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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

La Shoah e l'odio razziale coltivato con l'uso della menzogna. Può accadere ancora

Tra i vari eventi che la città di Brindisi ha organizzato per commemorare la Giornata della memoria, merita un plauso particolare l'iniziativa portata avanti dalla compagnia teatrale "Fabbrica di stelle" che ha rappresentato presso la parrocchia San Giustino de Jacobis del quartiere Bozzano, "Una Varsavia ostile per i Dressner"

Tra i vari eventi che la città di Brindisi ha organizzato per commemorare la Giornata della memoria, merita un plauso particolare l’iniziativa portata avanti dalla compagnia teatrale “Fabbrica di stelle” che ha rappresentato presso la parrocchia San Giustino de Jacobis del quartiere Bozzano, “Una Varsavia ostile per i Dressner”. Sotto la sapiente mano di Jenny Ribezzo ed Elena Funaro, i ragazzi della compagnia hanno rappresentato le emozioni, i sentimenti e i vissuti dei cugini Klaus e Itzach in una Varsavia che a partire dal 1920 cambierà pelle mostrando sempre più la crudeltà dell’ideologia nazista.

La recitazione degli artisti è stata per lunghi tratti commovente, a tal punto da far provare allo spettatore, gli stessi sentimenti incarnati dai recitanti. Gli effetti sonori, le musiche e le grida messe in scena hanno creato un’atmosfera ancor più drammatica, capace di indurre profonde riflessioni anche alla fine di questa giornata commemorativa. Il 27 gennaio sarà sempre giorno altamente simbolico, testimone della malignità umana, dell’esasperato cinismo intriso di follia, a tal punto da far perdere all’uomo stesso la sua natura di essere evoluto ed intelligente.

La Giornata della Memoria prende in prestito il termine ebraico “shoah”, il cui significato (“tempesta devastante”) rende perfettamente l’idea di cosa si sia abbattuto in Europa soltanto settant’anni addietro. L’Italia e la Germania si macchiarono di comportamenti criminali, come criminale è denunciare un uomo per la sua appartenenza etnica, appropriarsi dei suoi beni e delle sue proprietà in cambio della denuncia allo Stato, fino alla deportazione nei campi di sterminio (Leggi Razziali Fasciste del 5 settembre 1938).

La perdita d’identità provata dai superstiti ai campi di Belzec, Bergen, Buchenwald, Chełmno, Maly Trostenets , Auscwitz, o nei campi italiani di San Sabba, Fossoli e Bolzano, era solo l’elemento finale di un percorso scientificamente psicotico creato da menti psicotiche che avevano preso in mano il raziocinio di intere popolazioni tacitamente consenzienti.

Potremmo pensare che il Fuhrer e il Duce fossero i soli artefici di uno sterminio di massa, oppure, analizzando più approfonditamente le dinamiche occorse in quegli anni, sarebbe corretto sostenere che questi personaggi fossero solo i massimi esponenti di un impulso d’onnipotenza che portava ad assurgersi il ruolo di giudice boia, teatralizzando un’idea che penetrò nella mente di moltissime persone?

In che modo un’educazione alienata e priva di valori ha provocato un oblio così vasto nelle coscienze? Riprendendo i paradigmi Freudiani, possiamo affermare che ciascuno di noi possiede una personalità ben definita, uno “Io” strutturato in costante bilico tra le pulsioni distruttive di un Es bestiale, e la funzione moralizzatrice di un Super Io che identifica la nostra parte positiva. Quando l’Es prende il sopravvento sul Super Io, ecco che assistiamo al crearsi di un sistema di anti valori, col diniego spietato della realtà.

Un ambiente culturale così esaltato, da cui si nascerà la retorica bellica di D’Annunzio, esasperata nelle concettualizzazioni di Nietzsche, portò ad una strutturazione sistematica della menzogna, corrompendo il Super Io, disarmando l’Io e le personalità di moltissimi tedeschi e italiani, riducendoli al ruolo di aguzzini passivi. Troppo grande era l’esaltazione per la costruzione di un fantomatico Impero, svanito nella polvere, per accorgersi di aver vissuto per anni in un lucido delirio di morte.

C’era pura ferocia negli esperimenti scientifici nazisti, che prevedevano il sezionamento di prigionieri (ancora vivi) per testare i limiti dell’ipossia nel corpo umano, o negli esperimenti di castrazione alternativa coatta perpetrata a donne ebree tra i 24 e i 45 anni d’età. Queste sono solo alcune delle tragiche metodologie protocollate, con cui si esprimeva l’odio verso ciò che veniva percepito come diverso.

Ad oggi, molti ragazzi ed adulti ignorano quanto sia debole il confine tra forza e violenza, tra disinteresse e ignoranza. Una demarcazione così fragile rende possibile ogni delitto, giungendo perfino al negazionismo dei crimini nazifascisti. Non si può far meno di notare come, da qualche tempo, ci siano forze che alimentino uno strisciante egoismo capace di innalzare l’odio verso un nemico simbolico, un popolo profugo, uno straniero innalzato a simbolo di tutti i mali italiani. La genesi della xenofobia.

Primo Levi, chimico e scrittore italiano, condannato dal suo “Stato” a morte quasi certa, come molti altri italiani, scrisse che ogni uomo normale riveste la sua vita di innumerevoli scopi, dalla realizzazione lavorativa all’esser un buon genitore, a veder crescere i propri figli ed a godere dell’affetto dei propri nipoti; chi era rinchiuso nei campi di concentramento aveva un solo scopo: sopravvivere fino alla primavera. (v.brugnola@libero.it)

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