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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Fiori in mare per i morti della "Kater"

BRINDISI – Non fu uno speronamento volontario, ma la prua della corvetta Sibilla fu spietata, sprofondando in un gelido abisso di 800 metri la vecchia motovedetta albanese “Kater I Rades” con il suo carico umano di donne e bambini imprigionato sottocoperta. Quindici anni fa, il 28 marco 1997, un Venerdì Santo. I morti accertati furono 84, molti ancora trattenuti dalle lamiere della “Kater” quando sei mesi dopo fu recuperata da una nave specializzata su decisione del pm Leonardo Leone De Castris, che aveva affidato le indagini di polizia giudiziaria alla Squadra mobile. E oggi si può dire che il magistrato fu costretto a blindare quell’indagine, imponendo agli investigatori da egli stesso selezionati di non interloquire neppure con i loro superiori. C’erano troppe pressioni esterne. Un capo di stato maggiore fu svegliato e interrogato nel cuore della notte, a sorpresa. Così la verità non finì in fondo al mare come quelle vittime innocenti.

BRINDISI – Non fu uno speronamento volontario, ma la prua della corvetta Sibilla fu spietata, sprofondando in un gelido abisso di 800 metri la vecchia motovedetta albanese “Kater I Rades” con il suo carico umano di donne e bambini imprigionato sottocoperta. Quindici anni fa, il 28 marco 1997, un Venerdì Santo. I morti accertati furono 84, molti ancora trattenuti dalle lamiere della “Kater” quando sei mesi dopo fu recuperata da una nave specializzata su decisione del pm Leonardo Leone De Castris, che aveva affidato le indagini di polizia giudiziaria alla Squadra mobile. E oggi si può dire che il magistrato fu costretto a blindare quell’indagine, imponendo agli investigatori da egli stesso selezionati di non interloquire neppure con i loro superiori. C’erano troppe pressioni esterne. Un capo di stato maggiore fu svegliato e interrogato nel cuore della notte, a sorpresa. Così la verità non finì in fondo al mare come quelle vittime innocenti.

Il processo di secondo grado ha confermato la responsabilità sia del comandante italiano che di quello albanese, il Sibilla negli anni ha percorso altri mari segnati da scie di dolore e di morte, come il Canale di Sicilia, dove altre genti cercano un futuro migliore sulle sponde europee. I ricordi si ridestano ogni anniversario, ma non sarà Brindisi a ospitare quel relitto trasformato in monumento, che toccherà invece ad Otranto, meno restia  ad accogliere lo scafo della “Kater I Rades” affinché sia simbolo di un’epoca. Arriva oggi la proposta del candidato sindaco del centrosinistra, Mimmo Consales, perché almeno ci sia un monumento, una lapide. Il luogo? Noi proponiamo Bocche di Puglia, dove fu trasportato il relitto con il suo carico di morte e i corpi furono ricomposti.

Oggi, quindici anni dopo, come ogni anno sono stati lanciati nelle acque del porto fiori in ricordo delle vittime, nel corso della cerimonia organizzata dall’Osservatorio dei Balcani e dai Comitati antirazzisti. Ma C’erano stavolta, oltre a Roberto Aprile primo animatore a Brindisi di questa iniziativa annuale, anche l’arcivescovo Rocco Talucci, il vice commissario prefettizio al Comune di Brindisi, Maria Rita Iaculli, una delegazione dell’Anpi, il segretario del Pd, Corrado Tarantino, Riccardo Rossi, candidato sindaco di Brindisi Bene Comune, vari esponenti dei movimenti e dei partiti di sinistra, e Francesco Nicolini con i suoi attori, che stanno replicando una drammatizzazione della tragedia del 28 marzo 1997.

A lanciare per primo un piccolo fascio di fiori nelle acque antistanti la Capitaneria di Porto, il piccolo Lorenzo, perché nessuno dimentichi quei bambini albanesi morti nel buio e nel gelo della stiva della motovedetta che li avrebbe dovuti consegnare ad un futuro migliore.

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