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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Contributi Arneo, "richieste illegittime": consorzio condannato a restituire i soldi

"L'Arneo non ha alcun diritto a chiedere e riscuotere i contributi dal '97 al '99 perché non è stato dimostrato alcun intervento di manutenzione utile, tale da essere considerato come vantaggio specifico e diretto per gli immobili": il Tribunale di Brindisi ha condannato il Consorzio a restituire a dieci proprietari le somme incassate dopo aver fatto ricorso alle cartelle esattoriali

BRINDISI – “L’Arneo non ha alcun diritto a chiedere e riscuotere i contributi dal ’97 al ’99 perché non è stato dimostrato alcun intervento di manutenzione utile, tale da essere considerato come vantaggio specifico e diretto per gli immobili”: il Tribunale di Brindisi ha condannato il Consorzio a restituire a dieci proprietari le somme incassate dopo aver fatto ricorso alle cartelle esattoriali.

La pronuncia del giudice civile è diventata definitiva e sembra destinata a costituire un “precedente” importante nella vicenda tornata d’attualità negli ultimi giorni, sull’asse Brindisi-Bari, dove i contributi per l’Arneo infiammano il dibattito politico, in aggiunta ai nodi sulla sanità e sull’ambiente che il neo governatore della Puglia, Michele Emiliano, dovrà sciogliere. La sentenza porta la firma del giudice Tonia Rossi ed è arrivata a distanza di anni dall’atto di citazione presentato dall’avvocato Fabio Leoci, del foro di Brindisi, in nome e per conto di dieci proprietari di immobili “ad uso civile fabio leoci-2abitazione”, tra Brindisi, Carovigno e Serranova, che nel ’97 si videro notificare cartelle esattoriali con intimazione di pagamento di importi compresi tra 150mila lire e 250. C’era ancora il vecchio conio. Ne sono passati 15 di anni, prima che la giustizia civile facesse il suo corso. Giustizia lumaca. Purtroppo sì. Ma questa è un’altra storia. Quel che conta, ora, è l’assunto sul quale il civilista ha imbastito il ricorso da cui è scaturita la decisione del Tribunale (nella foto a destra, Fabio Leoci).

Innanzitutto l’avvocato Leoci ha sostenuto che l’onere della prova, alla base del processo, vale a dire la “dimostrazione degli interventi eseguiti” spetta non già agli attori (i brindisini che hanno citato il consorzio), ma all’Arneo, perché “per quanto concerne la manutenzione delle opere di prevalente uso ed interesse dei consorziati, la Regione concorre alla spesa sino all’80 per cento della stessa, sia che si tratti di opere realizzate a suo tempo dal Ministero dell’Agricoltura, delle foreste e della Cassa del Mezzogiorno, sia che si tratti di opere realizzate dalla stessa Regione”. 

Nella sentenza il giudice sottolinea che “il contributo viene graduato tenendo conto sia del beneficio ricavato dagli utenti, che del limite di sopportabilità dell’onere da parte della contribuenza”. E che “gli interventi da eseguire in ciascun esercizio finanziario sono deliberati dalla Giunta”. Di conseguenza, “in un sistema così regolato dal legislatore regionale, andrebbe contro ogni logica e coerenza, nonché con il principio di vicinanza della prova, imporre ai proprietari di dimostrare che opere oggetto di domanda di pagamento rientrino o meno tra quelle coperte integralmente dai finanziamenti regionali”.

Fatta questa premessa, il giudice è entrato nel merito della pretesa dell’Arneo, rammentando che “l’attività dei consorzi di bonifica è di supporto allo sviluppo dell’agricoltura” e che è “divenuta strumento di protezione e difesa del territorio agricolo e urbano attraverso il mantenimento in efficienza delle canalizzazioni che raccolgono acque reflue. Pertanto – si legge ancora – il beneficio fondiario, quale requisito dell’imposizione contributiva, deve intendersi anche come relativo a un’azione di prevenzione rispetto ai rischi di allagamento e di degrado ambientale in caso di ostruzione o malfunzionamento dei canali presenti sul territorio. Rischi che inciderebbero negativamente sullo stesso valore dei terreni interessati”.

Il vantaggio legato al pagamento del contributo dovrebbe essere “diretto e specifico, alla stregua di una vera e propria qualità del fondo e deve essere conseguito o conseguibile dal singolo bene a causa e per effetto di iniziative e attività del Consorzio”. Ed è proprio per accertare se ci siano o meno stati vantaggi  che è stata disposta una consulenza tecnica: secondo il perito “il tributo imposto riguarda per la massima parte unità immobiliare urbane, alcune addirittura nel centro storico, fatta eccezione per tre fondi rustici in agro di Brindisi e Carovigno” e le opere sono state per lo più “di manutenzione ordinaria, quasi tutte finanziate dalla Regione”. Per questi motivi, il consulente ha “riscontrato che nessun vantaggio specifico e diretto può essere derivato agli immobili” dal momento che si è trattato solo di “opere di bonifica destinate a scopi di interesse generale, tale da comportare il miglioramento complessivo dell’igiene e della salubrità dell’aria e come tali ritenuti non idonei a giustificare l’obbligo di contribuzione”.

Il giudice, quindi, è arrivato alla conclusione secondo cui va “dichiarata la insussistenza del diritto del Consorzio alla riscossione dei contributi relativi al 1997, 1998 e 1999 , come richiesti e versati dagli attori, non avendo per tali annualità, l’Arneo dimostrato di aver effettuato interventi di manutenzione a sue spese, direttamente e specificamente utili per i fondi, tali da costituire un vantaggio”. Il Consorzio dovrà “restituire le somme delle cartelle esattoriali, oltre interessi legali a far data dalla sentenza”. Pronuncia definitiva. 

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