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Cronaca

"Era nel suo ufficio appena un’ora al giorno”: l’impiegato beccato al Brico e alla Metro

"Condotta sistematica di Carlo Larocca, titolare della pizzeria Romanelli". Luigi Antonino ha timbrato il badge del collega 233 volte, Antonio Caforio 12 e Angelo Scalia 4: stipendio indebitamente percepito per 16.515 euro nel 2015 e 5.131 nel 2016. L'indagine da un esposto anonimo. Timbravano anche quando era in ferie a Madonna di Campiglio

BRINDISI – Cinque minuti (di orologio) appena in ufficio, tre giorni dopo mezz’ora, la settimana successiva altri cinque e ancora venti minuti e in una sola occasione 65 minuti: i finanzieri hanno pedinato e cronometrato per un anno e quattro mesi, Carlo Larocca, 59 anni, nato e residente a Brindisi, dipendente del Comune presso il centro anziani del rione Bozzano, conosciuto in città per essere  “quello delle fritte, quello della pizzeria Romanelli”.

L’impiegato dei Servizi sociali è stato arrestato questa mattina, è ai domiciliari nella sua abitazione, con l’accusa di truffa ai danni dell’Amministrazione cittadina in relazione allo stipendio indebitamente percepito perché  doveva essere presente in ufficio, nella sede di viale Spagna, sei ore al giorno, dal lunedì al venerdì dalle 7,30 alle 14 con rientro nel pomeriggio il giovedì dalle 14,45 alle 18,15 e invece è stato beccato – filmato e fotografato – nel suo locale, uno dei più noti e apprezzati per la fritta esportata anche in America, nella vicina banca, al bar, alla zona industriale o nella sede della Multiservizi e persino a chilometri di distanza da Brindisi.

E’ stato seguito dal primo gennaio 2015 sino al 20 aprile scorso anche nei centri commerciali Metro di Surbo o Brico di Cavallino, in provincia di Lecce dove è stato visto 28 volte, poi nel punto vendita di materiale elettrico Acmei di Bari. E ancora i finanzieri lo hanno visto, anche in compagnia di familiari a Chiatona, nel Tarantino, una volta, a Ostuni sei volte, a Locorotondo e Martina Franca, a Monopoli e anche a Cerignola, in provincia di Foggia. Sempre in giorni lavorativi e negli orari in cui doveva essere in ufficio e dove risultava presente perché – secondo l’accusa – qualcuno dei colleghi smarcava il badge al posto suo.

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La truffa è stata contestata a Larocca (difeso dall’avvocato Mauro Masiello) in concorso con tre dipendenti tutti in servizio presso il centro anziani di Bozzano: Luigi Antonino, 59 anni, anche lui ai domiciliari (è difeso dall’avvocato Luca Leoci), Antonio Caforio, 66, e Angelo Scalia, 62, entrambi rimasti indagati a piede libero, avendo assunto condotte più defilate. Stando alle indagini condotte dai finanzieri, “Antonino ha timbrato 233 volte al posto di Larocca, mentre Caforio 12 volte e Scalia quattro”. Il numero delle condotte qualificate come “artifici e raggiri” ha, quindi, fatto la differenza fra i tre “concorrenti nel disegno criminoso” sul quale il pubblico ministero Valeria Farina Valaori ha iniziato a lavorare partendo da un esposto anonimo (nella foto in basso il pm e il procuratore capo Marco Dinapoli).

Non c’era la firma dell’autore, ma lo scritto era abbastanza dettagliato, tanto da richiedere accertamenti perché c’era il sospetto – che peraltro resta in piedi – che a scrivere quella lettera fosse qualcuno perfettamente a conoscenza di quanto succedeva. Una fonte interna, in altri termini. Nel testo si diceva che “il dipendente comunale Carlo Larocca da venti anni timbra e poi va a fare altro lavoro, con la complicità di altri”. Lo stesso Larocca conosciuto come titolare della pizzeria, assunto alle dipendenze del Comune con categoria professionale B, esecutore amministrativo applicato, posizione economica B6.

