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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Cittadella della ricerca, fusione nucleare: i dubbi di Legambiente

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Lorenza Mastrolilli del direttivo del circolo di Legambiente Brindisi

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Lorenza Mastrolilli del direttivo del circolo di Legambiente Brindisi “Tonino Di Giulio” sulla candidatura della Cittadella della ricerca all’esperimento Divertor Tokomak Test.

Si è chiuso il 31 gennaio il bando Enea finalizzato alla scelta di un sito per l'esperimento Divertor Tokomak Test. Sono nove le proposte pervenute da parte di varie regioni, in qualche caso associate; fra esse c'è la Regione Puglia, che ha indicato come sito possibile quello della Cittadella della Ricerca situata fra Brindisi e Mesagne.

I tempi previsti per lo sviluppo di tale impianto sono: avvio dell'istallazione 2020, sette anni per la costruzione, 25 anni per la sperimentazione ed infine trasposizione operativa nella macchina Demo per altri 25 anni per verificare la produzione elettrica.
La posizione ufficiale di Legambiente sull'argomento è indicata nel documento allegato riportato anche sul periodico Nuova Ecologia.

Abbiamo già evidenziato la confusione innescata a Brindisi da due scelte estremizzanti, da un lato quella di chi ha indicato il sito della Cittadella senza minimamente prevedere una fase preliminare di informazione e di consultazione e dall'altro lato, quella di chi ha alimentatole paure di chi ha vissuto o letto gli effetti degli incidenti registratisi ripetutamente in centrali elettronucleari, fra i quali basti ricordare l'esplosione nell'impianto Ucraino di Chernobyl.

E' giusto precisare che le centrali elettronucleari sono impianti fondati sulla tecnologia della fissione e non della fusione, ma sarebbe troppo semplicistico ricordare che la principale forma di fusione è quella offerta dal sole. I principali esperimenti di fusione posti in essere, non hanno mai portato ad una efficienza energetica tale da giustificare la messa in produzione e conseguentemente l'enorme investimento finanziario connesso ed è anche semplicistico escludere qualsiasi forma di radioattività che, pur non rapportabile a quella legata ai processi di fissione, comunque richiede un confinamento delle scorie per 23 anni, dopo cui si ha il decadimento.

Il problema principale però è quello posto dai tempi indicati nel bando e da quelli ricavabili da sperimentazioni in corso, ad esempio in Provenza (progetto Iter) ed in Germania. Nelle sperimentazioni in corso atomi di deuterio e trizio entrano in una reazione ad altissima temperatura e da questo plasma attualmente si è arrivati ad una produzione energetica brevissima e decisamente inferiore all'energia immessa.

E' vero che nel momento in cui si svolgeva il referendum del 1987 contro il nucleare da fissione l'ambiente scientifico – anche quello indipendente – guardava con un certo interesse alla ricerca tesa alla realizzazione di reattori nucleari a fusione, ma non si è mai arrivati alla immissione sul mercato di questo reattore. In ogni caso ciò che dovrebbe guidarci è la pianificazione energetica mondiale (ovviamente non soffermandoci sulle uscite “estemporanee” di Trump) e la politica energetica europea, con particolare riferimento all'Energy Road Map al 2050 che prevede che i consumi elettrici continentali sono coperti all'80% dalle fonti rinnovabili.

Sarebbero quindi da incentivare la ricerca, l'assistenza ed il sostegno per programmi di efficentamento energetico e diffusione di impianti da fonti rinnovabili, ma anche la realizzazione di quegli insediamenti che Legambiente ha da tempo proposto per sostituire la dismessa centrale di Brindisi Nord, nel progetto del Parco Tecnologico delle Energie Rinnovabili (Pater).

Per concludere Legambiente non intende demonizzare la ricerca e la sperimentazione della fusione, ma conferma ampie critiche rispetto al “silenzio” che ha caratterizzato la proposta e soprattutto rispetto all'anacronismo di un costosissimo esperimento, del quale sono tutte da dimostrare le ricadute imprenditoriali ed occupazionali in loco e l'efficacia di un investimento che soltanto fra una cinquantina d'anni, ammesso che si riesca a rendere fattibile una produzione elettrica prolungata, potrà portare ad un impianto operativo in uno scenario energetico che è auspicabile, avrà già preso altre strade. Per altro l'impianto sperimentale di produzione elettrica, per le sue dimensioni e per l'impatto territoriale non potrebbe mai essere collocato nell'area della Cittadella della ricerca.

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