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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

“Cerano, altre tangenti: 50mila euro in tranche da 10, l’ultima per le nozze”

Per la Procura le somme sarebbero state pagate al direttore dell'Unità di Business dall'imprenditore che tentò il suicidio: il titolare della ditta si aggiudicò quattro appalti nella centrale. Nella registrazione audio consegnata ai pm: "Ti ricordi quando il direttore ci ha fatto assumere quella persona che poi ci aiutava". Domani Riesame per Vito Gloria

BRINDISI – Altre tangenti per non far inceppare gli ingranaggi degli appalti all’interno della centrale Enel di Brindisi, da pagare a rate: diecimila euro per cinque volte, l’ultima delle quali in prossimità delle nozze del direttore dell’Unità di Business Cerano, Fausto Bassi, finito sul registro degli indagati assieme a Fabio De Filippo, il capo impianto, per corruzione in concorso con l’imprenditore di Monteroni di Lecce, autore della denuncia posta alla base dell’inchiesta della Procura.

Gli uffici della procura e del gip a Brindisi

Gli avvisi di garanzia notificati ieri dai militari della Guardia di Finanza ai due ingegneri in posizione di vertice nella centrale Federico II sono diretta conseguenza delle ulteriori dichiarazioni rese dal titolare della ditta che tentò il suicidio il 4 marzo scorso, dopo essere riuscito a salire sul nastro trasportatore. Quel racconto, che si aggiunge agli altri altri resi ai pm Milto Stefano De Nozza e Francesco Vincenzo Carluccio, va riscontrato e per questo i sostituti hanno chiesto l’acquisizione di una serie di documenti: dalle copie dei contratti di appalto tra Enel e il titolare dell’azienda, alle fatture emesse, ai Sal (stanti di avanzamento dei lavori) per arrivare alla documentazione bancaria.

La raccolta del materiale, sia su carta che in formato digitale, è stato possibile con decreto di perquisizione sequestro, atto che ha comportato la notifica delle informazioni di garanzia nella giornata di ieri. Non è escluso che i due indagati chiedano di essere ascoltati per chiarire la propria posizione. Nei confronti di Bassi viene contestata una tangente complessiva di 50 mila euro, mentre De Filippo – sempre secondo l’ipotesi accusatoria -  avrebbe avuto utilità del valore di 2.300 euro, una una telecamera e una macchina fotografica.

Certo è che l’inchiesta è ormai indirizzata al cosiddetto livello superiore, al gradino in su rispetto a quello ricoperto dai cinque dipendenti arrestati lo scorso 5 maggio in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del Tribunale di Brindisi, Stefania De Angelis.

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In carcere resta Carlo De Punzio, per il quale la corruzione contestata si riferisce a somme, utilità e lavori eseguiti nella sua abitazione a Mesagne per un totale di 154.972 euro. Ai domiciliari sono Nicola Tamburano, con contestazione di utilità per 9.750 euro, Fabiano Attanasio, tangenti contestate per 29mila euro; Domenico Iaboni per 14mila e Vito Gloria per 22mila. Gloria, difeso dall’avvocato Gianvito Lillo, ha scelto la strada del Riesame: il ricorso del penalista sarà discusso nella giornata di domani, venerdì 19 maggio. I pm anche nei confronti, così come per Iaboni e Attanasio aveva chiesto l’arresto in carcere.

Gravi indizi, nei confronti di tutti, sono le dichiarazioni rese dall’imprenditore a partire dal 9 marzo scorso, riscontrate dalla documentazione messa a disposizione dalla stessa Enel Produzione spa, dopo la denuncia depositata in Procura il 12 gennaio 2017, dalle testimonianza di alcuni collaboratori del titolare della ditta, dalle copie degli assegni che lo stesso imprenditore ha consegnato ai pm e da registrazioni audio. Si tratta di conversazioni che il titolare ha registrato mentre parlava con alcuni dipendenti della centrale di Cerano, poi arrestati.

In una telefonata con De Punzio, i due fanno riferimento al “direttore” e dicono: “Ti ricordi quando il direttore ci ha fatto assumere quella persona (c’è il cognome) perché poi ci aiutava sulla gara?”. Anche questo aspetto deve necessariamente essere approfondito. Mazzette in contanti, utilità diverse e presunte assunzioni. Chi altri sapeva? E chi faceva parte di quello che secondo la Procura sarebbe stato un sistema?

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