. Che Cosimo Massaro fosse nella zona di Otranto, è emerso dalla “cartografia della cella agganciata dall’utenza telefonica” che in quel periodo il brindisino aveva in uso.

In media “le battute di pesca” duravano tre-quattro ore, il tempo ritenuto necessario per osservare i movimenti dei mezzi della Finanza  e mettersi in contatto con gli altri ritenuti appartenenti al gruppo, in modo tale da autorizzare o meno l’ingresso delle imbarcazioni piene di clandestini. Nel caso in cui non c’erano avvistamenti, l’allerta doveva restare alta perché “da un momento all’altro potevano sbucare quelli piccoli che mangiano e neanche te ne accorgi”.

Padre e figlio

Nell’organigramma dell’associazione contestata dalla Dda, Antonio Massaro riveste il ruolo di “direzione e organizzazione”. Avrebbe coadiuvato “in maniera stabile Cosimo Calò, promotore del sodalizio, nelle fasi di pianificazione delle condotte illecite, anch’egli relazionandosi con alcuni partecipi di stanza in Grecia”. Il figlio, Antonio Massaro, sarebbe stato “partecipe dell’associazione, al quale era stata affidata l’incombenza di monitorare i mezzi della Guardia di Finanza, coordinando a tal fine anche altri soggetti, come pali dislocati sul territorio”. Quest’ultimo, inoltre, provvedeva “alla ricezione dei profitti, di spettanza della frangia italiana dell’organizzazione”.

Nel caso in cui l’accusa posta alla base dell’arresto dovesse essere confermata con sentenza, rischiano da sei anni e otto mesi e venti anni di reclusione.  Gli indagati saranno interrogati nei prossimi giorni e in quella sede avranno modo di chiarire la propria posizione, nel caso in cui intendano affrontare il fuoco di domande del giudice per le indagini preliminari. 

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