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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Armi alla 'ndrangheta, blitz Finanza

BRINDISI – Complicata forse dai nomi e dagli intrecci familiari, ma lineare nella struttura dei fatti la terza fase di un’operazione condotta stamani all’alba nel Crotonese dai militari della compagnia di Brindisi della Guardia di Finanza, che dal 3 luglio del 2010, giorno di un sequestro rivelatore di pistole al porto, sono riusciti a seguire abilmente una pista lungo la quale dalla Bulgaria viaggiano le armi per i killer della ‘ndrangheta. Un percorso investigativo che ha nel mezzo un altro episodio avvenuto il 9 ottobre 2010 nel porto di Bari, con un altro quantitativo di pistole intercettato apparentemente da un normale controllo delle “fiamme gialle” del capoluogo di regione, in realtà pilotato dagli investigatori brindisini che avevano già sotto controllo le comunicazioni di una parte della banda, quella che occupava il terminal calabrese.

BRINDISI – Complicata forse dai nomi e dagli intrecci familiari, ma lineare nella struttura dei fatti la terza fase di un’operazione condotta stamani all’alba nel Crotonese dai militari della compagnia di Brindisi della Guardia di Finanza, che dal 3 luglio del 2010, giorno di un sequestro rivelatore di pistole al porto, sono riusciti a seguire abilmente una pista lungo la quale dalla Bulgaria viaggiano le armi per i killer della ‘ndrangheta.  Un percorso investigativo che ha nel mezzo un altro episodio avvenuto il 9 ottobre 2010 nel porto di Bari, con un  altro quantitativo di pistole intercettato apparentemente da un normale controllo delle “fiamme gialle” del capoluogo di regione, in realtà pilotato dagli investigatori brindisini che avevano già sotto controllo le comunicazioni di una parte della banda, quella che occupava il terminal calabrese.

Terminal che aveva un punto di riferimento in Francesco Lerose, 53 anni, un’autocarrozzeria a Mesoraka (Crotone), che provvedeva a recuperare le armi e le munizioni nascoste nelle gomme di scorta delle auto dei bulgari, come nel caso di Brindisi, o nelle intercapedini della scocca, come nel caso di Bari. Tutte pistole adatte ad un sicario, non a caso otto su tredici di queste semiautomatiche di fabbricazione turca – il costruttore è Atak – sequestrate nei due porti pugliesi erano accompagnate da silenziatori, e una buona parte era nei calibri 6,35 e 7,65, quindi esemplari facilmente occultabili e adatti ad un impiego molto ravvicinato,

Si può quindi ipotizzare un rifornitore identificabile genericamente con un clan della mafia turca, un intermediario in Bulgaria – paese chiave per i flussi di eroina dall’Afghanistan oltre che delle armi e dei clandestini – un terminale appunto in Calabria. Qui sarà il Gico di Catanzaro (i Gico sono l’equivalente del Ros e dello Sco) a seguire l’altra parte della pista, nel tentativo di risalire agli utilizzatori finali. Fermo restando che di pistole di marca “Zoraki”, come quelle sequestrate nel corso dell’indagine diretta dal pm brindisino Antonio Costantini, ne è stata recuperata qualche altra durante perquisizioni delle forze di polizia in alcune zone della Sila.

Nel corso di una conferenza stampa tenuta stamani dal colonnello Vincenzo Mangia e dal capitano Giovanni Andriani, è stato spiegato come è stato sfruttato quel punto di partenza individuato il 3 luglio 2010 a Costa Morena, allo sbarco di un  traghetto dalla Grecia con la perquisizione di una Honda Civic sospetta, con a bordo un personaggio di Ottaviano e una coppia bulgara che risultava entrata altre volte in Italia. In quella circostanza tutto si basò – hanno dichiarato gli investigatori – sull’abilità del personale addetto ai controlli doganali a Brindisi. Saltò fuori così quella ruota di scorta imbottita di “Zoraki” completa di caricatori e silenziatori. La meta finale non era la camorra napoletana, come si poteva pensare stante la presenza di quell’italiano, ma sempre la Calabria.

