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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Gli omicidi di Bullone, testimonia la moglie dell'uomo ucciso con una pietra

BRINDISI – E’ stata un’udienza brevissima quella di stamattina dedicata agli omicidi di Vito Di Emidio, soprannominato “Bullone”, e ai suoi complici. La Corte di Assise ha sentito la moglie di uno degli uccisi, assistita dall’avvocato Rosario Almiento, e dopo che il legale ha rinunciato ad altri suoi testi, ha aggiornato al 3 giugno per l’ascolto di tutti i testimoni della difesa. L’interrogatorio ha riguardato Grazia De Luca, vedova di Vincenzo Scarcia, ammazzato a colpi di pietra sul cranio e finito con un colpo di fucile, sempre al capo.

BRINDISI – E’ stata un’udienza brevissima quella di stamattina dedicata agli omicidi di Vito Di Emidio, soprannominato “Bullone”, e ai suoi complici. La Corte di Assise ha sentito la moglie di uno degli uccisi, assistita dall’avvocato Rosario Almiento, e dopo che il legale ha rinunciato ad altri suoi testi, ha aggiornato al 3 giugno per l’ascolto di tutti i testimoni della difesa. L’interrogatorio ha riguardato Grazia De Luca, vedova di Vincenzo Scarcia, ammazzato a colpi di pietra sul cranio e finito con un colpo di fucile, sempre al capo.

Autori dell’omicidio Vito Di Emidio assieme al sardo Marcello Ladu, a Pasquale Tanisi e Antonio Tarantini, uno dei tanti firmati Di Emidio. “Diciannove, forse ventuno, ne ho commessi tanti che non mi ricordo”, disse nelle due precedenti udienze (15 e 16 aprile) nel corso delle quali fu interrogato. Rispose a tutto il pentito, ricordando anche piccoli dettagli di episodi lontani nel tempo. Ma non ricordò i complici del duplice omicidio di Giacomo Casale e Leonzio Rosselli e quello di Giuliano Maglie.

In un primo momento aveva accusato il cognato Giuseppe Tedesco, Pasquale Orlando e Daniele Giglio. Poi, nel corso dell’interrogatorio dinanzi alla Corte, ha dimenticato tutto. Un tentativo di salvare alcuni dei suoi complici. Forse un po’ tardivo perché a inguaiarli ci sono anche le intercettazioni telefoniche.

Ma torniamo all’omicidio di Giuseppe Scarcia. La colpa di questo giovane fu l’avere fatto da intermediario in un appuntamento con altri malavitosi. All’appuntamento  Scarcia non c’era, non si presentarono nemmeno gli altri. Bullone pensò ad una trappola e si vendicò di Scarcia. Lo andò a prelevare assieme a Ladu, Tanisi e Tarantini da casa, dove si trova in compagnia e della figlia giovanissima.

Lo portarono in campagna dalle parti di Carmiano e Bullone “lo torturò e lo interrogò”. Scarcia si difese dicendo che lui non era andato all’appuntamento perché sottoposto a sorveglianza speciale, per cui non gli era consentito uscire di sera, e che era stato solo incaricato di fissare l’incontro.  Bullone gli credette, ma questo non servì a salvare la vita di Scarcia. “Ormai lo avevo portato via”,  ha risposto Di Emidio alle domande dei giudici.

Lo massacrarono a colpi di pietra: prima di essere ucciso Scarcia si rivolse a Bullone supplicandolo di pensare a sua figlia. Che oggi, come nelle altre udienze, era in aula assieme alla madre a chiedere giustizia. Grazia De Luca, interrogata dall’avvocato Almiento, ha ricostruito quella terribile notte, ha parlato di ciò che aveva addosso il marito quando fu sequestrato, compresa la biancheria intima, che erano gli stessi di quando il corpo fu ritrovato e lei dovette procedere al riconoscimento. Quindi è stata acquisita, su richiesta di Almiento, di una perizia.

Dopodichè l’udienza è stata aggiornata al 3 giugno per l’escussione dei testi della difesa, mentre il giorno successivo si procederà all’esame degli imputati. La Corte di Assise (presidente Gabriele Perna, giudice relatore Francesco Aliffi) ha anche stilato un calendario di udienze in modo da arrivare alla sentenza entro il 19 luglio. Dopo il 4 il processo andrà al 24 giugno per esaminare i testi nell’eventualità ci sia necessità di ulteriori prove istruttorie. Quindi ci sarà la requisitoria del pubblico ministero Alberto Santacatterina e gli interventi delle parti civili, mentre il 15 e 16 luglio toccherà ai difensori. Infine il 19 dovrebbe arrivare la sentenza.

Gli imputati sono sette:  Vito Di Emidio,   difeso dall’avvocato Manfredi Fiormonte, agli arresti domiciliari per altro in una località segreta; i brindisini Cosimo D’Alema, 42 anni, detto Mino Macello (avvocato Paolo D’Amico); Daniele Giglio, 35 anni (avvocato Daniela D’Amuri), detenuto; Marcello Laneve, 36 anni (avvocato Teresa Gigliotti); Pasquale Orlando detto Yo Yo, 38 anni (avvocato Marcello Tamburini), detenuto per altro; Giuseppe Tedesco detto “Capu ti bomba”, 37 anni (avvocati Longo e Epifani), detenuto; e il mesagnese Cosimo Poci, 54 anni (avvocato Fabio Di Bello), contumace. Le parti civili sono quarantadue.

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