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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Cellino San Marco

Cellino, Comune sciolto per mafia: ecco le motivazioni, "ruolo strategico" del sindaco

Lo si era già compreso, e la relazione prefettizia richiamata poi nel parere ministeriale che ha portato allo scioglimento del Comune di Cellino San Marco decisa il 18 aprile scorso dal presidente del Consiglio dei ministri, non tratta di chissà quale episodio di voto di scambio, non dipinge scene di elargizione di tangenti milionarie per favorire la Scu. E' tutto molto più grave.

CELLINO SAN MARCO - Lo si era già compreso, e la relazione prefettizia richiamata poi nel parere ministeriale che ha portato allo scioglimento del Comune di Cellino San Marco decisa il 18 aprile scorso dal presidente del Consiglio dei ministri, non tratta di chissà quale episodio di voto di scambio, non dipinge scene di elargizione di tangenti milionarie per favorire la Scu. E’ tutto molto più grave. Perché nelle 14 pagine firmate dal prefetto Nicola Prete, sulla base di quanto appurato dalla commissione prefettizia insediatasi il 10 luglio 2013,  poi recepite dal ministero dell’Interno, Angelino Alfano, si parla di una serie di “micro-atteggiamenti”, reiterati nel tempo fino a divenire consuetudine, che tratteggiano Cellino San Marco come una cittadina intimidita e paralizzata dalla ormai abitudinaria contiguità fra l’amministrazione comunale ed esponenti di spicco della Sacra corona unita.

Una città nelle mani del sindaco Francesco Cascione, il cui doppio ruolo (penalista e amministratore) non viene minimamente menzionato, ma che insieme a qualche assessore pare avere elargito contributi economici, favori vari, incarichi di vario genere affidati con ordinanza pur senza motivi di urgenza, a “ditte di fiducia”.  Il consiglio comunale sarebbe stato del tutto esautorato, privato dei poteri di controllo che gli sono attribuiti. Qualcuno dei componenti si sarebbe perfino sentito intimidito tanto da non prenderne più parte. Anche i dirigenti comunali avrebbero ricevuto minacce. Ma scendiamo nel dettaglio. Si parte proprio dalle denunce del sindaco, Francesco Cascione, la cui famiglia governa a fasi alterne da generazioni Cellino San Marco. Aveva chiesto al prefetto un intervento. Da un’analisi approfondita tale istanza si è rivelata boomerang.

Sono state rilevate “ingerenze da parte della criminalità organizzata che hanno compromesso la libera determinazione e l’imparzialità degli organi eletti nelle elezioni amministrative del 2010, nonché il buon andamento dall’amministrazione e il funzionamento dei servizi”.

Va premesso che “l’amministrazione comunale è stata oggetto di un attento monitoraggio delle forze dell’ordine” in particolare dei carabinieri del reparto operativo di Brindisi, oltre che oggetto da parte della procura della Repubblica in più indagini in cui è coinvolto Cascione.

Il prefetto Nicola PreteIl sindaco e gli assessori.  Il lavoro di indagine è suffragato da una informativa dei carabinieri. E’ emersa “una particolare rilevanza di frequentazioni di alcuni amministratori comunali in carica con soggetti gravati da precedenti penali”. 

“Spicca – si legge –il ruolo determinante del sindaco che all’interno della giunta individua argomenti all’ordine del giorno, proponendo delibere e soluzioni da adottare in piena autonomia”. Sulla posizione di Cascione la cui famiglia “è stata sempre presente dal 1983 a oggi negli organi elettivi” la commissione prefettizia scrive che si segnalano episodi indicativi “di una precipua vicinanza ad ambienti criminosi cellinesi”. Ecco i riferimenti: “La partecipazione nel luglio 2010 al funerale di un pregiudicato vicino al clan della Scu” che non sarebbe “pienamente giustificabile in ragione della sua attività professionale di legale del defunto”.

Poi “singolare appare la vicenda dell’incendio del chiosco di proprietà comunale ceduto a titolo gratuito a un pregiudicato per esercizio dell’attività di ristorazione priva di autorizzazione sanitaria e amministrativa, ripristinato a spese del Comune, per intervento del medesimo sindaco denunciato per abuso d’ufficio”.

Poi la costituzione dell’ufficio di staff: “vi figurano in quanto assunti a tempo determinato persone che appartengono a liste del sindaco e non risultano non eletti. Tutti non hanno svolto attività di staff ma sono stati destinati a svolgere attività di ufficio”. Tra cui l’anagrafe, all’interno del quale uno di questi firmava i cartellini per il rilascio delle carte d’identità. Emerge un quadro di “scarsa attitudine della compagine amministrativa al rispetto delle regole” in cui si colloca anche “la vicenda del pluripregiudicato affiliato a un clan, fratello di alcuni altri pregiudicati, che ha beneficiato dall’Ente della realizzazione di una struttura frangipioggia da 15mila euro. L’opera sarebbe stata ottenuta a seguito dell’aggressione verbale subita dal responsabile dell’ufficio tecnico”. Naturalmente sul caso vi è un procedimento penale presso la procura della Repubblica.

