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Cronaca

“Ogni cosa che dici è legge, se vuoi mi butto dal quinto piano”

Il gip: “Cultura mafiosa e patto di non belligeranza, ammessi solo i pestaggi”

BRINDISI – Giuramento di fedeltà, di impronta mafiosa: “Sei un grande compare, ogni cosa che dici è legge, se adesso vuoi, io mi butto giù dal quinto piano, tutto quello che vuoi tu”.

La cultura mafiosa

Andrea Polito(1)-2Anche questa conversazione intercettata nell’inchiesta della Dda chiamata “Oltre le mura” è stata considerata significativa dell’esistenza della Sacra Corona Unita e delle affiliazioni che Raffaele Martena e Antonio Campana avrebbero portato a termine, pur essendo ristretti in carcere. Campana, condanna al fine pena mai per omicidio di stampo mafioso.

Il testo è la trascrizione della telefonata ascoltata tra i due detenuti, indicati dall’accusa in posizione di vertice, e i brindisini Andrea Polito e Vincenzo Polito, fratelli, arrestati nel blitz della Squadra Mobile: “Si mettevano in contatto assumendo un tono spavaldo”, ha scritto il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Carlo Cazzella, condividendo l’impostazione dei magistrati della Dda, guidati dal procuratore capo Leonardo Leone de Castris.

“Al tempo stesso mostravano massimo reverenza e ascoltavano gli ordini ricevuti”. In che modo? Con queste parole: “Solamente tu sei la vita mia, compare non te lo scordare”, dicono i due Polito. E poi Martena: “State facendo bene, però cercate di tirare un po’ il freno a mano, ve li facciamo uscire noi i soldi, adesso gli altri devono lavorare per voi, dovete solo gestire e dovete ascoltare Jury (Rosafio Juri, ndr) che è più grande di voi, dovete coordinare e vi portano i soldi che dividete”. L’imperativo: “Dobbiamo stare uniti, noi siamo una cosa sola, io e il compare che vi ho presentato”. Secondo l’accusa, il compare altri non sarebbe, se non “Antonio Campana”.

Il nuovo gruppo

Vincenzo Polito-2La lettura data dai pm e dal gip è la stessa: “Le conversazioni documentano in diretta la costituzione di un nuovo gruppo di matrice mafiosa, per volontà di soggetti carismatici ristretti in carcere, tramite una vera e propria chiamata a raccolta, con l’ausilio di Igino Campana e di uomini disposti a rispettare le gerarchie e gli ordini e pronti sia a rastrellare il mercato con le estorsioni, sia da imporre la forza d’intimidazione proveniente dalla stabilità del vincolo e tenere sotto controllo il territorio di competenza”. Il battesimo del sodalizio sarebbe da collocare nel mese di luglio 2017.

Martena e Campana, secondo il gip, non sono “per nulla intenzionati a rivedere le proprie scelte di vita, nonostante le severe condanne subite”. Anzi. “Sono determinati a guidare persino da un carcere lontano, quello di Terni, uno stuolo di criminali sulla base di direttive e finalità ispirate alla cultura e alla metodologia mafiosa”.

Le affiliazioni

Ad aderire sarebbero stati prima di tutto Rosafio Jury, poi “i facinorosi fratelli Polito, a seguire Fabio Arigliano, Ronizno De Nitto, Mario Epifani, Enzo Sicilia e Nicola Magli, nonché lo stesso Igino Campana, zio di Antonio Campana, e Andrea Martena, il cugino di Raffaele Martena”. Tutti, stando al capo di imputazione, si sarebbero “dati da fare sul territorio in base alle disposizioni impartite dai capi”.

Il patto di non belligeranza e i pestaggi

Nell’ordinanza di arresto eseguita nei confronti di 12 brindisini, sono evidenziate “gerarchie, ordini dall’alto, uso di sfoglie, attestati di venerazione e sottomissione, imposizione del punto e patto di non belligeranza”. Non doveva esserci alcun contrasto, come già svelato dai collaboratori di giustizia quando hanno parlato della cosiddetta pax.  Ma c’era comunque la “necessità di ricorrere ad atti di violenza, in particolare ai pestaggi”. Anche questi ricostruiti nelle sfoglie sequestrate.  

In una di queste lettere, si fa riferimento all’aggressione di un brindisino: “Ho ammazzato di botte (seguono il nome e il cognome, ndr) e questi sono i boss che piangevano”. Pizzino già venuto a galla nella precedente inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Lecce.

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