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Cronaca

“Maledette slot machine: mi uccido”. Il padre costretto a vendere le fedi nuziali

L’ambulante lascia Brindisi dopo 80mila euro di debiti: “Vivo in camion, la mia vita distrutta”. Gli indagati dal gip respingono l’accusa di estorsione: “Gli faccio vendere un rene

BRINDISI – Debiti per 80mila euro. “Maledette slot-machine, mi hanno rovinato, sto a 1.200 chilometri da Brindisi e vivo in un camion. E’ meglio che mi uccido io, prima che lo facciamo quelli”.

La conferenza stampa dell'Operazione Exodus-2-2-2

La disperazione nelle conversazioni intercettate

La disperazione di fronte alla voragine che stava risucchiando il giovane ambulante di Brindisi e la sua famiglia, emerge in una delle conversazioni telefoniche tra il ragazzo e il padre, dopo che quest’ultimo sporse denuncia alla Guardia di Finanza del capoluogo, nel tentativo di riuscire a fermare il vortice delle richieste di pagamento. Tra 50 e cento euro al giorno, dopo una serie di prestiti chiesti nel corso dell’estate 2017. Un incubo alimentato da incontri, da telefonate ed sms, ricostruiti nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi, Giuseppe Biondi nei confronti di quattro giovani, arrestati dai militari del Nucleo di polizia tributaria. Blitz Exodus del 20 febbraio scorso.

Gli indagati e l’interrogatorio di garanzia

L’accusa di estorsione è stata contestata a: Alessandro Coffa, 25 anni, finito in carcere; Alioscha Lazzoi, 29 anni, in carcere; Teodoro De Matteis, detto Rino, 26 anni, in carcere; Angelo Falcone, Nicolò Sgura, 29 anni, in carcere; Alessio Romano, 23 anni, ai domiciliari; Roberto Leuci, 42 anni, ai domiciliari.

Gli indagati hanno affrontato l’interrogatorio di garanzia e in quella sede hanno respinto l’addebito negando di aver minacciato, anche di morte, l’ambulante e il padre, per ottenere il pagamento di somme di denaro. La difesa intende ricorrere al Tribunale del Riesame.

La chiave di lettura del pubblico ministero e del gip che l’ha condivisa è ancorata agli elementi raccolti dai finanzieri, dopo la denuncia del padre del giovane ambulante, avvenuta l’8 luglio 2017. Nell’ordinanza, il giudice ha evidenziato innanzitutto la differenza tra “il delitto di estorsione e quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza e minaccia”, per arrivare alla contestazione della prima fattispecie di reato.

La denuncia: le minacce di morte

Il padre ha riferito di aver scoperto che il figlio aveva accumulato debiti per 70-80mila euro giocando di continuo alle slot-machine e di aver ricevuto minacce quando lui stesso era alla bancarella del figlio, per vendere frutta e verdura. In un’occasione uno degli indagati gli aveva chiesto di dargli l’auto e la casa della famiglia, un alloggio popolare. In un’altra la minaccia avrebbe avuto il seguente tenore: “Vado a prendere tuto figlio, ovunque si trovi, lo uccido e mi consegno da solo alla questura”. A seguire una serie di messaggi: “Sappiamo dove si è nascosto, se vogliamo lo andiamo a prendere, ci ha fatto un danno di 30mila euro”. E ancora: “Lo tagliamo a pezzettini e lo mettiamo sul banco”. Da ultimo: “Se entro giovedì non abbiamo risolto niente, vado a prendere tuo figlio e gli faccio vendere un rene”.

Arresti Operazione Exodus 2-2

La vendita delle fedi nuziali

“A causa di questa esposizione debitoria il ragazzo veniva percosso violentemente la sera dell’8 giugno 2017”, si legge nell’ordinanza di arresto. “Siccome non riusciva più a sopportare tale situazione, lo stesso padre gli consigliava di andarsene e per compragli il biglietto del tremo, impegnava le fedi del suo matrimonio”. Non aveva altro. L’11 giugno successivo, il ragazzo parte e lascia al genitore “un foglietto con tutti i debiti contratti, con importi e nominativi dei creditori”.

Per il gip del Tribunale di Brindisi, alle “puntuali, dettagliate, logiche e coerenti dichiarazioni del padre si affiancano numerosi riscontri oggettivi, a cominciare da ciò a cui assistevano personalmente i finanzieri, come riportato in alcune annotazioni di servizio”, per arrivare al contenuto delle intercettazioni.

I risultati delle stesse – si legge nel provvedimento – “dimostrano innanzitutto il clima di tensione e di paura sorto all’interno del nucleo familiare in conseguenza di queste continue, pressanti e minacciose richieste di denaro, anche forniscono riscontri utili all’entità delle somme di denaro richieste e ai rapporti tra i diversi personaggi”. In alcune telefonate il giovane ambulante “esternava i timori per la propria incolumità” e invitava il padre a ritirare la denuncia. Il genitore, non ha cambiato idea: ha dimostrato coraggio per salvare il figlio e la famiglia.

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