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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

"Omicidio Tedesco, violenza senza limiti per una questione d’onore familiare”

Depositate le motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo per Andrea Romano, Francesco Coffa e Alessandro Polito: "Si fecero trovare armati in salotto dopo che, a una festa, una bimba di tre anni toccò con le mani sporche un neonato di dieci giorni, nipote della vittima. Spararono anche quando era di spalle. Clima omertoso della gente"

BRINDISI - “Violenza senza limiti e senza scrupoli, una cultura della sopraffazione e del predominio, alimentata dalla rabbia di tutti gli imputati e dalla necessità di affermare l’onore delle famiglie dopo un diverbio a una festa di bambini: tutto questo li induceva a farsi trovare armati all’incontro, a usare le pistole e a sparare anche quando la vittima era di spalle nel tentativo di scappare”.

Sono le motivazioni alla base della condanna all’ergastolo per l’omicidio di Cosimo Tedesco, 52 anni (nella foto accanto),  avvenuto nel salotto di un appartamento che si affaccia in piazza Raffaello, nel rione Sant’Elia, a Brindisi, la mattina del primo novembre 2014: carcere a vita, dal 22 luglio scorso, a conclusione del processo in abbreviato, per brindisini Andrea Romano, 29 anni, Alessandro Polito, 31, e Francesco Coffa, 34, riconosciuti colpevoli del “fatto di sangue” e del tentato omicidio di Luca Tedesco, figlio della vittima, con l’aggravante dei “futili motivi”.

Perché il contesto in cui avvenne la tragedia, stando a quanto si legge nella motivazione depositata ieri alla scadenza dei 90 giorni, è da ricondurre al compleanno di una bambina, nipote della vittima, durante la quale un’altra bimba di tre anni, figlia di un’amica della madre della festeggiata, si avvicinò a un neonato di appena dieci giorni che stava dormendo nel passeggino per toccarlo. Non una volta, ma diverse.

Omicidio in piazza Raffaello, rilievi sul luogo della sparatoria 4-2

Il piccolo era nipote di Tedesco. Ci fu un battibecco tra adulti. I genitori della bambina andarono via. Poi una girandola di telefonate subito dopo la festa e sino al mattino successivo, quando Cosimo Tedesco raggiunse Romano nell’abitazione di quest’ultimo. Di lì a poco la tragedia. Ma i residenti della zona, sono stati ritenuti “omertosi” dal gup Paola Liaci in sentenza: “ascoltati subito dopo la sparatoria dichiararono di non aver sentito nulla, di non aver visto nessuno”. Elementi ritenuti importanti, invece, sono arrivati dalle testimonianze dei familiari, dal contenuto di alcune intercettazioni ambientali e telefoniche, nonché dai risultati dell’autopsia in ordine alla dinamica.

Secondo il gup “risulta di solare evidenza l’abissale sproporzione esistente tra il sacrificio di una vita umana e il motivo alla base della condotta. Anzi, l’aver agito per tale motivo, per un proposito di vendetta e di affermazione del proprio onore, è indice univoco di un istinto criminale più spiccato e di una maggiore pericolosità degli imputati. Lo stesso contesto culturale che a dire dei difensori escluderebbe la possibilità di ritenere sussistente la contestata aggravante viene escluso proprio da soggetti che a quel contesto dovrebbero appartenere, ma che evidentemente percepiscono il tutto esattamente per quello che è, ovvero un futile motivo”. A questa direzione rimandano le conversazioni intercettate in cui si parla di una “cretinata”.

Il primo dato certo che emerge dagli atti è, infatti,  il movente dell’intera vicenda che risiede nel diverbio che si è verificato la sera del 31 ottobre 2014 in un locale del rione Bozzano dove era in corso la festa tra bimbi con una cinquantina di adulti. Si rendeva necessario un chiarimento Cosimo Tedesco e Andrea Romano”, si legge nella sentenza. “Nella vicenda sono molteplici i comportamenti tenuti da tutti i soggetti coinvolti che risulta davvero difficile spiegare con i normali criteri di logica e per i quali si deve avere necessariamente presente la mentalità criminale che connota gli autori dell’omicidio e tutto l’ambiente che gravita intorno a loro”.

i carabinieri in piazza raffaello-2

Certo anche che “fu Romano a esplodere i colpi di arma da fuoco all’indirizzo di Cosimo Tedesco, come da questi ammesso e confermato dai rilievi tecnico-scientifici. Erano presenti Sandro Polito e Francesco. Tedesco muore in ospedale per arresto cardiocircolatorio da shock emorragico massivo secondario a lesioni del polmone destro, del fegato e dello stomaco, da ferite da arma da sparo a proiettili singoli. Mentre Francesco Coffa è colui che spara a Luca Tedesco”.

