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Il radiologo, dice il giudice, imbrogliò anche sulla campagna contro il tumore alla mammella

BRINDISI – “La posizione più grave sotto il profilo giuridico – secondo il procuratore Marco Di Napoli, capo della Procura di Brindisi – è quella di un medico, che non solo si allontanava dalla sede dell’Asl senza giustificato motivo, ma nelle stesse ore prestava servizio presso un ambulatorio privato”. Di Napoli non dice il nome. “Non ci è consentito”, risponde ai cronisti che lo sollecitano. Ma non ci vuole molto a capirlo. Basta leggere il rigetto della richiesta di arresti in carcere per Giuseppe Carella, medico radiologo, 57 anni, brindisino. E l’unico tra i ventiquattro indagati finiti agli arresti domiciliari per il quale il pubblico ministero Adele Ferraro aveva chiesto la detenzione in carcere. Ma il giudice per le indagini preliminari Eva Toscano, nonostante Carella sia l’unico tra i sessantotto indagati ad avere già avuto a che fare con la giustizia (ha una vecchia condanna per interruzione di pubblico servizio), ha ritenuto che la misura degli arresti domiciliari fosse più che sufficiente.

BRINDISI – “La posizione più grave sotto il profilo giuridico – secondo il procuratore Marco Di Napoli, capo della Procura di Brindisi – è quella di un medico, che non solo si allontanava dalla sede dell’Asl senza giustificato motivo, ma nelle stesse ore prestava servizio presso un ambulatorio privato”. Di Napoli non dice il nome. “Non ci è consentito”, risponde ai cronisti che lo sollecitano. Ma non ci vuole molto a capirlo. Basta leggere il rigetto della richiesta di arresti in carcere per Giuseppe Carella, medico radiologo, 57 anni, brindisino. E l’unico tra i ventiquattro indagati finiti agli arresti domiciliari per il quale il pubblico ministero Adele Ferraro aveva chiesto la detenzione in carcere. Ma il giudice per le indagini preliminari Eva Toscano, nonostante Carella sia l’unico tra i sessantotto indagati ad avere già avuto a che fare con la giustizia (ha una vecchia condanna per interruzione di pubblico servizio), ha ritenuto che la misura degli arresti domiciliari fosse più che sufficiente.

Giuseppe Carella è molto noto a Brindisi. Sposato con una ginecologa, è radiologo apprezzato. Dipendente della Asl, stando alle accuse, avrebbe lasciato il posto di lavoro senza essere autorizzato, per andare a  lavorare in uno studio privato di radiologia. E’ scritto nell’ordinanza di custodia cautelare notificatagli questa mattina dai carabinieri del Comando provinciale di Brindisi e del Nas di Taranto: “Con artifici e raggiri induceva l’Asl di Brindisi in errore procurandosi un ingiusto profitto con pari danno per l’ente pubblico corrispondente alla retribuzione corrisposta ed effettivamente non dovuta, in particolare per avere ripetutamente marcato il badge nell’apposito orologio segnatempo di presenza installato presso il distretto della Asl di Brindisi per poi allontanarsi senza giustificazione, ovvero per essersi fatto marcare il badge da altri soggetti per fare ingresso nella struttura dopo la vidimazione effettuata da terzi o per allontanarsi senza giustificazione. Con la circostanza aggravante di avere commesso il fatto in violazione ai doveri inerenti una pubblica funzione e con abuso di relazioni d’ufficio e/o prestazioni di opera”.

Violazioni commesse tra il 6 luglio e il 28 settembre del 2009. Periodo in cui questa inchiesta che stamattina ha fatto tremare quel grande arcipelago senza controllo che appare la Asl di Brindisi attraverso la lente di questa inchiesta. Una considerazione che alle persone comuni viene spontanea. Non si riesce infatti a capire come mai nessuno si sia accorto di questo andazzo, eppure si tratta di ben sessantotto dipendenti che facevano i comodi loro, e semmai c’è stato qualcuno che si è reso conto di ciò non ha fatto niente. Per porre un argine a questo dilagare di malcostume ci sono voluti i carabinieri del Nas e il procuratore Marco Di Napoli che ha seguito personalmente l’evolversi di questa indagini che ha coinvolto sei medici (quattro arrestati su provvedimento di cattura: oltre a Carella, Vito Capone, 57 anni, oculista, Liliana Leone, 58 anni, odontoiatra e Mario Poli, 52 anni, odontoiatra); due colti questa mattina in flagranza:  Giovanni Ungaro, 58 anni, della Guardia medica, e Teodoro De Castro, 57 anni, dirigente medico, brindisini pure loro), nove infermieri, otto dipendenti amministrativi, un tecnico e due addette alle pulizie.

Tutti finiti ai domiciliari con l’accusa di truffa pluriaggravata. Ci sono altre otto persone : due infermieri, quattro tecnici e due amministrati, nei confronti delle quali il sostituto procuratore Adele Ferraro ha chiesto la sospensione dal servizio, che il gip adotterà subito dopo il loro interrogatorio (un passaggio obbligatorio per legge prima che la sospensione venga adottata). E poi ci sono altri trentasei indagati a piede libero, assenteisti sì, ma meno compromessi. “Abbiamo adottato la linea dura degli arresti – ha spiegato il procuratore Di Napoli – quando ci siamo resi conto che nonostante si parlasse ormai apertamente di questa indagine, le stesse persone che noi avevamo filmato tra aprile e settembre del 2009, nel settembre 2010, quando abbiamo riattivato le telecamere, le abbiamo sorprese a fare le stesse cose”.

Ma torniamo a Carella. Appassionato di mare e di barca a vela, ha partecipato a varie regate. Il magistrato inquirente gli contesta anche di avere intascato dall’Azienda sanitaria 12.394,97 euro di indennità di esclusiva perché aveva attestato di “svolgere esclusivamente attività intramoenia per la Asl” mentre non era affatto così. Perché il radiologo usciva dall’Asl e andava a fare il suo lavoro altrove.

I capi di imputazione per truffa continuano. Al radiologo viene contestato di avere  “attestato falsamente  di svolgere attività per il ‘progetto obiettivo screening carcinoma della mammella’ in favore della Asl di Brindisi nei giorni dal 18 al 25 settembre 2009 per un totale di 261 refertazioni, inducendo in errore la Asl di Brindisi e procurandosi un ingiusto profitto consistito nella indennità fissata nella misura di 10 euro per ogni refertazione per un totale di 2.610 euro, con pari danno per l’Asl che sopportava l’esborso della somma di denaro in realtà non dovuta”. Profitto non solo per lui ma anche per tale Lucia Padula “nell’attestare falsamente che aveva svolto bel mese di settembre attività ‘per il progetto di screening carcinoma della mammella’ per quattro giorni, per un totale di venti ore avendone la stessa effettuate solo tre”, procurandole un guadagno non dovuto di 175 euro.

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