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Cronaca

Amati 'sospeso' amareggiato dopo reintegro De Magistris. Ma il paragone non regge

Il consigliere regionale "sospeso" Fabiano Amati non perde la ghiotta occasione che gli fornisce una decisione del Tar della Campania per spingersi in un parallelismo tra la propria vicenda e quella che ha interessato il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris.

BRINDISI - Il consigliere regionale “sospeso” Fabiano Amati non perde la ghiotta occasione che gli fornisce una decisione del Tar della Campania per spingersi in un parallelismo tra la propria vicenda e quella che ha interessato il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Il paragone non fa una piega da un punto di vista formale ma sollecita a una riflessione da un punto di vista sostanziale.

Il Tar della Campania ha accolto il ricorso dell’ex pm contro la decisione del prefetto Musolino, presa in conformità con la legge Severino, e ha inviato gli atti alla Consulta: questo ha fatto sì che l’efficacia del provvedimento venisse sospesa fino alla Camera di consiglio successiva alla decisione della Corte costituzionale. 

 Il Tar ha ritenuto fondato l’argomento contenuto nel ricorso di De Magistris in cui si sottolinea che la sospensione dalla carica di sindaco di Napoli sarebbe conseguenza di un’interpretazione retroattiva degli articoli 10 e 11 della legge Severino e quindi non conforme ai diritti di elettorato ed ai principi degli articoli 2, 51 e 97 della Costituzione. 

La Consulta dovrà esprimersi anche in merito a un’altra questione evidenziata da De Magistris: il sindaco partenopeo ha evidenziato che fino alla proclamazione a sindaco avvenuta il primo giugno 2011, non figurava tra le cause di incandidabilità e di sospensione da tale carica l’aver riportato una condanna per abuso d’ufficio. Infatti, solo con l’entrata in vigore della “legge Severino”, ossia dal 5 gennaio 2013, è stata introdotta nell’ordinamento come causa ostativa la condanna per abuso d’ufficio.

Torniamo alle differenze sostanziali. De Magistris è stato condannato in primo grado per abuso d’ufficio a una pena parecchio inferiore ad Amati per un eccesso di zelo nel ruolo di magistrato e non per un comportamento censurabile tenuto da pubblico amministratore. L’operato di De Magistris avrebbe sì potuto ledere al diritto di un parlamentare di non essere sfiorato da una inchiesta giudiziaria senza le garanzie che gli sono concesse da cittadino non uguale a tutti gli altri, ma comunque al massimo, come "danno" più grave, avrebbe favorito l’accertamento “estremo” di una verità. Quale danno alla pubblica amministrazione avrebbe potuto realizzare De Magistris violando nell’ambito di Why Not una procedura (che egli dice di non aver violato) riservata alla “casta”?

Il pm condannato oggi reintegrato dal Tar che ha inviato gli atti alla Consulta ha poi subito le conseguenze della legge Severino da sindaco ed è proprio in questa diversità di ruoli tra De Magistris presunto "carnefice" e De Magistris "vittima" della Severino che si è avuto uno stravolgimento del senso originario della norma, ovvero quello di tenere a distanza dalla cosa pubblica i pubblici amministratori per cui c’è non solo un sospetto, ma un principio di certezza (del tutto rovesciabile negli altri gradi di giudizio) che possano aver agito in maniera tale da provocare un danno al bene di tutti, all’ente del cui buon governo avrebbero dovuto occuparsi con una condotta specchiata.

Ed è lo stravolgimento che nel caso specifico la riproposta questione “retroattività” della legge ha amplificato. Se il principio ispiratore della legge è la tutela di quel che è di proprietà tutti dall’azione del singolo, è evidente che la condanna di chi faceva il magistrato e poi è stato eletto sindaco non ha lo stesso valore, se si valuta il rischio di reiterazione, di chi abita per decenni gli stessi palazzi con gli stessi poteri decisionali. 

Amati è stato condannato in primo grado a un anno otto mesi perché un giudice, il gup Maurizio Saso, al termine del rito abbreviato che egli stesso (che è un avvocato) ha scelto per fare in fretta, certo di uscirne assolto, ha ritenuto che egli si fosse occupato di redigere da consigliere comunale di Fasano che stava all’opposizione e che avrebbe quindi ottenuto un incarico ‘anomalo’ dalla maggioranza guidata da Lello Di Bari (anch’egli condannato per averglielo conferito) un piano di recupero di centri storici in cui alcuni suoi parenti posseggono degli immobili. Secondo quanto definito in primo grado, allo stato degli atti, si sarebbe macchiato anche del reato di falso.

Bene, ora Amati strepita. Ce l’ha con la Regione Puglia, sostiene che l’ente avrebbe dovuto costituirsi al suo fianco ad adiuvandum, cioè a supporto. Sì, anche Amati era presunto “carnefice” da consigliere comunale, e “vittima” della Severino da consigliere regionale. Ma in entrambi casi era nell’esercizio delle funzioni di pubblico amministratore. Ciò non toglie che la questione “retroattività” abbia lo stesso identico significato anche per lui. Ma è altrettanto evidente che Amati faceva prima quello che ha fatto anche dopo: il politico, chiamato dai cittadini a sedere in una assemblea consiliare.

Da un punto di vista meramente tecnico, al di là di ogni parzialissima valutazione di buon gusto, Amati ha tutto il diritto di accostare la propria vicenda a quella di De Magistris. “Sono contento per De Magistris – dice Amati all'ANSA - ma il suo caso mi porta nuova amarezza: due ricorsi per l'impugnazione della sospensione con gli stessi motivi vengono decisi in modo diametralmente opposto. Per De Magistris è accolta la questione di legittimità costituzionale e per me no. De Magistris riprende a fare il sindaco ed io resto sospeso".

de magistris-2"E' chiaro che confido sempre nella giustizia, del resto sono avvocato e non potrei fare altrimenti - dice Amati - e capisco che potrebbero esserci orientamenti diversi tra i vari tribunali d'Italia. Resta il fatto tuttavia che per una legge chiaramente incostituzionale io continui a ritrovarmi in panchina". "Sto predisponendo l'appello e spero in un accoglimento - continua l'ex consigliere pugliese - almeno per permetterci una riconciliazione con il principio di uguaglianza tra i cittadini italiani, e se nel frattempo il governo Renzi intervenisse correggendo la Severino sarebbe ancora meglio".

La Severino che, probabilmente ha ragione Amati, si è rivelata una legge non sempre impeccabile, ha una sua ratio che è figlia dei tempi. Figlia di una stagione in cui c’è chi pensa di poter entrare nel Csm da membro laico pur essendo sottoposto al giudizio dei magistrati del cui organo di autogoverno andrebbe a far parte. E’ una legge che non si sarebbe resa necessaria se non ci fossero stati nemici da combattere quali la corruzione dilagante nei centri di governo, l’abitudine diffusa a utilizzare per sé quello che è invece della collettività.

Il consigliere Pd sospeso riuscirà senza dubbio a dimostrare la propria innocenza e tornerà in politica. Sarà il voto democratico, ancora una volta, a stabilire se gli spetterà o meno un ruolo di primo piano nelle stanze dei bottoni. E’ discutibile però l’affermazione secondo cui la legge non è stata uguale per De Magistris e per l’ex consigliere regionale Pd e i giudici pure non siano stati tutti della medesima opinione: se la Consulta dovesse ritenere incostituzionale per qualsiasi ragione la legge Severino, essa cesserà di avere effetto, per De Magistris, per Amati e per tutti gli altri amministratori sospesi. Certe volte bisogna solo saper aspettare. 

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