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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Francavilla Fontana

Il Comune deve sgomberare i locali commerciali Iacp concessi come alloggi

FRANCAVILLA FONTANA – I dieci locali di proprietà dello Iacp e gestiti dal Comune di Francavilla Fontana sono destinati ad ospitare attività commerciali e non ad abitazioni. E per questo ora dovranno essere sgomberati da che vi abita per essere restituiti all’Istituto autonomo case popolari. Lo ha stabilito la Prima sezione del Tar di Lecce al quale lo Iacp si è rivolto dopo avere ottenuto solo silenzio da parte dell’amministrazione comunale.

FRANCAVILLA FONTANA – I dieci locali di proprietà dello Iacp e gestiti dal Comune di Francavilla Fontana sono destinati ad ospitare attività commerciali e non ad abitazioni. E per questo ora dovranno essere sgomberati da che vi abita per essere restituiti all’Istituto autonomo case popolari.  Lo ha stabilito la Prima sezione del Tar di Lecce al quale lo Iacp si è rivolto dopo avere ottenuto solo silenzio da parte dell’amministrazione comunale.

E’ accaduto che lo Iacp, a seguito di sopralluogo, accerta che quei locali non sono stati destinati ad attività commerciali a ad uso abitativo. Il 14 giugno del 2007 l’Istituto chiede al Comune che vengano liberati e riportati allo stato iniziale. Non ottenendo risposta si rivolge al Tar. A questo punto il Comune esibisce due ordinanze (la numero 188 del 1989 e la numero 371 del 1992) con le quali il sindaco aveva ordinato l’occupazione di questi locali da parte di alcuni nuclei familiari.

Lo Iacp rivuole i locali e  lo scorso 9 marzo fa notificare una diffida al Comune di Francavilla per far revocare le due ordinanze.  Ma il risultato è ancora il silenzio. L’Istituto case popolari si affida all’avvocato Raffaele Montanaro e il Comune a Miriam Chiummariello. Mentre gli occupanti i locali uso commerciali trasformati in abitazione si fanno assistere dall’avvocato Marcello Cafueri.

Il Comune sostiene che da parte dello Iacp non vi è stata una valida diffida e che la richiesta avanzata nel 2007 è decaduta.  Il Tar ha fatto rilevare a proposito della valida diffida che “la nuova disciplina dell’inerzia dell’Amministrazione e degli strumenti giurisdizionali di tutela offerti al privato in materia di silenzio serbato dall’Amministrazione non richiede più la previa diffida a provvedere (Tar Sicilia Catania, sez I, 8 aprile 2008, n. 630)”.

Il collegio quindi aggiunge: “Tanto premesso, come affermato dalla giurisprudenza (cfr. TAR Lecce, 8 febbraio 2007, n. 371) l’esame di questo Tribunale amministrativo dovrà articolarsi in due momenti: appurare se effettivamente ricorra nel caso di specie un comportamento inerte della pubblica amministrazione; verificare che lo stesso comportamento non sia giustificato dalla manifesta infondatezza (o assurdità, genericità, ecc.) dell’istanza formulata dal privato. Quanto al primo punto deve rilevarsi come, a fronte della istanza in data 9 marzo 2010, non risulta che la amministrazione comunale abbia concluso il procedimento amministrativo avviato con l’istanza di parte.

In merito a secondo punto va invece osservato che, poiché le ordinanze di cui si chiede la revoca costituiscono il titolo per l’immissione in possesso dei predetti immobili da parte dei soggetti qui contro interessati, il riscontro circa la diffida presentata dall’istituto ricorrente è quanto mai necessario al fine di individuare la posizione assunta al riguardo dall’amministrazione comunale, sì da consentire allo stesso istituto di compiere ogni utile valutazione in merito ad eventuali azioni da intraprendere.

Quanto, poi, alle eccezioni formulate dalla difesa dei contro interessati in relazione alla mancanza dei presupposti per l’adozione di un provvedimento di revoca quale quello richiesto, ritiene il collegio che, anche in considerazione della particolare configurazione del presente rito, le stesse potranno formare oggetto di specifica valutazione, se del caso, soltanto in fase di riscontro della diffida da parte dell’amministrazione comunale”.

E conclude con l’accoglimento del ricorso. Il Comune ora ha trenta giorni di tempo per restituire liberi da “ogni gravame” i locali così come erano in origine. Ovviamente risolto questo problema se ne presenta uno ben più grave: queste dieci famiglie dove saranno allocate?

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