Per verificare l’accusa di assenteismo mossa, i finanzieri hanno organizzato servizi di appostamento nei pressi della sua abitazione e di pedinamento, avvalendosi anche dei tabulati telefonici e delle celle agganciate, arrivando alla conclusione che “Larocca non trascorreva in ufficio più di un’ora al giorno a fronte delle sei di lavoro previste, inducendo in errore l’Amministrazione”, con “ingiusto vantaggio patrimoniale pari alla retribuzione percepita per 16.515.04 centesimi nel 2015 e 5.131,94 per i primi quattro mesi del 2016. Con pari per l’Ente che potrà, quindi, costituirsi parte civile nel caso in cui l’accusa mossa dovesse essere confermata con rinvio al giudizio del Tribunale per il dipendente il quale, al momento, in qualità di indagato sottoposto a misura cautelare è stato sospeso dal lavoro.

In occasione di uno degli ultimi giorni di pedinamento, il 20 aprile scorso, i militari dopo aver accertato che Larocca non fosse nel suo ufficio, hanno sentito in qualità di persone informate sui fatti i suoi colleghi: Luigi Antonino, Antonio Caforio e Angelo Scalia. In quella circostanza notarono che “nella stanza adibita a segreteria del centro per anziani, c’era un registro cartaceo delle presenze mensili dei dipendenti comunali, da cui risultava che l’orario di entrata di Larocca era alle 7,30, con apposizione delle sua firma. Ma il dipendente era arrivato alle 7,58 e in ufficio c’era rimasto sino alle 8,18 “per poi fare alcuni giri e partire alla volta di Bari”, per raggiungere il centro Acmei, dove altri finanzieri lo hanno seguito e visto.

Quel giorno alle 11,24 Larocca parla al telefono con un ex collega di lavoro, ora volontario al centro anziani e subito dopo dalla sua utenza arrivano due messaggi whatsapp al numero di Luigi Antonino: “Non mi sono sentito bene. Sono dal medico”. La lettura che gli investigatori e gli inquirenti danno è che l’impiegato deve essere stato avvisato da qualcuno dell’arrivo della Finanza e che, di conseguenza, abbia avvisato i colleghi per crearsi una giustificazione a cui ha fatto seguito il ritorno a Brindisi a velocità sostenuta e l’incontro con un medico odontoiatra nei pressi di un parco.

Per il gip Tea Verderosa che ha firmato le ordinanza di custodia cautelare, quanto è emerso, è “allarmante”, si è trattato di un “comportamento gravissimo che va ad aggiungersi alle ripetute e disinvolte assenze registrare nel periodo precedente”. Ma sul punto nulla hanno riferito i colleghi. O meglio, avrebbero confermato che si “allontanava giornalmente dal luogo di lavoro, ma non dava motivazione anche perché non era a noi che doveva darle”.

Il badge smarcato da altri permetteva di coprire le assenze secondo il modus operandi raccontato dalle cronache nazionali con riferimento ai cosiddetti “furbetti del cartellino”. Ma le strisciate per conto di altri, in alcuni casi sarebbero state sbagliate, come avvenuto il 12 gennaio scorso, stando a quanto si legge nel provvedimento di arresto: “alle 11,33 veniva riportata una timbratura in uscita del badge di Larocca, nonostante lo stesso fosse in ferie e si trovasse a Madonna di  Campiglio”. Secondo il gip “il dato conferma che l’operazione veniva posta in essere, come consuetudine, da persone diversa, Luigi Antonino o Antonio Caforio, entrambi presenti”. Stessa situazione il giorno successivo: Larocca era sulla neve di Madonna di Campiglio, ma qualcuno timbrava al posto suo facendolo risultare in ufficio alle 7,19 e fuori alle 7,29. Praticamente impossibile.

Gli arresti sono stati chiesti dal pm per il pericolo di inquinamento delle prove che, invece, secondo il gip non sussiste perché in fase di indagine non è emerso nulla in questa direzione. Anzi. Hanno continuato gli indagati a porre in essere le stesse condotte, per cui esiste il pericolo di “reiterazione del reato”, da valutare assieme alla “pericolosità sociale degli indagati”. Perché “Larocca era assente dal suo ufficio per quasi tutto l’arco della giornata lavorativa, per un anno e quattro mesi”.

Il pm aveva chiesto i domiciliari anche in relazione all’ipotesi di falsità ideologica, respinta dal gip. Gli indagati, a partire dai due impiegati ai domiciliari, avranno modo di fornire una spiegazione nel corso dell’interrogatorio di garanzia previsto per la prossima settimana.

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