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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca San Pancrazio Salentino

Danneggia marciapiede per realizzare un altarino in onore di un santo: assolto dal Tribunale

Il giudice: “Tenuità del fatto”. L’imputato, 60 anni, sotto processo dopo denuncia della polizia locale. Il pm aveva chiesto la condanna a quattro mesi

SAN PANCRAZIO SALENTINO – Voleva realizzare un altarino in onore di un santo su un marciapiede vicino alla sua abitazione. E per portare a termine il piccolo progetto di “costruzione” simbolo di devozione religiosa, aveva smantellato un pezzo di marciapiede, guadagnando una denuncia per danneggiamento per poi finire sotto processo: dopo un anno di udienze, il brindisino, 60 anni, residente a San Pancrazio Salentino, è stato assolto per “particolare tenuità del fatto”.

Il caso

Aula Metrangolo tribunale Brindisi 3-2-2-2La vicenda alquanto singolare emerge dagli atti processuali, all’indomani della sentenza pronunciata dal Tribunale di Brindisi, in composizione monocratica (giudice Angelo Zizzari), a conclusione del dibattimento iniziato per effetto della denuncia sporta dal comandante della polizia municipale del comune di San Pancrazio Salentino (ora polizia locale) il 25 agosto 2016.

Quella mattina, attorno alle 9, i vigili urbani furono “allertati dal responsabile dell’ufficio tecnico comunale” il quale riferiva che qualcuno stava “eseguendo lavori non autorizzati di manomissione del marciapiede in via delle Dolomiti, all’altezza del civico 8”, in prossimità dell’ingresso della sua abitazione. Così è scritto nella denuncia firmata dal comandante Maria Annunziata Puricella (peraltro avvocato).

La denuncia

Sul posto gli agenti e l’architetto del Municipio trovarono un uomo il quale – si legge – “ammetteva che stava effettuando operazioni di smantellamento del marciapiede”. Spiegò subito il motivo: “Aveva intenzione di realizzare un altare di piccole dimensioni in onore di un santo”, essendo un credente, cattolico, molto devoto. In altri termini, un danneggiamento – stando al codice penale – legato a motivazioni religiose. I poliziotti municipali lo invitarono a “ripristinare immediatamente lo stato dei luoghi” e sporsero denuncia evidenziando che l’uomo aveva “distrutto un marciapiede, bene immobile del Comune, destinato al pubblico utilizzo”. Condotta penalmente rilevante e quindi punibile, a prescindere dalle ragioni di devozione o meno. Tanto è vero che allegarono sei fotografie del marciapiede a titolo di prova.

L’accusa e la richiesta di condanna

Il pubblico ministero, di fronte all’evidenza, esercitò l’azione penale citando direttamente a giudizio il brindisino, senza passare dall’udienza preliminare. Da qui l’inizio del processo con l’accusa di danneggiamento e la contestazione della recidiva reiterata, poiché “rendeva in parte inservibile il marciapiede dopo aver smantellato i mattoni”, è scritto nel capo di imputazione.

Confermando l’accusa mossa inizialmente, il pm aveva chiesto la condanna alla pena di quattro mesi di reclusione, al netto della riduzione di un terzo legata alla scelta del rito abbreviato da parte degli avvocati difensori. Più esattamente abbreviato condizionato all’acquisizione della relazione tecnica relativa alla descrizione dello stato dei luoghi, vale a dire il marciapiede destinato alla realizzazione dell’altarino.

La difesa e le motivazioni della sentenza

Aula Metrangolo tribunale Brindisi 5-2I penalisti Anna Chiara Delliponti e Diego Libraro del Foro di Brindisi avevano invocato l’assoluzione sostenendo che non ci fu alcun danneggiamento e che comunque il fatto non fosse punibile per l'esiguità del disvalore della condotta. Il giudice, con motivazione contestuale, tenuto conto degli elementi dell’istruttoria, ha concluso stabilendo l’assoluzione dell’imputato “non essendo punibile per la particolare tenuità del fatto”, aderendo quindi alla richiesta degli avvocati. Anche perché lo stesso imputato, due mesi dopo, aveva ripristinato il marciapiede, come risulta dalla relazione richiesta dalla difesa e affidata a un geometra iscritto all’albo della provincia di Brindisi. “Il giudizio di tenuità del fatto richiede una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta e non solo di quelle che attendono all’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto”, si legge nella sentenza. Nel caso concreto, il Tribunale ha ritenuto che “sia configurabile la minima offensività del fatto e della circostanza che dopo il danneggiamento sia avvenuto il ripristino”.

Fine della storia processuale nata per un altarino sul marciapiede. Danneggiato sì, ma a scopo religioso.

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