“Credibili – scrive il giudice -  le dichiarazioni di Luca Tedesco dopo l’iniziale silenzio prima di essere sottoposto a intervento chirurgico quando nulla di utile riferiva in merito agli autori della sparatoria, riferendo di non avere riconosciuto alcuno, che ben può trovare una logica spiegazione nel timore che il medesimo avesse nei confronti degli imputati ovvero nella logica di voler regolare i conti privatamente come emerge da una conversazione intercettata tra lui e una coppia di suoi amici”. Lo stesso vale per Luciano Tedesco che ha “rielaborato i ricorsi, collegata anche alla edulcorazione del vissuto emotivo, proprio delle vicende stesse”. Peraltro non sembra al giudicante che, dal tenore complessivo di tali dichiarazioni, emergano sentimenti di rivalsa e vendetta nei confronti di alcuno”

Al contrario “non risulta credibile la versione fornita da Romano secondo cui avrebbe preso la pistola che si trovava sulla cappa della cucina, solo a seguito del fare minaccioso di Tedesco e avendo pensando erroneamente che questi stesse per estrarre una pistola e dopo una colluttazione”. Ma resta il punto interrogativo su cosa sia “realmente successo” perché non è dato sapere “né cosa abbia fatto surriscaldare gli animi al punto da indurre Romano con l’appoggio degli altri due imputati che, armati a loro volta ben potevano prevedere i tragici sviluppi, a esplodere ben tre colpi di pistola”. Secondo il gup “è certo che armato fosse Polito, verosimile che lo fosse Coffa”.

Una pattuglia del Norm in piazza Raffaello-2“Né si può ragionevolmente pensare che con l’esplosione di tre colpi che hanno posto termine alla vita di Tedesco, attingendolo per due volte a organi vitali, Romano e i suoi complici non si fossero prefigurati, accettandone il rischio, l’evento fatale”. Anzi. Il giudice sostiene anche che tutti “fossero pronti a usare le armi” sulla base dell’evoluzione degli eventi “atteso che Coffa per agevolare la propria fuga e quelle suoi complici, Polito e Romano, non ha esitato a esplodere altri colpi all’indirizzo di Luca Tedesco, due dei quali lo attingevano in zone vitali, ponendo così il medesimo in serio e concreto pericolo di vita. Così come Alessandro Polito non ha esitato a puntare l’arma contro Luciano Tedesco mentre il padre era riverso per terra agonizzante e poi a sparare in aria”.

Questo però, secondo il giudice, non deve portare a ritenere sussistente l’aggravante della premeditazione contestata dal pm. Sul punto i difensori hanno dibattuto parecchio. “Non può ragionevolmente ritenersi che Romano quando telefona dopo la festa e Polito nelle chiamate successive per chiedere un chiarimento tra Cosimo Tedesco e Andrea Romano, avessero già maturato la volontà di uccidere”. Non solo. “Una simile intenzione va esclusa dal luogo e dal giorno in cui l’incontro avviene, un appartamento e alle ore 12 di un giorno di festa”.

La “direzione obliqua dei colpi consente di ritenere che la bocca dell’arma si trovasse su un piano leggermente superiore, con la conseguenza che Romano continuò a sparare mentre Cosimo Tedesco si trovava per terra. L’ultimo colpo lo attinge alla regione dorsale, dunque mentre si trovava di spalle, verosimilmente cercando di scappare”. La conclusione del giudizio ha portato all’ergastolo che i difensori hanno anticipato di voler appellare.

Per Romano, i difensori Cinzia Cavallo e Ladislao Massari avevano chiesto la derubricazione del reato da omicidio volontario in preterintenzionale sostenendo che l’imputato ha sì sparato, ma non voleva uccidere. Per Polito, difeso da Cinzia Cavallo e Giuseppe Corleto, era stata chiesta l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Richiesta identica era stata avanzata per Francesco Coffa, difeso dagli avvocati Massimo Murra e Agnese Guida. Romano risponde anche di evasione dagli arresti domiciliari, rendendosi irreperibile sino al 25 febbraio. Quanto alla latitanza di Romano, sono stati già condannati Cosimi Remitri e Giuseppe Prete, le cui posizioni pendono in Appello dopo il ricorso presentato dall’avvocato Giacomo Serio.

Nel processo per l’omicidio si sono costituiti parte civili i familiari di Cosimo e Luca Tedesco, con l’avvocato Paolantonio D’Amico: il legale ha chiesto la somma complessiva di un milione e mezzo di euro a titolo di risarcimento dei danni patiti per il figlio della vittima, Luca, a sua volta rimasto ferito nell’agguato, per la mamma Marta Capozza e per la nonna Anna Maria Morciano. Nessuna richiesta, invece, da parte del fratello della vittima, Giuseppe Tedesco, condannato in via definitiva all’ergastolo per tre omicidi ricostruiti dal pentito Vito Di Emidio, alias Bullone.

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