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Cronaca

Attentati, pizzo e droga: i pm chiedono 180 anni per la banda dei fratelli Brandi

BRINDISI - Requisitoria a due voci per le ultime battute del processo a carico del clan capeggiato dai fratelli Brandi, secondo l’accusa dei pm Alberto Santacatterina e Milto De Nozza legato a filo doppio all’ex capogruppo del consiglio comunale brindisino Massimiliano Oggiano, accusato di concorso esterno e connivenza con la frangia brindisina della Scu. I magistrati inquirenti hanno chiesto 180 anni di carcere in totale carico di undici su dodici imputati, di cui 6 anni e sei mesi a carico di Oggiano.

BRINDISI - Requisitoria a due voci per le ultime battute del processo a carico del clan capeggiato dai fratelli Brandi, secondo l’accusa dei pm Alberto Santacatterina e Milto De Nozza legato a filo doppio all’ex capogruppo del consiglio comunale brindisino Massimiliano Oggiano, accusato di concorso esterno e connivenza con la frangia brindisina della Scu. I magistrati inquirenti hanno chiesto 180 anni di carcere in totale carico di undici su dodici imputati, di cui 6 anni e sei mesi a carico di Oggiano.

Una sola la assoluzione invocata, per l’imputato Vito Ingrosso. L’operazione interforze fu messa a segno il 9 ottobre 2007, svelando un “sistema a tenuta stagna”, così lo definì il procuratore capo Cataldo Motta all’alba del blitz che sgominò l’organizzazione italo-albanese in odore di 416 bis, dedita alle estorsioni, al traffico di stupefacenti, dotata di potere intimidatorio e armi, un arsenale. L’espressione del capo della Direzione investigativa antimafia indicava “compartimenti slegati tra loro, quasi completamente, se non fosse per la presenza di un paio di esponenti che legavano i vari ambiti di azione criminale”.

In sostanza gli investigatori individuarono due gruppi principali: uno locale dedito alle estorsioni, capeggiato dai fratelli Brandi, l'altro italo-albanese attivo nel traffico di sostanze stupefacenti, con a capo “i fratelli semaforo” Arben e Viktor Lekli, cittadini onorari del Comune di Brindisi, noti con il nomignolo di Fratelli Semaforo, per avere a lungo indirizzato il traffico lungo canale Patri sostituendosi al semaforo – appunto – mancante.

Le pene richieste ammontano a 27 anni per Arben Lekli  (44 anni, di Durazzo, Albania), 26 anni per Antonio Lococciolo (61 anni, di Brindisi), 24 anni per Viktor Lekli (46 anni, di Durazzo, Albania), 20 anni per Francesco Giovanni Brandi (42 anni, di Brindisi), 20 anni per Giuseppe Gerardi  (41 anni, di Brindisi), 19 anni per Giuseppe Raffaele Brandi (56 anni, di Brindisi), 14 anni per Gianfranco Contestabile (43 anni, di San Pietro Vernotico), 13 anni per Enrico Colucci (57 anni, di Brindisi), otto anni per Florenzo Borselli, (56 anni, di Cisternino residente a Carovigno), due anni per Roberto Brigida (40 anni, di Brindisi). Una sola la richiesta di assoluzione, per Vito Ingrosso (38 anni, di Brindisi).

La parola passa adesso al collegio difensivo composto dai legali Gianvito Lillo, Pasquale Corleo, Vita Cavaliere, Vito Epifani, Domenico Barillà, Cinzia Cavallo, Paola Giurgola, Luigi Rella, Vito Epifani, Giuseppe Lanzalone, Raffaele Missere, Luigina Cretì, Vincenzo Farina, Giuseppe Scuteri, Fabio Di Bello, Ladislao Massari. Nelle fila dei legali di parte civile invece le avvocatesse Ernestina Sicilia, Patrizia De Candia.

La sentenza del collegio presieduto da Giuseppe Licci e dai giudici Vittorio Testi e Luca Scuzzarella a latere, è attesa entro il prossimo mese.

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