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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Evasione fiscale, dissequestrati conti di Giovanni Brigante

Da oggi disponibili 107mila euro per pagare stipendi e fornitori. Gli indagati salgono a sei: anche le due figlie e la moglie

BRINDISI – A distanza di due settimane dal sequestro del patrimonio riconducibile a Giovanni Brigante, ex consigliere regionale e comunale di Brindisi, il pubblico ministero titolare dell’inchiesta per evasione fiscale, ha autorizzato la “restituzione” di due conti correnti per un ammontare complessivo pari a 107mila euro, allo scopo di consentire il pagamento degli stipendi ai dipendenti e ai fornitori della Brigante srl.

Il dissequestro

Mauro MasielloIl dissequestro è stato autorizzato dal sostituto procuratore Valeria Farina Valaori nella tarda mattinata di oggi, su richiesta depositata dall’avvocato Mauro Masiello, legale di fiducia dell’imprenditore brindisino al quale, contestualmente al decreto di sequestro, lo scorso 9 ottobre, è stato notificato l’avviso di conclusione indagine.

Gli indagati e l'ipotesi di reato

L’accusa mossa è evasione per aver “occultato al Fisco un imponibile di oltre undici milioni di euro” e per non aver pagato l’Iva per due milioni.  L’ipotesi di  è stata contestata in concorso con cinque persone, tre delle quali inserite nell’elenco degli indagati a chiusura degli accertamenti delegati ai militari del Nucleo di polizia Tributaria: oltre a Giovanni Brigante rischiano di finire sotto processo il figlio Giulio Brigante, in qualità di amministratore unico della srl Comibri; la commercialista Maurizia Manca (difesa dall’avvocato Daniela Faggiano); lo stesso vale per le due figlie dell’imprenditore, in qualità di titolari delle quote della Brigante srl e la moglie, sempre con riferimento all’assetto proprietario della società a responsabilità limitata. Nei confronti delle tre socie, l’iscrizione nel registro degli indagati e la conseguente comunicazione con notifica degli avvisi di conclusione è stato atto necessario essendo una conseguenza delle verifiche in chiave fiscale poste in essere dai finanzieri.

Tutti e sei gli indagati entro il prossimo 29 ottobre devono comunicare al pm se intendono sottoporsi a interrogatorio oppure depositare memorie difensive. La decisione dovrà essere consegnata agli avvocati Mauro Masiello, difensore anche della moglie e dei tre figli di Giovanni Brigante, e Daniela Faggiano, quest’ultima con riferimento alla posizione della professionista che, nel periodo oggetto dell’inchiesta, ha tenuto la contabilità della ditta.

La difesa

Al momento, la difesa dell’imprenditore ha ottenuto un primo risultato necessario al pagamento degli stipendi dei dipendenti: sono 107 e sono in attesa di ottenere le spettanze del mese di ottobre. A seguire saranno pagati i fornitori per le fatture emesse. A garanzia del dissequestro dei due conti correnti, l’imprenditore ha posto le polizze vita accesa negli anni passati e a lui intestate.

Nel frattempo Brigante ha chiesto e ottenuto al rateizzazione delle somme dovute all’Agenzia delle Entrate, versando una prima rata pari a 74mila euro. Alla prossima scadenza dovranno essere versati 34mila euro. Nei confronti dell’Inps è stato saldato il debito di seimila euro.

I sigilli e la donazione

Restano, invece, sotto sequestro un appartamento, due opifici e sette terreni, per un valore di un milione di euro e altre disponibilità finanziarie per circa 600mila euro, tutto intestato o comunque nella disponibilità di Giovanni Brigante, in qualità di amministratore unico della Brigante srl. E’ stata questa la prima società a finire sotto la lente di ingrandimento della Finanza, in seguito gli accertamenti sono stati estesi alla Comibri, finita in liquidazione all’inizio di quest’anno.

Negli avvisi di conclusione indagine viene contestata anche  una donazione che il figlio avrebbe fatto in favore del padre il 29 ottobre 2015: l’atto di liberalità riguarda un immobile in contrada Betlemme e una capannone in contrada Piccoli, zona industriale per un valore che, stando ai conteggi dei militari della Guardia di Finanza ammonterebbe a un milione e 50. Per l’imprenditore, invece, la donazione avrebbe avuto un valore di 550mila euro e andrebbe a inserirsi nelle dinamiche familiari legate alla necessità di dividere i cespiti di Giovanni Brigante fra figli e nipoti. Nulla di penalmente rilevante, secondo la difesa.

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