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Cronaca

Dopo l'agguato girava con una calibro 9 e il colpo in canna

BRINDISI – Che cosa aveva intenzione di fare Franco Locorotondo, 36 anni, di Mesagne, già noto alle forze dell’ordine, che se ne andava in giro armato di una pistola Beretta con dodici cartucce nel caricatore e una in canna? Lo stanno cercando di scoprire i carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di San Vito dei Normanni che verso le 21,30 di ieri sera, durante con controllo, lo hanno trovato alla guida della sua vettura, con l’arma infilata nella cintura dei pantaloni. Una rapina? Faceva da staffetta a qualche complice che trasportava un carico prezioso? O magari ha timore che qualcuno lo possa ammazzare?

BRINDISI – Che cosa aveva intenzione di fare Franco Locorotondo, 36 anni, di Mesagne, già noto alle forze dell’ordine, che se ne andava in giro armato di una pistola Beretta  con dodici cartucce nel caricatore e una in canna? Lo stanno cercando di scoprire i carabinieri  del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di San Vito dei Normanni che verso le 21,30 di ieri sera, durante con controllo, lo hanno trovato alla guida della sua vettura, con l’arma infilata nella cintura dei pantaloni. Una rapina? Faceva da staffetta a qualche complice che trasportava un carico prezioso? O magari ha timore che qualcuno lo possa ammazzare?

Le ipotesi sono tutte e tre al vaglio dei carabinieri della compagnia comandata dal capitano Ferruccio Narracci. C’è però il particolare del colpo in canna che fa propendere più per l’ipotesi che l’uomo teme di poter essere nuovamente vittima di qualcuno che già nel marzo scorso lo voleva far fuori.

E’ la sera del 26 marzo scorso quando Franco Locorotondo lascia la l’ “Autosalone IL” del  fratello, situato a Mesagne in via San Donaci. A bordo della sua Bmw ha percorso pochi chilometri quando viene affiancato da una vettura Suv da bordo del quale gli sparano contro, a bersaglio pieno, tre colpi di fucile calibro 12. Locorotondo rimane ferito. I sicari scappano, lui riesce a raggiungere l’ospedale di Mesagne da dove lo trasferiscono immediatamente al Perrino di Brindisi nel quale viene sottoposto a intervento chirurgico. Si salva. Le indagini vengono svolte dal Commissariato di Mesagne.

Locorotondo non è un nome nuovo per gli investigatori. Lo ritengono contiguo agli ambienti della Sacra corona. E’ stato indagato per estorsione. Qualche tempo prima era stato arrestato dai carabinieri a Francavilla Fontana perché trovato in possesso di una cospicua quantità di sostanza stupefacente. Probabilmente era entrato in rotta di collisione con qualcuno molto più forte di lui nell’ambito malavitoso che aveva decretato la sua eliminazione fisica.

Ieri sera è stato fermato ad un posto di controllo dei carabinieri lungo la provinciale 605 che collega questo centro con Mesagne. Era alla guida di una Opel Corsa. I carabinieri hanno svolto gli accertamenti di routine: documenti, verifica alla centrale operativa per eventuali carichi pendenti nei confronti del controllato, provenienza della vettura (se è rubata) e infine controllo dell’assicurazione. I carabinieri accertano che ha precedenti ma nessun conto in sospeso e scoprono che il tagliando dell’assicurazione è falso.

Il trasferimento nella caserma è d’obbligo. L’uomo viene perquisito e infilata nella cintura dei pantaloni viene trovata la pistola. Con il colpo in canna. Stando alle notizie trapelate non risponde alle domande degli investigatori che gli chiedono dove stesse andando e che intenzioni avesse.

L’arma ha la matricola abrasa; le cartucce sono Luger 9 millimetri, non incamiciate. Cioè di quelle che quando entrano nel bersaglio si deformano provocando tante lacerazioni al contrario dell’ogiva normale che lede solo in punto che attraversa.

C’è una precisazione da fare prima di descrivere le tre ipotesi. L’arma era pronta a sparare. Le semi-automatiche, come appunto la Beretta 98 Fs che Locorotondo portava con sé, per poter sparare hanno bisogno del cosiddetto “scarrellamento” che consente di spostare la pallottola dal serbatoio nella camera di scoppio e la libera dopo l’esplosione con i gas sprigionati dall’esplosione. Al contrario del revolver (la pistola a tamburo)dove il posizionamento della pallottola avviene meccanicamente per rotazione del tamburo.

Una precisazione necessaria per comprendere che portare un’arma con il colpo in canna sta a significare solamente che da un momento all’altro la si deve usare e quindi non si può perdere tempo nello scartellamento. Se poi si aggiunge la forza devastante delle pallottole a frammentazione.

Le tre ipotesi. Cominciamo dalla rapina. Premettendo che tutto può essere e che i meccanismi della mente umana non sempre è possibile inquadrarli nella logica, ci si chiede se è mai pensabili che un rapinatore vada a mettere a segno un colpo,  in un tabacchino o in un supermercato, con la pallottola in canna. Nelle rapine l’arma serve a spaventare non certo a far fuoco. La rapina è una cosa, l’omicidio tutt’altra. E nella concitazione della minaccia, avendo il colpo in canna, può far partire inavvertitamente il colpo. Quindi un rapinatore serio difficilmente se ne va a commettere una rapina con il colpo in canna.

Fungeva da staffetta. Può essere verosimile. Non si può escludere che stava controllando il percorso in attesa che transitasse un suo complice con un carico magari di droga, o con a bordo un pezzo grosso della malavita. Magari Francesco Campana, che è latitante da diversi mesi e le forze dell’ordine lo cercano senza dargli tregua. Ma anche in questo caso, da chi doveva difendersi Locorotondo girando il colpo in canna? Dai carabinieri in caso di un posto di blocco? Certamente no. Prova ne è che è stato fermato e non ha mosso un dito.

Il timore di essere ammazzato. E’ l’ipotesi più probabile. Ha già rischiato di morire nel marzo scorso. Probabilmente sa che i suoi nemici non vogliono lasciare il conto in sospeso e si è premunito girando armato, con dodici colpi nel serbatoio e uno in canna e con pallottole che fanno male sul serio. Quando fu ferito la prima volta fu colto di sorpresa. Adesso non vuole correre più questo rischio e quindi gira armato. Questo giustificherebbe il colpo in canna, e quindi la necessità di sparare immediatamente, senza perdere un solo istante.

Ma c’è un’altra ipotesi da non sottovalutare. Magari Locorotondo sa chi è stato nel marzo scorso a ordinare la sua morte e non vede l’ora di incontrarlo per regolare il conto. Nel frattempo però è finito in carcere a Brindisi.

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