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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Crollo della falesia, sequestrata l'area. Una storia che dura da troppi anni

BRINDISI – E’ sotto sequestro per ordine del pm Antonio Costantini l’intera area interessata alla drammatica fine del giovane stagista tarantino Paolo Rinaldi. Quasi certamente il magistrato designerà un consulente tecnico per valutare il fattore di rischio presente in quel tratto di costa dove, in estate si affollano parecchie decine di bagnanti, che diventano centinaia se si segue l’ormai esiguo filo della spiaggia sino a Baccatani e al Canale Reale, che precedono il promontorio di Torre Guaceto. Si spera che nomini un perito, così una volta per tutte sarà chiaro cosa bisognava fare, cosa è stato fatto e cosa non è stato fatto per mettere in sicurezza quel tratto di litorale.

BRINDISI – E’ sotto sequestro per ordine del pm Antonio Costantini l’intera area interessata alla drammatica fine del giovane stagista tarantino Paolo Rinaldi. Quasi certamente il magistrato designerà un consulente tecnico per valutare il fattore di rischio presente in quel tratto di costa dove, in estate si affollano parecchie decine di bagnanti, che diventano centinaia se si segue l’ormai esiguo filo della spiaggia sino a Baccatani e al Canale Reale, che precedono il promontorio di Torre Guaceto. Si spera che nomini un perito, così una volta per tutte sarà chiaro cosa bisognava fare, cosa è stato fatto e cosa non è stato fatto per mettere in sicurezza quel tratto di litorale.

Appena il 7 agosto scorso BrindisiReport.it ha dato la notizia di un’ordinanza della Capitaneria di Porto di Brindisi che vietava l’avvicinamento a meno di tre metri dalla battigia nei tratti antistanti la falesia in frana. Questo provvedimento ne bissava uno del maggio del 2008, quando l’autorità marittima dava seguito ad una riunione tecnica del precedente mese di marzo (assenti Comune di Brindisi e Regione Puglia), in cui si chiedeva al Consorzio di gestione della riserva di produrre una relazione tecnica sui fattori di rischio. La Capitaneria è stata coerente per la parte di propria competenza (gli specchi d’acqua prospicienti la fascia demaniale), adottando non una semplice misura di segnalazione del pericolo, ma un provvedimento d’interdizione.

Solo carta? Fatto sta che sul versante della terraferma il Comune non ha fatto la stessa cosa, quindi in estate sotto la falesia tra Apani e Torre Guaceto ci passano la giornata centinaia di bagnanti (kite e windsurfisti ci vanno anche in inverno). E non è accaduto mai nulla, almeno sino a stamani. E adesso cambia tutto. La Protezione civile regionale stamani ha inviato sul posto i tecnici del Genio civile di Brindisi per un sopralluogo. Ma una relazione del Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Puglia e Basilicata del 30 giugno 2010 era stata la ragione della seconda ordinanza di interdizione emessa dalla Capitaneria, oltre alla relazione – richiesta nel 2008 - depositata il 2 aprile scorso dal direttore della riserva di Torre Guaceto, Alessandro Ciccolella. Ci voleva altro?

Ma questa vicenda, di cui ci occupiamo da lungo tempo a rischio di diventare ossessivi, ha risvolti non solo brindisini. La questione di fondo è che l’intero litorale della provincia di Brindisi da Lendinuso a Torre Canne ha numerosi ed estesi hot spot di erosione. Solo per restare al capoluogo, il mare si è mangiato la costa sino alla strada litoranea, le spiagge di Punta Penne, sta per aggiungere al bottino Torre Testa, ha toccato già alcune delle case dei tempi d’oro dell’abusivismo costiero. La bella spiaggia di Pennagrossa nella riserva marina è sempre più stretta, e così si arriva sino alle scogliere di Torre Pozzella a Ostuni, che le onde erodono staccandone massi, e alla spiaggia del Pilone.

Ma per gli autori del progetto di Piano regionale delle coste, grazie anche all’assenza dei brindisini dai tavoli tecnici, il litorale tra Torre Canne e Lendinuso è paradossalmente in avanzamento tranne alcuni tratti limitati. Tutto ciò che è stato valutato, misurato e scritto in passato, dalla Provincia ai tempi della “guerra della sabbia” e ancor prima dalla stessa Guardia costiera, non è stato tenuto in considerazione solo perché tali atti non sono stati forniti al comitato scientifico del piano. Grandi responsabilità hanno i Comuni costieri brindisini. E quello capoluogo ha trasmesso uno studio con un progetto da 10 milioni di euro per dotare di barriere frangiflutti i tratti in pericolo, ma – hanno fatto sapere gli uffici regionali – fuori termini e quindi non ricevibili.

Insomma, ritardi e burocrazia fanno il loro solito lavoro. Cosa dice l’assessore regionale alla Protezione civile, Fabiano Amati, al cospetto della tragedia caudata da un masso di argilla e sabbie compresse? “Stiamo crepando tra dissesto idrogeologico e suolo indifeso. Esprimo il cordoglio del governo regionale pugliese e mentre lo faccio mi rendo conto quanto queste parole determinino la morte nel cuore e allo stesso tempo, la rabbia nel vedere inascoltati gli appelli degli amministratori locali, provinciali e regionali, nel chiedere al governo un punto di priorità su questi temi”. Appunto per questo bisognerebbe fare qualcosa per recuperare il progetto di Brindisi, magari con una conferenza dei servizi, e rivedere una situazione che più a rischio di così non si può.

Più in generale, bisogna poi fare ciò che tutti lamentano quando le catastrofi o gli incidenti sono già avvenuti: dare retta ai geologi, e utilizzarli stabilmente nelle progettazioni di maggiore impatto. Eliminando mine vaganti depositate dalla politica e dalla burocrazia, come nel caso della Provincia di Brindisi, dove il posto di geologo è vacante da svariati anni, e dal 2003 tra i titoli richiesti c’è la laurea in Economia e commercio, settore difesa del suolo, oppure in Biologia, oppure in Agraria. Risultato, un lungo contenzioso davanti alla giustizia amministrativa con il geologo che c’è e non viene utilizzato  (prossimo appuntamento di una causa tramandata da Michele Errico a Massimo Ferrarese, martedì prossimo 26 ottobre davanti al Consiglio di Stato su ricorso di Tommaso Elia).

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