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Cronaca

Scu, pizzini dal carcere: l’Antimafia chiede il processo per tre brindisini

Imputati Raffaele Martena, Giuseppe Perrone e Cristian Tarantino, arrestati l'11 luglio 2016: "Affiliati alla frangia tuturanese della Sacra Corona Unita, capo Francesco Campana". In una "sfoglia" trovata dai carabinieri il nuovo assetto del sodalizio: "E' il nostro pastore, ha 30 anni da scontare, niente da perdere: se c'è da ammazzare lo fa"

BRINDISI – Pizzini dal carcere per comunicare i nuovi assetti della Scu con le direttive da seguire nella gestione del traffico di droga. Tutto scritto in chiaro, senza ricorrere a codici da decifrare. Quelle “sfoglie” sono state trovate dai carabinieri e sono alla base della richiesta di processo avanzata dall’Antimafia nei confronti di tre brindisini, arrestati con l’accusa di essere affiliati alla frangia tuturanese della Sacra Corona Unita, la scorsa estate.

MARTENA Raffaele, Classe 1986-2Imputati sono Raffaele Martena, 31 anni, detto Raffy, ritenuto l’autore di alcuni pizzini; Giuseppe Perrone, 45, detto Barabba, indicato come il destinatario delle comunicazioni spedite dal penitenziario, e Cristian Tarantino, 29. Tutti originari di San Pietro Vernotico e tutti ristretti in carcere, a Lecce dall’11 luglio 2016 in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare ottenuta dai sostituti procuratori Alberto Santacatterina e Carmen Ruggiero. Parti offese sono i Comuni di San Pietro Vernotico e Torchiarolo e il Ministero dell’Interno.

I pm hanno confermato l’ipotesi accusatoria e hanno chiesto il processo sostenendo che i tre siano affiliati al gruppo storico del sodalizio di stampo mafioso operante nella provincia di Brindisi, “facente capo a Salvatore Buccarella e a Giuseppe Rogoli” e di recente a “Francesco Campana” accusato anche dal fratello Sandro, diventato collaboratore di giustizia, e a Raffaele Renna, alias Puffo”. Per la Dda, Martena sarebbe “affiliato sin dal 2006 a Lorenzo De Giorgi e a Mino Cafueri, quindi in seguito a Renna e infine dal 2015” avrebbe avuto un ruolo di primo piano come “dirigente dell’associazione quanto alla componente tuturanese”. Perrone è ritenuto “affiliato a Giuseppe Giordano, detto Aiace” e Tarantino è “affiliato a Renna per conto del quale esegue – si legge – gli ordini di questi all’esterno del carcere” essendo “dopo il 16 maggio 2016 rappresentante in libertà di Martena”.

Giuseppe Perrone-4Cristian Tarantino, nell'ultima foto segnaleticaL’inchiesta è partita dal ritrovamento dell’auto di Perrone, il 24 maggio 2016, di un biglietto scritto in stampatello: quel giorno i carabinieri del Comando provinciale stavano eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare a carico di Perrone accusato di traffico di droga e  perquisirono, dopo l’abitazione, l’auto in uso all’indagato. All’interno della vettura, c’era una giacca tipo piumino e in tasca un foglio. Cosa c’era scritto? Questo: “Puffo ha una testa peggio di prima, è sempre malavitoso”, poi “ti mando 50 chili di coca a maggio” e “Christian è il nostro pastore, ha 30 anni da scontare e niente da perdere se ci sarà da ammazzare” e infine “ho ammazzato di botte Mino Cafueri e questi sono i boss che piangevano”. A firmarlo, tale Raffy che per la Dda è Raffaele Martena (difeso dagli avvocati  Daniela d’Amuri e Ladislao Massari).

Destinatario, si legge, è “il mio amicone di sempre” al quale Raffy si rivolge perché ha da dire più di qualche cosa e parte dal riferire di essere stato a Taranto: qui sostiene di aver avuto modo di “parlare con l’amico Puffo (soprannome di Raffaele Renna di San Pietro Vernotico, in carcere e già condannato per droga, ndr) e gli ho detto tutto ciò che pensavo, che voi avete ragazzi e che lui mai doveva fare quel passo”. Quale sia stato quel passo, è oggetto di approfondimento delle indagini in corso di competenza della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, legato a quanto pare a “movimenti” da intendere come affiliazioni in seno al sodalizio. “Lui mi ha detto che nei vostri riguardi aveva esagerato, però amico mio vi vuole ancora bene perché è riconoscente di ciò che avete fatto per lui”, è scritto ancora nel pizzino in cui l’autore si rivolge al destinatario usando la forma del “voi”, probabilmente in segno di rispetto, per poi passare al “tu”.

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“E’ rimasto però male che avete fatto il movimento a Piero, però credimi (su Angelo mio) questo ti vuole bene, quindi ora che esce Cristian (Tarantino, secondo la Dda, ndr) ti spiegherà tutto e voglio che vi amate più di prima e di essere più uniti di prima”. “Puffo – è scritto ancora – ha una testa peggio di prima ed è sempre malavitoso anche in carcere, ti farò scrivere e ritornare come prima, sempre se non c’è qualcosa di grave che ti ha fatto”. Quanto al futuro più immediato, Raffy scrive: “A maggio invio 50 chili di coca. Cristian è il nostro pastore, ha 30 anni da scontare e non ha nulla da perdere, se ci sarà da ammazzare, si ammazzerà senza problemi e come uscirai vedrai!!!!”.  Il sangue, a quanto sembra, sarebbe stata l’unica strada da seguire per eliminare problemi alla radice.

Sangue necessario da un lato e “amore” dichiarato dall’altro: “Ti faccio sapere che Cristian per te stravede poiché per due anni ha sempre ricevuto 300 euro al mese e gli dicevo che era da parte tua per renderti grande e per farti amare. Voglio che lo amate come lo (ho, ndr) amato io perché non ci deluderà e ci farà fare il salto di qualità. Pende dalle mie labbra ed è cresciuto tantissimo e vedrai con i fatti i sorrisi che ci strapperà”. Nell’ordinanza di custodia c’erano anche stralci dei verbali resi da alcuni pentiti, da Fabio Fornaro a Sandro Campana, passando per Francesco Gravina, alias il Gabibbo.

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