La compagnia di Brindisi della Guardia di Finanza riuscì a trovare ben presto i telefoni giusti, tanto da poter effettuare quel test – se così si può definire – al porto di Bari nell’ottobre successivo. La pista partiva dalla città bulgara di Vratsa (che ha dato anche il nome all’operazione odierna) e finiva a Mesoraka, cittadina di residenza di Lerose e della famiglia Simeonov. Lui, Atanas Iliev Simeonov, assieme ad un figlio che ora è l’unico sfuggito alla cattura e si trova probabilmente in patria, e ad un fratello fu arrestato nel porto di Bari il 9 ottobre del 2010, ma poi rilasciato assieme all’altro membro della sua famiglia perché il fratello – che è ancora detenuto – si assunse l’intera responsabilità della presenza delle armi nell’intercapedine della carrozzeria.

Ma il mestiere di corrieri per la ‘ndrangheta, Atanas Iliev Simeonov  lo faceva anche lui e chissà da quanto. Proveranno a chiederglielo gli inquirenti, il reato di introduzione illegale di armi in territorio italiano e di detenzione abusiva delle stesse potrebbe avere pesanti risvolti. Intanto in galera c’è tornato stamani e non c’è nessuno stavolta che possa assumersi l’intera colpa in sua vece, visto che tutti i familiari sono già detenuti (il fratello) oppure ricercati (il figlio), e oggi sono state rinchiuse in carcere anche le tre donne di casa: la moglie Vaska Ilieva Dancheva, la figlia Rositsa Ilieva Atanasova, e la sorella Donka Ilieva Simeonova. Formalmente la ragione della permanenza nel Crotonese del nucleo bulgaro erano i contratti stagionali che ottenevano nel vicino centro di Petilia Policastro, nel settore agricolo. Ma ora è chiaro che si trattava alla fine di una copertura.

La storia: il sequestro di Brindisi - I militari della Guardia di Finanza di Brindisi, in sinergia con gli uomini della dogana brindisina, il 3 luglio 2010, scoprirono un carico di armi occultate nel serbatoio di una ruota di scorta dell’automobile su cui viaggiavano tre uomini: un italiano R.R. di 66 anni, di Ottaviano nel napoletano, il paese del famoso fondatore della Camorra Organizzata, Raffaele Cutolo, e una coppia di bulgari, I.B.N e A.G.R., entrambi di 34 anni. I tre soggetti, vennero arrestati per detenzione ed occultamento di armi, ed il carico venne sequestrato. Le armi erano cinque semiautomatiche 6,35 munite di silenziatore – usate da killer di professione – sei caricatori e novanta cartucce.

E’ da qui che la Guardia di Finanza di Brindisi, con la direzione della Procura brindisina, fa scattare l’indagine denominata “Vratsa”, proprio come la città bulgara da dove partono i soggetti denunciati e arrestati. Il carico di armi sequestrato un anno e mezzo a fa Brindisi ha fatto da apripista per capire che dietro a quell’occultamento, ci fosse un vero e proprio traffico di armi made in Bulgaria, dirette all’ndragheta calabrese. Uno degli arrestati si trova attualmente ancora in carcere, mentre gli altri due patteggiando la pena vennero rimessi in libertà pochi mesi dopo.

Il sequestro di Bari - Gli sviluppi investigativi della Guardia di Finanza di Brindisi, anche grazie alle intercettazioni ambientali e telefoniche, portano ad un altro importante sequestro, questa volta, nel porto di Bari il 12 ottobre 2010, da parte dei militari della Finanza del capoluogo regionale in sinergia con quelli di Brindisi (aspetto che però non viene rivelato per non compromettere le indagini). I funzionari dell’Ufficio Dogane di Bari, scoprirono e sequestrarono con la collaborazione della Gdf, 7 pistole complete di caricatore, 6 silenziatori e 94 cartucce.

Le pistole e le cartucce calibro 9 risultarono modificate artigianalmente. Le armi erano state nascoste in un’intercapedine ricavata nel longherone posteriore sul lato guida di un’autovettura con targa bulgara proveniente dalla Grecia. L’autovettura venne sequestrata e i tre individui arrestati. Uno dei tre è attualmente ancora in carcere (fratello del capo che è stato ammanettato questa mattina), perché si assunse la responsabilità del carico.

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