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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Sede Antiracket: "Sequestro da 190mila euro per due impiegati"

Intervento a scopo conservativo chiesto dalla Corte dei Conti al Comune di Brindisi. Stralciata la posizione nel processo penale

BRINDISI  - La Corte dei Conti ha chiesto al Comune di Brindisi di sequestrare a scopo conservativo la somma di 190mila euro nei confronti di due dipendenti di Palazzo di città, inizialmente indagati dalla Procura nell’inchiesta sui lavori per la sede dell’associazione Antiracket. La posizione di entrambi è stata stralciata.

Il sequestro

Il “ricorso per il sequestro ante causam” è stato notificato nei giorni scorsi all’Amministrazione cittadina in vista dell’udienza fissata per il mese prossimo. La Corte dei Conti chiede il blocco di “beni e i valori sussistenti su tutti i rapporti, anche di conto correnti intestati e detenuti presso gli istituti bancari, nonché di qualsiasi ragione di credito eventualmente vantata nei confronti” di due dipendenti dell’Amministrazione comunale di Brindisi. Con annesso “invito all’Ente, nella persona del sindaco pro tempore (in questo caso del commissario Santi Giuffrè) dinanzi al giudice designato”.

Nei confronti dei due impiegati di Palazzo di città, la Corte dei Conti ritiene che potrebbero esserci profili di responsabilità – in solido – “a titolo di dolo della somma pari a 189.464,7 euro”. Si tratta dell’importo relativo all’appalto bandito dal Comune per la realizzazione di opere strutturali nell’immobile di via Carmine, assegnato all’associazione Antiracket, su richiesta dell’allora presidente, Anna Maria Gualtieri, arrestata nell’inchiesta sui fondi pubblici ottenuti, e di recente finita sotto processo.

L’inchiesta penale

Nei confronti dei due dipendenti di Palazzo di città, la Procura di Lecce, titolare del fascicolo dell’inchiesta penale, non ha esercitato l’azione penale. Non ha cioè chiesto il rinvio al giudizio del Tribunale, con la formulazione del capo di imputazione, rispetto all’iniziale ipotesi di reato di truffa. Nei confronti dei due era stata contestata anche “l’aggravante per aver commesso il fatto con abuso di poteri e in violazione dei doveri inerenti la pubblica funzione e il pubblico servizio”.

Al centro delle accuse c’erano le “opere infrastrutturali presso lo sportello Antiracket di Brindisi in via Carmine, al civico 11, per le quali risultavano stanziati 350mila euro”, stando al progetto approvato il 26 aprile 2012 dal Comitato per la valutazione dei progetti presso il Ministero dell’Interno a valere sul Pon Sicurezza obiettivo operativo 2.4 per il contrasto dell’usura del racket.

L’appalto

Il successivo 4 maggio dello stesso anno, venne sottoscritta la convenzione tra l’Associazione Antiracket Salento e l’ufficio del Commissario straordinario del Governo, con il Comune di Brindisi “partner del progetto”. L’appalto venne aggiudicato in favore di una srl per l’esecuzione di “opere strutturali per un importo complessivo di 189.464,70 euro”, somma riportata nel contratto firmato il 30 maggio 2014. Importo, come si diceva, oggetto del fascicolo della Corte dei Conti.

Nell’impostazione iniziale della Procura salentina, condivisa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce Giovanni Gallo, gli “artifici e raggiri” sarebbero stati consumati nell’”attestare falsamente l’ultimazione dei lavori il 28 settembre 2015”, data “in cui erano invece ancora in corso di esecuzione”. In tal modo sarebbero state “rese ammissibili le spese rendicontante, essendo il termine ultimo possibile il 30 settembre 2015” e sarebbero state evitate penali previste nel contratto decorso il termine di consegna dei lavori, vale a dire 180 giorni a decorrere dal primo aprile dello stesso anno.

I lavori

I funzionari di Palazzo di città avrebbero “accertato lavori non eseguiti rispetto a quanto previsto e contabilizzato per 47.625,87 euro di cui 36.971,97 per categorie di lavoro e forniture”. La contestazione mossa ad inizio inchiesta attiene anche a “opere realizzate al pian terreno, non compreso nel lotto oggetto di finanziamento, ma relative ad altri locali destinati a uffici comunali, le cui spese erano finanziate a parte dal Comune. Il costo delle forniture sarebbe stato pari a 10.653,90 euro.

I militari della Guardia di Finanza acquisirono  il “verbale di corretta esecuzione e termine dei lavori, il libretto delle misure, il registro di contabilità, lo stato di avanzamento dei lavori, il certificato di pagamento attestante un residuo salto per i tutti i lavori rendicontati pari a 91.850 euro a fronte di un totale di 189.464,70, nonché il computo metrico, lo stato finale dei lavori e il collaudo”. Su tali elementi poggia la richiesta di sequestro avanzata dalla



 

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