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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Torchiarolo

Era la villa del "cassiere della Scu", da oggi assegnata alla cooperativa Libera

TORCHIAROLO – Era l’ultimo rifugio di Tonino Screti, a torto o ragione definito per anni il “cassiere della Scu”. Una grande villa in contrada Santa Barbara, tra Torchiarolo e San Pietro Vernotico, circondata da terreni e vigneti già confiscati. Poi, a giugno del 2009, è arrivato il momento in cui Screti ha dovuto lasciare anche la sua grande dimora di campagna. Il secondo problema da risolvere è stato quello dell’ipoteca che gravava sull’immobile, e lì è scattata una sinergia tra la Regione Puglia, che ha pagato parte della somma, e la Banca Popolare Pugliese che ha rinunciato al resto dei soldi. Così, da stamani la villa è passata dalle mani del sindaco Giovanni Del Coco alla gestione della cooperativa Libera Terra, con i buoni auspici del governatore Nichi Vendola e del sottosegretario Alfredo Mantovano.

TORCHIAROLO – Era l’ultimo rifugio di Tonino Screti, a torto o ragione definito per anni il “cassiere della Scu”. Una grande villa in contrada Santa Barbara, tra Torchiarolo e San Pietro Vernotico, circondata da terreni e vigneti già confiscati. Poi, a giugno del 2009, è arrivato il momento in cui Screti ha dovuto lasciare anche la sua grande dimora di campagna. Il secondo problema da risolvere è stato quello dell’ipoteca che gravava sull’immobile, e lì è scattata una sinergia tra la Regione Puglia, che ha pagato parte della somma, e la Banca Popolare Pugliese che ha rinunciato al resto dei soldi. Così, da stamani la villa è passata dalle mani del sindaco Giovanni Del Coco alla gestione della cooperativa Libera Terra, con i buoni auspici del governatore Nichi Vendola e del sottosegretario Alfredo Mantovano.

Torchiarolo ha appena mandato ad amministrare il Comune una maggioranza di centrodestra, ma Nichi Vendola è una superstar. Quando arriva sale l’ovazione, e non solo dei fedelissimi: ci sono bambini e i ragazzi delle scuole, insegnanti, comuni cittadini mescolati ad olivicoltori sul piede di guerra e a un drappello di “No Carbone”. E’ una sintesi dei percorsi e delle vicissitudini attuali di questa parte del Salento. Il governatore piace molto alla gente. E prende subito il timone anche di questa transizione. Guarda tra il pubblico e scorge il papà di Michele Fazio, ucciso a Bari Vecchia da una pallottola vagante quando era poco più di un bambino e tornava a casa dopo una giornata di lavoro.

“Ho di fronte a me il volto di un amico, di un padre –dice- Pinuccio Fazio che un giorno ha perduto suo figlio, un bravo ragazzino che un giorno tornando a casa ha incontrato la mafia e che per questo ha lasciato la propria vita. Questa è l’insopportabilità della mafia, una lotta che chiama in causa ciascuno di noi. Oggi compiamo un atto importante grazie anche a Libera, che ha aiutato la politica e il legislatore a capire quanto fosse importante toccare il portafogli dei clan. Ciò è insopportabile, per un mafioso. E’ il segno che lo Stato è più potente e capace della mafia”, ha gridato Nichi Vendola ad una platea caricatissima.

“Questa è stata la terra in cui la mafia era nascosta sotto alibi culturali, il contrabbando posto come fenomeno sociale piuttosto che criminale. Ci sono voluti i morti, per capirlo –ha sottolineato il presidente della Regione Puglia- tanti caduti tra le forze dell’ordine, con la Puglia dirimpettaia dei Balcani e sorella della Campania, attraversata dagli uomini della camorra. Con Alfredo Mantovano –seduto accanto a lui- siamo stati colleghi nella Commissione antimafia e abbiamo condiviso l’impegno per demolire quell’immagine”.

Poi i risultati e i progetti. “La Puglia è l’unica Regione in cui è stata istituita una linea di finanziamento con i fondi europei per l’utilizzo sociale dei beni confiscati. Guai se diventassero ruderi. Ad Adelfia uno di questi investimenti ha trasformato una grande discoteca sequestrata alla criminalità, con l’accordo della Dda di Bari, da Moma in Momart, un centro culturale e di arte per i giovani, perché i circuiti di socialità non vanno chiusi, ma bonificati”, ha raccontato Vendola.

