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Cronaca

Bancarotta fraudolenta, assolto dopo sei anni di udienze

Sotto processo era finito l’imprenditore mesagnese Antonio Maggiorano: “Il fatto non sussiste” per il Tribunale di Brindisi in aderenza alla verità da sempre sostenuta dalla difesa, affidata all’avvocato Marcello Falcone

BRINDISI – Sei anni di udienze per arrivare alla sentenza che coincide con la verità da sempre sostenuta dall’imprenditore Antonio Maggiorano: il mesagnese, già ufficiale di complemento di marina, è stato assolto dall’accusa di bancarotta fraudolenta documentale perché il fatto non sussiste, come chiesto dal difensore Marcello Falcone (nella foto in basso). La pronuncia è arrivata nella tarda mattinata di oggi, 9 giugno 2017, dal collegio presieduto da Domenico Cucchiara (a latere Zizzari e Fiorella) ed è in linea anche con la conclusione consegnata dal pubblico ministero Pierpaolo Montinaro.

Marcello Falcone resta presidente della Camera penale brindisinaIl professionista era finito sotto processo in seguito alla dichiarazione di fallimento della società Sime srl, risalente al 10 gennaio 2011, in quanto amministratore unico con l’accusa di “aver tenuto libri e scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della srl”. Da qui la contestazione della bancarotta fraudolenta documentale.

L’imputato ha scelto il rito ordinario per dimostrare la propria innocenza, partendo dalla ricostruzione della storia della società, nata nel 2000, per svolgere attività di meccatronica. In questo periodo la società ottiene una serie di attestazioni e certificazioni abilitanti che portarono alla sottoscrizione di contratti di appalto con il Ministero della Difesa che prevedevano delle prestazioni da eseguirsi su mezzi corazzati provenienti dalle zone di guerra dell’Iraq (Leopard, M109L) che prevede lo smontaggio totale del mezzo, il ricondizionamento o la sostituzione di ciascun componente inefficiente, il rimontaggio seguito da collaudo e riconsegna del bene entro termini contrattualmente definiti.

“Questa tipologia di prestazioni, richiede oltre all’utilizzo di mano d’opera altamente specializzata anche un notevole impegno finanziario ed una buona liquidità corrente”, ha sottolineato il penalista nel corso della sua arringa. “Per questo, la società stipulò un contratto di anticipazione di crediti per un milione di euro con Maple Bank GmbH, filiale di Milano, con il quale la banca si impegnava a rendere disponibile, su base rotativa attraverso l’anticipazione del 40 per cento dell’importo contrattuale e, previo regolare collaudo,  emissione di fattura dalla società a carico del Ministero Difesa. Quest’ultimo  provvedeva all’emissione di bonifico sul conto della srl presso Maple Bank per l’intero importo, destinato nella misura del 40 per cento dei lavori fatturati a copertura della anticipazione effettuata dalla banca ed il residuo quale disponibilità della Sime”, ha spiegato l’avvocato Falcone.

“Tali anticipazioni rappresentavano una continuità di lavoro, garantita dal Ministero della Difesa, molto favorevole sia all’imprenditore che alla banca, in quanto garantiva per entrambi un ciclo di produzione pluriennale.

Invece, Maple Bank  - dal canto suo in forte crisi di liquidità - nel 2007 comunica formalmente a Sime di rientrare immediatamente, entro il termine di giorni trenta dal ricevimento della comunicazione, di tutte le somme erogate oltre gli interessi”.

“ Maple Bank, in questo periodo, era in preda ad una crisi economica tanto da essere sottoposta ad un’azione di Commissariamento sfociata successivamente nel fallimento della stessa. A seguito della richiesta di rientro inoltrata dalla Banca, con la segnalazione della Sime alla Centrale rischi finanziari, di fatto la richiesta di rientro paralizzò la possibilità di continuare ad intrattenere qualsivoglia rapporto fiduciario con i principali istituti finanziari tra cui anche Banca Ifis spa.

“A causa del blocco della erogazione delle anticipazioni della banca, si è verificata la impossibilità di adempiere entro i termini contrattuali previsti. Per cui, non potendo sottoporre le opere non completate al collaudo e così con la emissione della fattura ottenere quella liquidità necessaria per proseguire quel ciclo rotativo per cui era sorto il rapporto di collaborazione con la Banca. Dalla sintesi di tali eventi verificatisi, il fallimento della Sime è stato causato dal dissesto interno della Banca”.

Il processo ha portato alla stessa conclusione sostenuta dalla difesa.

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