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Cronaca

“Avvocato, che rotta facciamo per Fanò? Stiamo senza gps”

Dalle intercettazioni spunta il nome di un legale: il suo yacht usato per le traversate, avrebbe percepito 13mila euro. Dopo l'avaria, la simulazione di un furto

BRINDISI – “Avvoca’, ti ricordi la rotta? Noi non portiamo gps, non abbiamo niente, da Leuca a Fanò che rotta è?” Risposta: “Fate con il pilota automatico che è meglio, una volta usciti a Capo san Vito metti 180 e sei a Santa Maria di Leuca e poi metti 88 e sei a Fanò”.

Gli arrestati dell'Operazione Caronte-2-2-2

L'avvocato

Viene a galla il nome di un avvocato dalle conversazioni telefoniche intercettate nel periodo dell’inchiesta chiamata Caronte, sfociata questa mattina negli arresti eseguiti dalla Guardia di Finanza, dopo la firma del gip del Tribunale di Lecce, Michele Toriello, su richiesta dei pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia. Un legale che, secondo la lettura data dai pm, sarebbe stato “assolutamente consapevole dell’attività illecita” che con la sua barca veniva posta in essere, dal momento che in diverse occasioni è stato contattato al telefono da alcuni degli indagati, finiti oggi agli arresti domiciliari. La posizione del professionista è al vaglio del giudice, intanto l’imbarcazione è stata posta sotto sequestro preventivo.

Le indagini e gli arrestati

Lo yacht

Si tratta di uno yacht (nell’ordinanza ovviamente viene indicato il nome) che  inizialmente era ormeggiato nel porto di Sivota, in Grecia, a Sud di Igoumenitsa. Ed è in questa località turistica che, le prime volte, viene contattato via telefono il professionista. E’ il mese di giugno 2014. A chiamarlo sul cellulare è Cosimo Calò, al quale la  Dda ha contestato il ruolo di “promotore e organizzatore del sodalizio”.

Le intercettazioni: “Andiamo a pesca per avvistare i finanzieri: sono orate veloci” 

Il brindisino, residente a Ostuni, avrebbe chiesto innanzitutto la disponibilità dello yacht, con indicazione del giorno preciso, poi alcune informazioni di tipo tecnico. Una volta presa in consegna l’imbarcazione e portata nel Salento, ci sarebbero stati alcuni problemi: in primo luogo con la pompa di sentina perché la “barca era piena d’acqua”, poi con la rotta perché chi era a bordo – Calò – si rende conto che non c’è il navigatore. E allora contattata l’avvocato che suggerisce l’uso del pilota automatico e dà le coordinate per raggiungere il porto di destinazione, Fanò,

Gli imprevisti

Risolto anche il problema della rotta, Calò comunica a un familiare di essere rimasto senza nafta, motivo per il quale era costretto a lasciare lo yacht nei pressi dell’isola di Manthraki, vicino Corfù. Nell’ordinanza sono riportati altri stralci che si riferiscono a ulteriori conversazioni telefoniche nel corso delle quali Calò sostiene di “aver avvisato l’avvocato che, nel caso in cui il traffico illecito non fosse andato a buon fine, il legale avrebbe dovuto presentare una denuncia per simulare l’avvenuto furto dell’imbarcazione”. In tal modo, sempre secondo l’accusa, avrebbero allontanato da sé e dagli altri complici “qualsivoglia sospetto”. A presentare denuncia alle autorità greche, sarà poi lo stesso Cosimo Calò. Contestualmente al ritrovamento della barca, sono stati rintracciati sulla terraferma, dai carabinieri della stazione di Castrignano del Capo, 49 cittadina extracomunitari: due di loro sono stati sentiti come persone informate sui fatti e hanno confermato che quella era l’imbarcazione usata per il trasporto.

Il compenso

In una telefonata successiva sarebbe stata affrontata la questione dei compensi: “All’avvocato, tredici”. Tredicimila euro, è scritto nel provvedimento di arresto: “Il riferimento – si legge – è senza dubbio al corrispettivo che il legale aveva ricevuto per l’impiego del natante nella sua disponibilità”. L’inchiesta prosegue: si cercano altri complici, partendo da alcuni nomi ascoltati nel corso delle conversazioni intercettate.

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