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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Il cuore di Marco batte ancora

BRINDISI - Un sogno che si avvera, in un'atmosfera speciale. Loro sono Emy e Nando Bungaro, i genitori di Marco, vita spezzata a 25 anni in un drammatico incidente stradale. Lui è Giovanni Martemucci, 68 anni, l’uomo che continua a vivere grazie al cuore dello sfortunato ragazzo.

BRINDISI - Un sogno che si avvera, in un'atmosfera speciale. Loro sono Emy e Nando Bungaro, i genitori di Marco, vita spezzata a 25 anni in un drammatico incidente stradale. Lui è Giovanni Martemucci, 68 anni, l’uomo che continua a vivere grazie al cuore dello sfortunato ragazzo. Si sono incontrati, quasi per caso, davanti al colonnato di Piazza San Pietro, ieri mattina. E’ stata una emozione senza pari. Qualche tempo fa i genitori di Marco avevano lanciato un appello, per la ricerca di chi avesse ricevuto gli organi del figlio, che donò cuore, fegato e reni. Qualcuno rispose, si stabilì un contatto discreto, via Facebook. Infine, sempre sul social network la gradita sorpresa.

Emy e Nando stavano per recarsi a Roma, dal Papa, insieme a Katia Schiavone e ad altri genitori di vittime della strada, iscritti all’associazione “Vittime della strada e della giustizia” la cui sede è intitolata a un altro giovane sfortunato che non c’è più, Flavio Arconzo. La sede distaccata di Brindisi è invece dedicata proprio alla memoria di Marco che era un militare dell’Esercito tornato a casa i primi giorni di maggio del 2010. Hanno ricevuto un messaggio dalla figlia di Martemucci in cui c’era scritto che anche il papà sarebbe stato lì, nella Capitale, in un viaggio organizzato dalla sua parrocchia di Salandra (Matera).

Si sono chiamati, visti, abbracciati. Pochi istanti, ma indimenticabili. Lacrime per mamma Emy, lacrime di gioia, almeno stavolta. “Gli ho detto grazie perché continua a far vivere mio figlio” ha raccontato il papà di Marco. “Mi ha abbracciato fortissimo, ho pianto” ha invece ricordato la madre. Emozione intensa anche per Giovanni Martemucci, che subì il trapianto appena dopo la morte del ragazzo: “Il medico mi aveva dato pochi mesi di vita, mi aveva detto che il mio cuore era finito. Sono ancora qui, sono passati tre anni, é il cuore di Marco che me lo consente”.

Continua la ricerca, anche ora che si è stabilito un rapporto con la famiglia Martemucci, un rapporto che non sarà affatto morboso, assicura Emy: “Io so che lui non è Marco, ma quello che mi fa stare serena è che il sacrificio di mio figlio, quantomeno, non è stato del tutto vano”. I reni sono andati a Verona, il fegato a Pisa. “Mi piacerebbe incontrare anche chi ha ricevuto gli altri organi” spiegano Emy e Nando. Emy non fa che rinnovare l’appello, ricordando con estrema precisione la data e l’orario dell’espianto. Era il 6 maggio, alle 3 del mattino insieme al marito Nando aveva già dato il consenso.

Erano trascorse meno di 24 ore dal drammatico incidente stradale di cui Marco, 25 anni, fu l’unica vittima. La Volkswagen Polo a bordo della quale viaggiavano i tre ragazzi era di Marco che quella sera non si mise al volante. Fu trovata distrutta dopo lo schianto contro il guard-rail della Lecce Maglie. I giovani erano stati in discoteca e stavano rientrando a Brindisi. Marco, militare dell’Esercito, era ritornato a casa in licenza, per qualche giorno. Nel cuore della notte arrivò a casa la telefonata. Ai genitori del ragazzo fu detto che c’era ancora una flebile speranza. Marco era ricoverato al “Vito Fazzi”, era in condizioni gravissime, in coma nel reparto di Rianimazione.

Emy e Nando corsero a Lecce. Poi ritornarono a casa, lì dove poi ricevettero la seconda notizia: “Non ce l’ha fatta”. Si trattava di morte cerebrale, le macchine tenevano ancora in vita il ragazzo e quindi i medici non poterono far altro che attenersi al protocollo e prospettare ai famigliari della vittima la possibilità di compiere un atto di incredibile generosità verso altri che mai, forse, avrebbero conosciuto.

Sono ritornati a casa oggi, i coniugi Bungaro, con la figlia più giovane, Giorgia, al rione Bozzano di Brindisi. “E’ stato inatteso, ma bellissimo” raccontano e gli occhi, forse per la prima volta, brillano di speranza. Trovare la forza di andare avanti, dopo aver affrontato un processo, come parti civili, ché il guidatore, quella notte aveva assunto cocaina ed è stato condannato, è stata un impresa durissima. L’impegno sociale, prima, la consapevolezza che c’è al mondo qualcuno che ha riavuto la vita grazie a quel assenso dato in un momento drammatico, rende il vuoto più sopportabile. Tanto che il “grazie” lo ha proferito anche Nando, papà orgogliosissimo del giovane militare che “era generoso, pieno di amici, sempre disposto a dare una mano a tutti, anche agli sconosciuti”. “Vogliono organizzare una messa, a Salandra, per Marco. Noi ci saremo, insieme a Giovanni”, il pensionato che si sentì dire dal medico che le proprie ore erano contate, che non c’era più nulla da fare.

 

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