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Cronaca Mesagne

Mesagne allo specchio, ovvero la legalità insidiata. In consiglio un dibattito spinoso

MESAGNE - Mafia, infiltrazioni mafiose, collusioni vere o presunte, inquinamento delle istituzioni, ma anche della società civile

MESAGNE - Mafia, infiltrazioni mafiose, collusioni vere o presunte, inquinamento delle istituzioni, ma anche della società civile. Per la prima volta dopo un ventennio che pareva trascorso una volta e per sempre, Mesagne torna a discutere di assedio criminale, di Sacra corona unita, ma in termini inediti. Ordine del giorno dettato dalle dichiarazioni dell’ultimo pentito Ercole Penna, che ha parlato di presunte connivenze fra le nuove compagini criminali in odor di Scu e le istituzioni cittadine, determinando di fatto le dimissioni del consigliere R.T., a prescindere e molto prima di qualsiasi indagine formale a carico del consigliere stesso, eletto nella lista Vizzino e transitato nel gruppo “Noi Centro con Ferrarese”.

Un uomo della maggioranza di centrosinistra, insomma, e un atto di responsabilità che resta, qualunque cosa la magistratura andrà ad accertare, un esempio raro nell’Italietta di chi resta inchiodato alla poltrona qualunque cosa accada. Il consiglio comunale della città ha spalancato le porte a una discussione spinosa, cercando una liaison sulle corde della legalità e della resistenza a ogni tentativo di assedio con la opposizione. Il dibattito ha preso le mosse dalla dichiarazioni del sindaco Francesco Scoditti, che ha ricostruito brano a brano le ultime pagine di cronaca della città mesagnese, dalle dichiarazioni di Penna alle dimissioni di R.T., al confronto dell’amministrazione con il prefetto Nicola Prete fino al battesimo dell’Osservatorio sulla legalità, che oggi più che mai deve contare su concretezza di iniziative e di contenuti.

Passando, ancora, per il veleno distillato dalle lettere anonime, stagione che si rinnova e che pareva, anche quella, acqua passata. Capitolo doloroso e inaccettabile, infamia di matrice mafiosa essa stessa, suggellata dall’anonimato del mittente. Il sindaco ha accertato “l’ampia disponibilità delle istituzioni cittadine ad accettare gli esiti delle indagini da parte della magistratura, alla quale è stato garantita la collaborazione più ampia possibile. Ma anche a mantenere l’impegno comune per e verso la legalità, premesso che certi fenomeni, se è vero che esistono, hanno consistenza solo marginale e non intaccano la solidità delle istituzioni”.

Il tasto della collaborazione è quello insistentemente premuto anche dalla minoranza di centrodestra, che per mezzo dell’ex sindaco Enzo Incalza ha ribadito da una parte il disappunto del mancato coinvolgimento delle opposizioni nell’incontro con il prefetto, dall’altra ha auspicato l’apertura di un nuovo corso, con l’invito a fare fronte compatto e comune, ad abbassare i toni. Il centrodestra, per parte sua – è emerso nel corso del consiglio – ha incontrato il prefetto sugli stessi temi nella giornata di ieri. Iniziativa che fa il paio con l’interrogazione tramite cui, nei giorni scorsi, la minoranza ha chiesto conto sia delle presunte infiltrazioni nell’apparato amministrativo, che di operazioni “poco trasparenti” nel corso della gestione della macchina amministrativa. Intorno, insomma, ad appalti, affidamenti di servizi e affini.

Sull’ultimo punto ha attaccato a muso duro il capogruppo di Sinistra e Libertà Pompeo Molfetta, accusando le opposizioni di rimestare nel torbido, mettendo a punto una “strategia del sospetto”, che mescola in un “intollerabile indistinto, sospetti di collusione con certezze sulla gestione mafiogena della cosa pubblica da parte dell’amministrazione, sospetti e certezze che mescolati insieme non infliggono un colpo mortale ad una parte politica, ma alla città, tutta intera”. Un attacco “politicamente criminale”, ha detto Molfetta, rivolgendosi poi alla propria parte, al centrosinistra tutto, chiamando in causa le responsabilità della politica, delle istituzioni ma anche della società civile,  chiamati senza esclusione di nessuno a rispondere del ritratto consegnato dal procuratore capo Cataldo Motta nella relazione dell’antimafia all’anno giudiziario.

Un ritratto vivido, quello di Motta, nel quale resta suggellato a fuoco il ritratto di una porzione di città che si sveglia nottetempo, alle tre del mattino, per offrire l’ultimo tributo di riverenza al boss in manette e signora, nel corso dell’arresto: “Massimo, ti vogliamo bene, Gioconda, ti siamo vicini, al tuo cagnolino penseremo noi”. Episodi che chiamano in causa la responsabilità di tutti, ha detto Molfetta, nessuno escluso.

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