“Nell’estate del 2011 lo stesso soggetto avrebbe autonomamente sostituito la caldaia dell’appartamento presso alloggi ex Omni di proprietà del Comune, senza richiesta, ma presentando poi la richiesta di risarcimento direttamente al Comune”. Vi furono alterchi, poi la risoluzione della querelle fu curata direttamente dal sindaco che “invitò il funzionario a scusarsi”.

Il Consiglio comunale. “Poco interessato alle problematiche cittadine e completamente appiattito sul ruolo del sindaco. Si pensi che nell’anno 2013, la partecipazione contemporanea di tutti i consiglieri è stata raramente registrata”. Un consigliere di minoranza avrebbe tra l’altro “espresso timori per la partecipazione alle sedute, a causa di aggressioni verbali e per il clima di intimidazione avvertito”. Quanto agli assessori ce n’è uno su cui si sono concentrate in particolar modo le verifiche ispettive perché “denunciato alla competente autorità giudiziaria per concorso nell’acquisto di droga. E’ stato “più volte controllato in compagnie di pregiudicati e in particolare del nipote” di una persona di spicco. E’ cugino di primo grado di un altro elemento di spicco della Sacra corona. E’ fratello di un pregiudicato per truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e via dicendo per lavori appaltati proprio dal Comune. Indaga la procura.

Gli affidamenti diretti, anche per i lavori in una scuola. “Sintomatica dell’ingerenza della criminalità organizzata appare la gestione del delicato settore degli appalti pubblici, che è caratterizzata da numerosi affidamenti diretti posti in essere senza le necessarie procedure negoziate”. In totale sono 61 mila euro in 15 mesi, affidamenti tutti curati dal responsabile dell’Utc con incarichi diretti.

Uno in particolare? I lavori presso una scuola, affidati a una ditta che non ne aveva i requisiti, con la costituzione di una società fittizia, e eseguiti male tanto da far ipotizzare ai finanzieri della tenenza di San Pietro Vernotico il reato di frode in pubbliche forniture. Quindi “gravissime carenze istruttorie nell’iter procedimentale”. Una delle ditte in questione è di un pregiudicato per associazione mafiosa finalizzata al porto abusivo di armi, stupefacenti ed estorsioni”. Lavora con l’ente pubblico “attraverso una commistione di atti emessi da giunta, sindaco, e responsabile Utc dall’aprile 2012 al 2013 sino a pochi giorni prima dell’insediamento della Commissione di indagine”. Molti degli interventi risultano “assolutamente uguali”.  E per altro “nel periodo di appena un anno risultano affidati e liquidati interventi per complessivi 42.361 euro”.

Assunzioni. Alcuni soggetti sarebbero stati assunti per tramite di agenzie interinali o cooperative che evidenziano rilevanti “situazioni di cattiva gestione”. Ma veniamo al personale assunto. Un impiegato per servizio di vigilanza presso le strutture scolastiche, con fratello pregiudicato. Un uomo che ha svolto spesso servizio presso l’Utc e su cui si segnalano frequentazioni con un pluripregiudicato. Un’altra persona, assunta tramite agenzia interinale, con rapporti sospetti.

Il procuratore capo Marco DinapoliErogazione di contributi e il business degli incidenti stradali: mille euro nel settembre 2012 alla convivente di pregiudicato affiliato alla Scu, per il pagamento del funerale del fratello, Antonio Presta, 29 anni, ucciso a San Donaci. I funerali si celebrarono a Cellino San Marco, ma il feretro tumulato a San Donaci. “La signora – secondo quanto riportato nella relazione – non aveva alcun titolo a ricevere il contributo in quanto la famiglia non risultava residente a Cellino”. Poi “il contributo di mille euro per i funerali di un uomo deceduto in Austria”.

Business inoltre il risarcimento danni per “insidie stradali”:  vi è un “sensibile aumento delle irregolarità” tra cui è importante stando alla relazione prefettizia “la transazione intervenuta ni confronti dell’addetto all’ufficio del sindaco per danni occorsi alla propria autovettura causa di una buca” nonché quella a favore di una persona contigua alla Scu “per le lesioni riportate dal figlio in seguito a una caduta in bicicletta”.

Insomma, tirando le somme, c’è “una gestione della cosa pubblica in violazione delle normative vigenti” posta in atto da Sindaco che “assume ruolo strategico”. Oltre che “l’asservimento della funzione a interessi privati”. Tutto ciò condiviso dal procuratore della Repubblica di Brindisi, Marco Dinapoli e dai vertici delle forze dell’ordine nella riunione del 15 gennaio 2014, appositamente convocato.

“Le intimidazioni mediante l’incendio di beni, i comportamenti – in conclusione – rendono nel loro insieme plausibile l’ipotesi di un progressivo condizionamento degli amministratori da parte della criminalità organizzata”. Tutti a casa, dunque. Mentre sui fatti approfonditi proseguono le indagini della magistratura. 

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