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Cronaca San Vito dei Normanni

L'accertamento fiscale telematico non è una prova: assolto autotrasportatore

Assolto da una imputazione di evasione fiscale di oltre mezzo milione di euro perché il fatto non sussiste, con una sentenza del giudice monocratico di Brindisi che mette in forte discussione il sistema telematico dell'accertamento fiscale presuntivo

BRINDISI – Assolto da una imputazione di evasione fiscale di oltre mezzo milione di euro perché il fatto non sussiste, con una sentenza del giudice monocratico di Brindisi che mette in forte discussione il sistema telematico dell’accertamento fiscale presuntivo utilizzato dall’Agenzia delle Entrate. E’ di venerdì sera la decisione, al termine di una lunga istruttoria dibattimentale in cui un funzionario del fisco aveva molto puntualmente descritto le indagini a carico del titolare di una impresa di autotrasporti di San Vito dei Normanni, peraltro recidivo. Ma l’ha spuntata la difesa. Il pm di udienza aveva chiesto una condanna a 6 mesi di reclusione.

L’avvocato Vittoriano Bruno, infatti, ha ripreso e sostenuto nella sua arringa il dubbio che aveva sollevato nel corso della stessa istruttoria dibattimentale: l’accertamento presuntivo del reddito evaso, condotto per via telematica, non può essere considerato prova nel processo penale che invece richiede l’esame diretto del documento fiscale, oltre all’accertamento del soddisfo integrale dell’imposta riportata in fattura. In altre parole, dov’è la dimostrazione che le somme indicate nelle fatture rilasciate all’imputato di turno siano state effettivamente ed interamente percepite dallo stesso? Alle 19 di venerdì, il giudice Giuseppe Biondi ha assolto l’autotrasportatore perché il fatto non sussiste (non sussistendo, evidentemente, la prova inconfutabile del reato).

Brindisi, il palazzo della procura e quello del tribunaleGli investigatori della polizia tributaria della compagnia di Ostuni della Guardia di Finanza, nel 2008, avevano sottoposto a verifica sostanziale l’impresa dell’imputato, che pur avendo partita Iva risultava sconosciuta al fisco. Alla fine, le “fiamme gialle” avevano concluso che sussistevano gravi e numerose irregolarità: omissione di scritture contabili obbligatorie, mancata conservazione di fatture attive, mancata presentazione annuale dei redditi, omessa presentazione Irap, omissione di dati rilevanti per la definizione del tributo. Somma accertata e non dichiarata, secondo la Guardia di Finanza, 200mila euro circa.

La Finanza successivamente aveva passato la pratica all’Agenzia delle Entrate per la definizione presuntiva del reddito ed i relativi accertamenti induttivi. Il fisco concluse che la somma evasa dall’autotrasportatore di San Vito dei Normanni era addirittura più che doppia: 540mila euro. Quindi lo stesso fu segnalato alla procura della Repubblica di Brindisi per dichiarazione infedele continuata (articoli 81 codice penale e 4 del Dl 74/2000, con recidiva specifica, mentre la stessa Agenzia delle Entrate contesta all’interessato le omissioni dal punto di vista amministrativo.

Tuttavia, il difensore Vittoriano Bruno ha sostenuto che gli accertamenti incrociati sulle fatturazioni non potevano essere sufficienti a dimostrare che l’evasione c’era effettivamente stata, visto che non era stato verificato se quelle somme erano poi transitate sui conti correnti dell’autotrasportatore o della sua società, fattura per fattura. Il reddito presunto non può essere una prova, ed il giudice ha accolto.

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