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Cronaca

Atti sessuali su chierichetti, don Gianpiero condannato anche in Appello

La Corte di Lecce conferma la sentenza di primo grado: tre anni e otto mesi. L’ex parroco della chiesa di Santa Lucia è ai domiciliari in una comunità terapeutica. Venne arrestato il 20 maggio 2015. La difesa aveva chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste

BRINDISI – Confermata in Appello la condanna di don Gianpiero Peschulli, ex parroco della chiesa di Santa Lucia, a Brindisi, a tre anni e otto mesi di reclusione per atti sessuali su chierichetti. La Corte si è pronunciata con sentenza nella tarda serata di ieri, 10 novembre, accogliendo la richiesta del procuratore generale che al termine della sua requisitoria aveva chiesto la condanna del sacerdote, già ritenuto colpevole dal gup Giuseppe Licci del Tribunale di Brindisi di fronte al quale era stato incardinato il processo con rito abbreviato. La difesa, affidata all’avvocato Roberto Cavalera, aveva impugnato la sentenza per chiederne la riforma, con pronuncia di assoluzione perché il fatto non sussiste.

Don Gianpiero PeschiulliLa pronuncia di secondo grado, quindi, conferma in toto l’impianto accusatorio sostenuto dal pubblico ministero Giuseppe De Nozza, il quale aveva indicato due ragazzi come vittime degli atti sessuali del prete, 74 anni, attualmente ai domiciliari in una comunità terapeutica, dopo essere stato arrestato il 20 maggio 2015.

„Nelle motivazioni della sentenza di primo grado, si legge che “I baci, gli abbracci, le carezze e i toccamenti ai chierichetti sono espressione di una personalità deviata del sacerdote, sensibile al fascino maschile: quel prete ha abusato dell’autorità morale e religiosa dell’essere il parroco della chiesa di Santa Lucia e della Santissima Trinità di Brindisi”.“ Il gup, inoltre, riportando alcuni stralci degli interrogatori, ha evidenziato come “mai siano caduti in contraddizione” nel corso dell’ascolto con la formula dell’incidente probatorio. I due all’epoca dei fatti non avevano ancora 14 anni, da qui la contestazione dell’altra aggravante. Sono diventati maggiorenni nel frattempo e uno si è costituito parte civile, con richiesta di risarcimento dei danni patiti, istanza ammessa dal gup.

Il primo giudice ha rimarcato quanto evidenziato già nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Tea Verderosa, secondo la quale il “movente della condotta del parroco è da ascrivere alla sfera di eccitazione sessuale” e gli atti “venivano imposti o poco prima di servire la messa o dopo averlo fatto”. Stando a quanto si legge nelle motivazioni della sentenza, gli “atti sessuali sono consistiti nel dare al ragazzo baci sulle guance, nel farsi baciare lui stesso sulla guancia, nell’abbraccio dopo averlo tirato a sé con la forza, nel dargli la mano incrociando le sue dita con  quelle della mano del ragazzo, nell’accarezzargli le braccia e le gambe, nell’infilare la sua mano nei pantaloni”. Episodio quest’ultimo che secondo il gup è effettivamente avvenuto, così come ha ricordato il chierichetto “mentre si accingeva a prelevare calici e paramenti sacri.

Il parroco ha sempre respinto le accuse, anche davanti alle immagini registrate dalle telecamere de Le Iene, la trasmissione di Mediaset. Il servizio venne firmato dall’inviato Giulio Golia che a Brindisi arrivò con alcuni attori per incontrare il sacerdote dopo aver ricevuto una mail tra aprile e maggio 2014, nella quale una “persona residente in città riferiva di essere stata vittima di avance sessuali di Peschiulli”. Le Iene lo chiamarono il prete “pomicione”. Quando tornarono per chiedere spiegazioni lui si chiuse in sacrestia e chiamò il 112, mentre su Facebook si registrò una valanga di commenti.

Anche in udienza, davanti al gup, il parroco spiegò di aver dimostrato solo il proprio affetto. Secondo il difensore è  “aberrante” il movente, sono contraddittorie le testimonianze e la sentenza è carente di motivazione. In subordine, aveva l’esclusione delle aggravanti, il riconoscimento dell’ipotesi di minore gravità.

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