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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Acque Chiare, in Appello decisione su buona fede proprietari

Domani sentenza per i 150 imputati che si sono avvalsi della prescrizione ritenuta tardiva. Il procuratore generale chiede la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale: “Necessario raccogliere eventuali elementi di prova a favore degli imputati per una decisione sulla confisca”

BRINDISI – Proprietari in buona fede oppure colpevoli di condotte negligenti e colpose al momento dell’acquisto delle villette del villaggio Acque Chiare. Nodo da sciogliere necessariamente prima di decidere sulla confisca: per questo motivo, il procuratore generale ha chiesto alla Corte d’Appello di Lecce di raccogliere tutti gli “eventuali elementi di prova a favore degli imputati”.

La Finanza al villaggio Acque Chiare-2

La rinnovazione dibattimentale

La decisione della Corte è attesa per domani, dopo il rinvio di mercoledì 29 maggio. Questione di ore. Ore di speranze e timori per  150 proprietari degli immobili, sequestrati il 27 maggio 2008 nell’inchiesta sulla presunta lottizzazione abusiva: sono imputati in Appello per effetto del ricorso del pubblico ministero contro la sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, perché considerata tardiva, fermo restando l’accusa contestata in concorso con il costruttore Vincenzo Romanazzi, il progettista Severino Orsan, l’ex dirigente del settore Urbanistica del Comune di Brindisi Carlo Cioffi e il notaio Bruno Romano Cafaro che rogò la maggior parte degli atti di vendita. Per tutti e quattro pende il processo in Cassazione, con udienza il prossimo 5 luglio.

L’altro gruppo di proprietari

Nulla quaestio sul piano dell’estinzione del reato, per 73 proprietari per i quali il non luogo a procedere è ormai diventato definitivo: decisero di avvalersi della prescrizione in prima battuta, non già perché non interessati alla pronuncia nel merito e in modo particolare all’affermazione della buona fede, piuttosto per chiudere subito la pagina giudiziaria, anche se le conseguenze di quei sigilli continuano a farsi sentire, non solo sul piano economico, stando a quanto sostengono.

La pronuncia della Corte d’Appello, quindi, riguarda il gruppo di proprietari per i quali il Tribunale di Brindisi, in composizione monocratica, revocò la rinuncia alla prescrizione il 3 giugno 2014. Ma per il sostituto procuratore e per il procuratore generale sarebbe arrivata quanto non era  più possibile – codice alla mano – riconoscere tale causa di estinzione del reato e quindi tornare indietro.

Il rappresentante della pubblica accusa ha chiesto la rinnovazione, quantomeno parziale, dell’istruttoria dibattimentale anche per acquisire le prove richieste dagli stessi difensori dei proprietari, “riservando all’esito, la discussione la decisione anche in ordine alla confisca”.

Acque Chiare, la spiaggia il giorno del sequestro

Il rischio confisca

Il pg nella sua memoria ha ricordato il principio affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui il proscioglimento per intervenuta prescrizione “non osta alla confisca del bene lottizzato, allorquando sia stata accertata con adeguata motivazione, la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva nei suoi elementi oggettivi e soggettivi”. La Corte, in modo particolare, ha affermato che “il giudice del dibattimento può disporre la confisca urbanistica anche in assenza di una sentenza di condanna, ma in presenza di un necessario accertamento del reato, assicurando alla difesa il più ampio diritto alla prova e al contraddittoria”.

La buona fede

Il nodo resta legato al “concetto di buona fede”. E sul punto il pg ha citato una recente sentenza della Cassazione, con riferimento a un caso simile a quello di Acque Chiare, “dopo aver ricostruito il rapporto tra il diritto nazionale e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo”. Secondo le sezioni unite, il “concetto di buona fede per il diritto penale è diverso da quello di buona fede civilistica, dal momento che anche i profili di colposa inosservanza di doverose regole di cautelare escludono che la posizione del soggetto acquirente o che vanti un titolo sui beni da confiscare o già confiscati, sia giuridicamente da tutelare”.

Secondo il procuratore generale, occorre soffermarsi su tutti gli elementi – documenti così come testimonianze – acquisiti agli atti in relazione al carattere illecito della lottizzazione e alla sussistenza del profilo di colpa degli interessati, per la declaratoria della confisca. Tra quelli espressamente richiamati, la “deposizione dell’ex assessore regionale all’urbanistica, Angela Barbanente, anche in ordine alle violazioni nella procedura di lottizzazione riscontrate della commissione di vigilanza”.

Il villaggio di Acque Chiare sotto confisca

La difesa

Al contrario, gli avvocati che rappresentano i proprietari imputati, ribadiscono la legittimità della revoca alla rinuncia della prescrizione essendo stata tempestiva, stando a “costante e consolidata giurisprudenza”. I penalisti sostengono che nel caso in cui dovesse essere accolta la richiesta del pg di proseguire con l’istruttoria dibattimentale, si violerebbe il principio di diritto secondo cui le statuizioni della sentenza di primo grano, non impugnate, acquisiscono autorità di giudicato. In questo caso, il primo giudice non ha disposto il completamento dell’istruttoria, né tale istanza è stata avanzata dal pm nell’atto d’appello.

La richiesta di assoluzione

Da ultimo, i difensori hanno evidenziato che con la sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, non è stata ordinata la confisca dei beni che sarebbero stati oggetto della lottizzazione abusiva. E che, tenuto conto delle pronunce più recenti della Suprema Corte, il giudice d’appello non può disporre la confisca, quando questa sia obbligatorio oppure sia stata illegittimamente esclusa, modificando la sentenza in danno dell’imputato. Questo perché – sostengono i difensori – il divieto di reformatio in peius è esteso anche all’applicazione della sanzione, a maggiore ragione dopo le pronunce della Cedu.

I legali, quindi, insistono nella richiesta di assoluzione degli imputati dal reato di lottizzazione abusiva perché il fatto non costituisce reato ovvero per non aver commesso il fatto o perché non sussiste.

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