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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

"Licenziamento ritorsivo": Cosmopol nuovamente condannata dal tribunale

L’istituto di vigilanza Cosmopol è stato nuovamente condannato a reintegrare una guardia giurata licenziata per l’appartenenza al sindacato Flaica Cub. Lo stabilisce un’ordinanza del tribunale di Brindisi

BRINDISI – L’istituto di vigilanza Cosmopol è stato nuovamente condannato a reintegrare una guardia giurata licenziata per l’appartenenza al sindacato Flaica Cub. Lo stabilisce un’ordinanza del tribunale di Brindisi – sezione lavoro emessa oggi (1 marzo) dal giudice Domenico Toni. Si tratta del secondo caso in due settimane. La storia del brindisino L.P. è praticamente identica a quella del collega A.P. Entrambi, difesi dall’avvocato Giacomo Greco, vennero assunti nel 1998 dalla Sveviapol (adesso Cosmopol).

Nel marzo del 2015 tutti e due, insieme a un terzo dipendente militante fra le file della Flaica, sono stati licenziati con la stessa motivazione: la fine dell’appalto presso la centrale Enel Federico II di Cerano, dove erano stati destinati solo sei mesi prima. Ma in realtà i giudici hanno stabilito che l’azienda aveva deciso di liberarsi dei due vigilantes per la loro appartenenza a un’organizzazione sindacale, la Flaica appunto, “molto attiva nel denunciare – recita l’ordinanza – la violazione delle norme relative all’effettuazione di lavoro straordinario, della concessione dei riposi e della stessa articolazione dei turni di servizio”.

E poi non poteva non destare sospetto il fatto che A.M. e L.P. fossero stati trasferiti presso la centrale Enel di Cerano proprio a ridosso della scadenza dell’appalto. Dalla lettura del provvedimento del giudice Toni emerge “l’esistenza di un clima di accesa contrapposizione fra l’azienda, da una parte, ed i lavoratori iscritti al sindacato Flaica, dall’altra”. In fase istruttoria, il segretario provinciale della Flaica, Giovanni Vita, ha affermato “di aver denunciato più volte a varie autorità il comportamento datoriale, a suo dire irrispettoso delle condizioni contrattuali”. Vita ha riferito che il trasferimento di L.P e di altri tesserati della Flaica era “preordinato al licenziamento”.

A riprova di ciò, il sindacalista ha raccontato di un colloquio telefonico con l’amministratore della società nel corso del quale “questi aveva proposto di riconoscere Flaica all’interno dell’azienda a fronte dell’accettazione da parte del sindacato delle condizioni di lavoro fino ad allora osteggiate”. Il quadro tinteggiato da Vita (la cui denuncia di violazioni riguardanti gli orari di lavoro, turnazione e altro è stata effettivamente riscontrata dal ministero del Lavoro) è stato confermato anche da altri tre militanti della Flaica che hanno riferito al giudice di aver subito delle pressioni per lasciare la Flaica (definita dall’amministratore “una sigla che voleva distruggere l’azienda”, stando alle parole di uno dei testimoni) a seguito delle loro richieste di turni di lavoro migliori o di trasferimento presso altri servizi. 

Oltre alla conflittualità sindacale, il tribunale ha ravvisato la sussistenza di un altro degli indici di licenziamento discriminatorio previsti dalla legge n. 604 del 1966: la mancanza di un giustificato motivo oggettivo. L’azienda, come detto, ha giustificato l’interruzione del rapporto di lavoro con la fine dell’appalto presso la centrale Federico II. Questo però stride col fatto che dopo i licenziamenti dei tesserati Flaica, la Cosmopol assunse altri quattro lavoratori (tuttora in servizio) con contratti a tempo determinato e ricorse a un “incremento illegittimo di lavoro straordinario”, con “violazione della normativa dei  turni di riposo accertata dal ministero”.

Se le attività della Cosmopol erano aumentate a tal punto da assumere altre quattro unità e aumentare le ore di straordinario, insomma, che bisogno c’era di mettere alla porta i tre vigilantes della Flaica? “Va inoltre evidenziato che – scrive il giudice – da un lato la società avrebbe dovuto giustificare la scelta del ricorrente in relazione a tutto l’organico in quanto la vigilanza presso l’Enel non costituiva un servizio autonomo da un punto di vista aziendale, rispetto alla restante attività di vigilanza”.

Alla luce di tutto ciò, quindi, “è stato adeguatamente dimostrato che il reale motivo posto alla base del licenziamento fosse l’iscrizione del ricorrente a una sigla sindacale invisa alla società e che il motivo formalmente indicato del licenziamento simulasse un intento ritorsivo”.

Per questo la Cosmopol (che il 30 marzo 2015 rilevò dalla Sveviapol il ramo aziendale riguardante il servizi di vigilanza, pattugliamento e porta valori alla Cosmopol Spa) è stata condannata alla “reintegrazione nel posto di lavoro a far data dalla data di licenziamento, con il medesimo trattamento retributivo e le medesime mansioni svolte in costanza di rapporto” dal ricorrente. Allo stesso è stato riconosciuto un risarcimento pari alle retribuzioni spettanti dal licenziamento, sino alla reintegra e comunque in misura non inferiore alle cinque mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali 

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