rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Il test del Dna scioglie il "giallo": i resti sepolti a Bar sono di Giuliano Maglie

BRINDISI - A quasi dodici anni dalla scomparsa del 27enne Giuliano Maglie, la prova del Dna sui resti ritrovati in Montenegro su indicazione del killer Vito Di Emidio, restituisce la verità ai familiari del giovane contrabbandiere ucciso per ordine di Bullone. I prelievi sui resti sono stati comparati geneticamente al Dna della mamma di Maglie, Michela Cosi. Il risultato è lampante. Lapidarie le conclusioni del maresciallo dei Ris Cristiano Franchi che il 21 marzo scorso ha depositato la perizia richiesta dalla corte d'assise di Brindisi, sulla scorta delle analisi condotte sia sul Dna nucleare che sul Dna mitocondriale: “Non solo non si può escludere che Michela Cosi sia la madre del soggetto cui appartenevano in vita i resti scheletrici oggetto della perizia ma si ritiene che tale ipotesi sia adeguatamente sostenuta dai dati genetici”.

BRINDISI - A quasi dodici anni dalla scomparsa del 27enne Giuliano Maglie, la prova del Dna sui resti ritrovati in Montenegro su indicazione del killer Vito Di Emidio, restituisce la verità ai familiari del giovane contrabbandiere ucciso per ordine di Bullone. I prelievi sui resti sono stati comparati geneticamente al Dna della mamma di Maglie, Michela Cosi. Il risultato è lampante. Lapidarie le conclusioni del maresciallo dei Ris Cristiano Franchi che il 21 marzo scorso ha depositato la perizia richiesta dalla corte d'assise di Brindisi, sulla scorta delle analisi condotte sia sul Dna nucleare che sul Dna mitocondriale: “Non solo non si può escludere che Michela Cosi sia la madre del soggetto cui appartenevano in vita i resti scheletrici oggetto della perizia ma si ritiene che tale ipotesi sia adeguatamente sostenuta dai dati genetici”.

Secondo lo specialista in genetica applicata, qualche cosa di più che una probabilità dato che la coincidenza del corredo genetico fra i resti e la presunta madre è attestata dallo stesso genetista intorno al “91,63 per cento”. Le conclusioni di Franchi sono perfettamente coerenti con quelle del medico legale Saverio Potenza incaricato dalla stessa corte nell'ambito del processo a carico di otto imputati, accusati a vario titolo di omicidio da Bullone, il sanguinario boia della Scu, da anni collaboratore di giustizia, che del delitto Maglie accusa se stesso, in qualità di mandante, e il cognato Giuseppe Tedesco quale esecutore materiale del delitto. Le conclusioni dei due periti, per inciso, sono le stesse del consulente montenegrino che all'indomani del ritrovamento dei resti scheletrici disse che quel cadavere era verosimilmente quello di Maglie.

Conclusioni alle quali il medico legale, la professoressa Dragan Cukic del centro clinico di Podgorica,  giunse dopo aver riscontrato tre dettagli su tutti, un canino di porcellana e un callo osseo alla clavicola, frutto di una frattura riportata dal contrabbandiere brindisino in seguito ad un incidente, come dissero agli inquirenti i famigliari del ragazzo scomparso. Gli stessi riscontrati sullo scheletro, oltre a un ulteriore particolare. Nessun dubbio che l’uomo trovato cadavere fosse morto di morte violenta: sul cranio furono rilevati due fori, uno d’entrata sulla tempia destra e un altro d’uscita corrispondente. Larghezza del foro, nove millimetri. Di Emidio, accusando il cognato Giuseppe Tedesco dell'omicidio di Giuliano Maglie aveva indicato anche l’arma dalla quale era stato esploso il colpo mortale: una calibro nove.

