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Cronaca

Bancarotta Tubisaldo, escluse dal processo le testimonianze di Ferrarese, Marinò e Brigante

BRINDISI - Bancarotta fraudolenta formato famiglia. Prime battute del processo a carico di Antonio Bozzetti, ex presidente della sezione metalmeccanica di Confindustria Brindisi, della moglie Luigia Micelli e i figli Francesco Domenico e Fabiana Bozzetti. Le due generazioni di imprenditori in quota alla Tubisaldo Srl prima, alla Plus Service Srl poi, finirono in manette il 3 giugno scorso per mano della Guardia di Finanza, braccio operativo del pubblico ministero Adele Ferraro che aveva chiesto e ottenuto la misura di custodia cautelare per il capofamiglia e i suoi presunti prestanome, figli e moglie. Bozzetti senior, per inciso, è ancora recluso ai domiciliari.

BRINDISI - Bancarotta fraudolenta formato famiglia. Prime battute del processo a carico di Antonio Bozzetti, ex presidente della sezione metalmeccanica di Confindustria Brindisi, della moglie Luigia Micelli e i figli Francesco Domenico e Fabiana Bozzetti. Le due generazioni di imprenditori in quota alla Tubisaldo Srl prima, alla Plus Service Srl poi, finirono in manette il 3 giugno scorso per mano della Guardia di Finanza, braccio operativo del pubblico ministero Adele Ferraro che aveva chiesto e ottenuto la misura di custodia cautelare per il capofamiglia e i suoi presunti prestanome, figli e moglie. Bozzetti senior, per inciso, è ancora recluso ai domiciliari.

Fu scarcerato per decisione del Riesame che accolse il ricorso del legale Ladislao Massari, contro cui il pm Ferraro presentò ulteriore ricorso in Cassazione, sostenendo la necessità della custodia cautelare in carcere, per pericolo di “reiterazione del reato”. Sulla richiesta del pm la Suprema corte ha disposto l’annullamento con rinvio, chiedendo al Riesame di motivare adeguatamente l’attenuazione della misura. Se le motivazioni non dovessero persuadere gli Ermellini, Bozzetti rischierebbe il rientro in carcere.

I quattro della già fu Tubisaldo Srl, imputati per bancarotta fraudolenta, sono comparsi ieri per la prima volta di fronte al tribunale presieduto dal giudice Gabriele Perna. Citazione diretta a giudizio per tutti.  Al vaglio del tribunale, nella prima udienza di ieri, le liste testimoniali di accusa e difesa. Accolti in toto i testimoni chiamati in causa dal pm, respinta invece la testimonianza dei testimoni eccellenti della difesa, fra cui il presidente della Provincia,Massimo Ferrarese, ma in veste di ex presidente di Confindustria Brindisi, il successore in carica Pino Marinò e il consigliere regionale Giovanni Brigante, ma in veste di imprenditore metalmeccanico ed ex leader della Camera di Commercio, persone che conoscevano assai da vicino le attività imprenditoriali di Antonio Bozzetti.

Il perno dell’impianto accusatorio è l’assunto secondo cui la Tubisaldo Eco Industriale Srl di via Alessandro Artom, nella zona industriale di Brindisi, accumulava debiti con il fisco e la previdenza pubblica, per poi abbandonare la società inguaiata passando ad una nuova. Un colpo di maquillage davanti al notaio, e il gioco era fatto. Vecchio sistema, ma sempreverde, che nel caso della Tubisaldo aveva toccato quota 3 milioni di euro. La Guardia di Finanza battezzò l’indagine col nome di operazione Matrioska, a significare il ricorso a continui cambi societari, concepiti da Bozzetti senior e messi in opera con la presunta complicità del resto della famiglia, in funzione di prestanome.

La Tubisaldo, azienda metalmeccanica del settore carpenteria, era stata abbandonata quando il livello dei debiti era giunto ad un limite pericoloso, ed al suo posto era stata costituita la Plus Service Srl. Un trucco ripetuto per tre volte, fermato alle soglie del quarto atto dallo stop della procura, lasciando a secco i dipendenti, “ma non i fornitori”, spiegarono all’indomani del blitz gli inquirenti, “ma solo perché servivano alla società di nuova costituzione”.

I fatti contestati risalgono agli anni tra il 2003 e 2006, quando i quattro Bozzetti ricoprivano cariche dirigenziali  nelle aziende Tubisaldo Eco Industriale Srl che si occupa della progettazione e della costruzione di impianti per il trattamento di liquami, aria, scarichi e così via, e nella Plus Service. L’inchiesta portò alla scoperta della sottrazione alla curatela fallimentare da parte degli indagati di tre milioni di euro a fronte di un debito accumulato di sette milioni nei confronti di fisco e Inps.

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