rotate-mobile
Cronaca

Beni clan Bruno, ora è confisca

TORRE SANTA SUSANNA – “Il feudo di Torre”, ritorna nelle mani dello Stato. Il piccolo impero costruito attorno alla masseria Pezza Viva, del valore di oltre 5 milioni di euro, costruito secondo gli inquirenti su fiumi di droga, armi e terrore per due generazioni è stato liberato e torna nelle mani della collettività. Poderi immensi costituiti da nove appezzamenti di terreno estesi per complessivi 100 ettari, di cui uno con annessa masseria edificata nel XVI secolo e completamente ristrutturata.

TORRE SANTA SUSANNA – “Il feudo di Torre”, ritorna nelle mani dello Stato. Il piccolo impero costruito attorno alla masseria Pezza Viva, del valore di oltre 5 milioni di euro, costruito secondo gli inquirenti su fiumi di droga, armi e terrore per due generazioni è stato liberato e torna nelle mani della collettività. Poderi immensi costituiti da nove appezzamenti di terreno estesi per complessivi 100 ettari, di cui uno con annessa masseria edificata nel XVI secolo e completamente ristrutturata.

Cui si aggiungono due compendi aziendali (con annessi beni immobili, mobili, strumentali) relativi a due  società cooperative; due ditte individuali; tre conti correnti bancari con depositi per complessivi 135.000 euro; sei trattori; sei rimorchi; due autovetture; un autocarro. Dopo la sentenza che lo ha condannata a 26 anni di carcere per associazione mafiosa, per Andrea Bruno, ultimo emblema della Sacra Corona Unita di Torre Santa Susanna, arriva anche la confisca dei beni.

Il provvedimento - eseguito dai militari dell'Arma, è giunto al termine del procedimento, coordinato dal procuratore distrettuale antimafia della del tribunale di Lecce, Cataldo Motta, e dal sostituto procuratore Adele Ferraro (della procura presso il tribunale di Brindisi) -  è stato emesso dal tribunale di Brindisi  sezione misure di prevenzione,  presieduto dal giudice Gabriele Perna, che ha anche irrogato nei confronti di Andrea Bruno, capo storico della Scu di Torre Santa Susanna, la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di cinque anni (da scontare a fine pena).

La confisca dei beni in questione, resa possibile grazie alla normativa antimafia, è scaturita da un'indagine di tipo patrimoniale, finalizzata a stabilire se la consistenza dei beni – mobili ed immobili – nella disponibilità della famiglia Bruno, risultasse proporzionata ai redditi dichiarati ai fini dell’imposta oppure derivante da proventi di attività illecite. Dagli accertamenti esperiti presso i vari uffici competenti ed istituti di credito emergevano nette discrepanze tra redditi dichiarati e beni posseduti, tali da far ritenere che quest’ultimi fossero provento di attività illecite.

Il sodalizio mafioso riconducibile ai fratelli Bruno - il maggiore, Ciro, è in carcere da molti anni - è stato smantellato nell'operazione convenzionalmente denominata “Canali”, condotta dal reparto operativo di Brindisi in il 31 marzo 2008, a seguito di una attività d’indagine avviata dai militari del nucleo investigativo sin dall’anno 2005, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce e culminata con l'esecuzione di 28 arresti nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili di vari reati.

Nel processo di primo grado, svoltosi con rito ordinario innanzi al tribunale di Brindisi, Andrea Bruno è stato riconosciuto colpevole, tra gli altri, del reato di associazione mafiosa, e condannato alla pena di 26 anni di reclusione. Anche gli altri componenti del sodalizio, alcuni dei quali processati con rito “abbreviato”, sono stati condannati a pesanti pene detentive.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Beni clan Bruno, ora è confisca

BrindisiReport è in caricamento