Le tappe della vicenda che oggi giunge a conclusione affondano le radici in un passato remoto marchiato Scu. Maglie scompare nel giugno del 1999, è stato appena assolto da un’accusa di omicidio ma su di lui incombe il pronunciamento d’appello. Scappa in Montenegro, per la magistratura italiana è latitante. Secondo le versioni fornite dai pentiti nelle aule  di giustizia, si rifugia nella villa di Giuseppe Tedesco, al quale chiede il destro perché possa essere inserito nei traffici di tle. Per Bullone invece, Maglie è stato mandato da Tonino Luperti per vendicare la morte del fratello Salvatore, ucciso dalle mani di Di Emidio in persona. Il latitante dunque, avrebbe cercato asilo nella fossa dei leoni.

Dal giugno di quell’anno, nessuno avrà mai più notizie di lui. La compagna, Stefania Aggiano, disperatamente lo cerca anche attraverso la moglie di Bullone. Parla con lui al telefono, ma il killer nega, ricusa. Fino al pentimento e alle rivelazioni. Pronuncia per la prima volta il nome del cognato, accusandolo dell’omicidio commesso su suo proprio ordine, e indica il punto esatto dove Maglie è stato sotterrato. Sotto la cuccia per cani della villa dove Tedesco viveva. Resta un dettaglio il fatto che il cognato, detto “Capu di bomba”, vivesse invece in un appartamento in condominio, sprovvisto di giardino.

La procura brindisina avvia dunque una rogatoria internazionale. Siamo al 2003, ma gli esiti sarebbero giunti solo a fine aprile scorso, sette anni dopo. Sono i famigliari di Maglie, gli unici che non figurano come parti civili nel processo in corso, a fornire dettagli utili all’identificazione. Ha 27 anni, di corporatura piccola, alto un metro e sessantacinque. Ha un canino di porcellana e sulla clavicola destra i segni di una frattura causata da un incidente avvenuto anni prima. Dettagli che perfettamente coincidono con i resti ritrovati a Bar nel punto esatto indicato da Bullone agli investigatori.

Tutto, drammaticamente coincide, anche nelle conclusioni del medico legale Potenza, per il quale quei resti erano appartenuti in vita “a un soggetto di etnia caucasoide, di sesso maschile, di età compresa fra i 25 e i 30 anni, della statura di un metro e 65 centimetri circa”.

E ancora: “La morte del soggetto i cui resti scheletrici sono stati ritrovati a Bar in Montenegro il 25 marzo 2006 è avvenuta circa sette anni prima del ritrovamento”, Maglie era scomparso esattamente sette anni prima. Scrive ancora il medico legale: “Per quanto attiene alla identificazione della causa e dei mezzi che hanno prodotto la morte del soggetto, questi sono ancora da identificare in una acuta insufficienza cardio-respiratoria terminalmente insorta a seguito di un gravissimo trauma cranio-encefalico prodotto dall'azione di un proiettile d'arma da fuoco”. Coincidono, nelle conclusioni del medico legale, anche i dettagli relativi al canino destro e al callo osseo: “Il soggetto ha riportato in vita una frattura della clavicola destra in corrispondenza del suo terzo laterale, con verosimile parziale sovrapposizione dei monconi di frattura, poi esitata in un callo osseo esuberante e lieve accorciamento”.

Alla perizia medico legale si somma la prova, che pare schiacciante, del Dna. I prelievi genetici sui resti sono stati comparati con quelli di Michela Cosi, la mamma di Giuliano Maglie che da dodici lunghi anni altro non chiede se non di poter seppellire suo figlio, e giustizia per quella morte rimasta senza colpevoli. Le conclusioni dei due periti fanno lievitare vertiginosamente la credibilità di Vito Di Emidio, a dispetto dei vuoti di memoria in aula che ne hanno determinato il rientro in carcere. Oggi è libero di nuovo, malgrado le ritrattazioni e le defaillance sotto giuramento: ha accusato, scagionato il cognato, salvo poi tornare ad accusarlo dopo aver perduto la libertà. Mentre il boss torna forte nella misura in cui è credibile, trema la terra sotto i piedi di Tedesco che per quel delitto di cui si è sempre proclamato innocente, rischia l'ergastolo.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Il test del Dna scioglie il "giallo": i resti sepolti a Bar sono di Giuliano Maglie

BrindisiReport è in caricamento