E ancora: “Con la procura di Lecce abbiamo sperimentato l’informatizzazione del fascicolo giudiziario, perché i procedimenti siano più celeri a garanzia dei diritti. E il Forum della Pubblica Amministrazione ci ha consegnato il primo premio per queste buone pratiche. E c’è il protocollo con il Cnr, l’Arpa e le forze di polizia che è un modello di lotta contro i reati ambientali, da tenere d’occhio perché sono oggi il principale business per la criminalità organizzata. Stiamo ottenendo grandi risultati, abbiamo il record di discariche abusive sequestrate, utilizzando nuove tecnologie più la buona volontà di chi è preposto alle azioni di contrasto”. Ed ecco la conclusione: “L’antimafia non può essere enunciazione. O diventa un fattore di crescita e consapevolezza sociale e culturale –ha detto Vendola- una vera epopea popolare. O non ce la facciamo”.

Il sottosegretario Alfredo Mantovano ha ricostruito il lungo cammino della normativa antimafia che oggi consente questi successi: “Siamo partiti dalla legge La Torre, che era sostanzialmente uno strumento repressivo, per giungere oggi alla destinazione sociale dei beni confiscati, che è un’azione di restituzione al territorio. Negli ultimi anni abbiamo tolto alle mafie beni per un valore di 11 miliardi di euro, quasi una manovra finanziaria. Superando difficoltà e giungendo a norme come quella introdotta con il pacchetto sicurezza, che anche in presenza della cessazione della cosiddetta pericolosità attuale consentono il sequestro, poiché interessa solo la provenienza illecita del bene”.

Ma ci sono anche problemi aperti come quello della gestione delle aziende sequestrate, ha raccontato il sottosegretario, citando ad esempio un caso siciliano di una catena di supermercati, dove all’amministratore giudiziale designato dal giudice “le banche ritirarono i mutui e i fornitori chiedevano il pagamento alla consegna. E’ stato necessario affrontare uno per uno questi interlocutori –ha detto Mantovano spiegando come lo Stato talvolta debba assumere atteggiamenti di grande fermezza- ma alla fine tutto è tornato alla normalità. Non possiamo tollerare il principio che la mafia dà lavoro, e lo Stato invece lo toglie”.

Erano stati il sindaco Giovanni Del Coco e il prefetto Domenico Cuttaia ad aprire la cerimonia, il primo raccontando il lungo percorso affrontato dall’amministrazione comunale di Torchiarolo per giungere all’affidamento dei beni alla cooperativa Libera Terra, il secondo spiegando ciò che ha fatto e farà l’Ufficio del Governo a Brindisi. “E’ un avvenimento particolare, questo, in cui prevale la legalità sostanziale su quella formale – ha detto Cuttaia – un percorso compiuto insieme tra protagonisti pubblici e privati. E la partecipazione concreta di un soggetto privato è importante e ci fa ben sperare perché abbiamo programmi importanti da realizzare”.

Quali? Il prefetto li elenca: una stazione carabinieri, un comando della guardia di finanza, un distaccamento dei vigili del fuoco e lo sportello immigrazione della stessa prefettura presto in sedi ricavate all’interno di immobili confiscati alla criminalità. Addirittura presto anche due beni da affidare in gestione alla Consulta degli Studenti. “Brindisi ha un primato nell’utilizzo dei beni –ha rimarcato Cuttaia – circostanza che da un lato rileva quanto fosse occupato dalla criminalità questo territorio, ma che dall’altro ci porta al ritmo di 3 assegnazioni di beni al mese in meno di un anno: 23 beni confiscati assegnati agli usi sociali, ed altri 8 giunti al termine dell’iter”.

E Alessandro Leo, il presidente di Libera Terra? Riceve dal sindaco una chiave dorata, atto simbolico del passaggio della villa di Screti dal Comune alla cooperativa che la utilizzerà a vantaggio del territorio. Poi racconta come sia stato difficile farsi strada tra ostacoli di diversa natura: anche oscuri, intrisi di intimidazione. Ma Libera è un treno che in Puglia va sempre più veloce.

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