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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Mesagne

Suore-infermiere da 3mila euro al mese. La Asl le "licenzia", il sindaco le difende

Perché pagare profumatamente le suore per un servizio pubblico? Perché la Asl ha da sobbarcarsi un costo (da 3mila euro al mese in media) per consentire a personale religioso di continuare a operare in un ospedale, se c'è sete di lavoro?

MESAGNE - Perché pagare profumatamente le suore per un servizio pubblico? Perché la Asl ha da sobbarcarsi un costo (da 3mila euro al mese in media) per consentire a personale religioso di continuare a operare in un ospedale se c’è sete di lavoro? Perché un’azienda pubblica dovrebbe continuare a stipendiare personale non assunto con concorso o con le procedure per assoldare dipendenti con qualifica?

La polemica risale a qualche anno fa e trovò spazio anche sulle colonne di BrindisiReport.it che si occupò nell’aprile 2012 della convenzione tra la Asl di Brindisi e la congregazione religiosa delle suore ospedaliere delle “Figlie di San Camillo”. La segnalazione proveniva da un lettore che si chiedeva se accordi di quella tipologia avessero ancora un senso in tempi di crisi.

Il sindaco Franco ScodittiLa Asl ha assunto di recente una decisione: interrompere la convenzione, sostanzialmente ‘licenziare’ le suore che prestano servizio nell’ospedale San Camillo de Lellis. La difesa strenua delle religiose proviene oggi dal sindaco di Mesagne, Franco Scoditti, che scrive al direttore generale della Asl di Brindisi, Paola Ciannamea, al presidente della Regione, Nichi Vendola, all’assessore regionale alla Salute, Donato Pentassuglia.

“Il mio ruolo istituzionale mi spinge – scrive Scoditti -  a dover necessariamente fare presente che l’Ospedale mesagnese è nato con le suore camilliane che, in origine, garantivano il proprio impegno in maniera volontaria. Una lunga storia (basti pensare che quella di Mesagne è stata la seconda casa delle figlie di San Camillo istituita su tutto il territorio nazionale) che proprio grazie a questo tenace impegno ha stimolato le amministrazioni che si sono avvicendate nel tempo a rendere  il nosocomio punto di riferimento non solo per l’intera provincia ma anche per i territori limitrofi”.

Questa è la premessa: “E’ doveroso far presente – prosegue - che per lungo tempo le suore, attraverso la loro dedizione assoluta, hanno rappresentato una sorta di istituzione, un costante punto di contatto valoriale tra l’ospedale e la comunità locale. Dover rinunciare a questa preziosa presenza significa vedere sradicati valori, tratti essenziali della storia locale. Un vero e proprio patrimonio umano e professionale che in termini sociali vale molto di più di un limitato risparmio finanziario. Tra l’altro si tratta di personale professionalmente specializzato. Allora mi chiedo: a fronte di un taglio che cambierà a mio avviso di poco il quadro generale, quanto perdiamo sul fronte sociale, sanitario, umano? Quanto perdiamo nel rapporto paziente – assistente che è così fondamentale nei percorsi di cura?”.

Suore (repertorio)-2Sui costi del personale, ecco come la pensa Scoditti: “Mi permetto, inoltre, di fare presente che se al posto delle suore ci fosse stato personale laico i costi sarebbero stati di gran lunga superiori e allora si sarebbe realmente potuto parlare di concreta opportunità dei tagli.    Inoltre, considerando che nel plesso ospedaliero di Mesagne è prevista l’attivazione dell’Hospice, come non pensare di assorbire proprio queste figure che, forse, potrebbero interpretare funzionalmente il servizio di assistenza, soddisfacendone al meglio gli obiettivi?”. 

La missiva, si specifica “vuole essere una sorta di riflessione affinché la decisione assunta possa essere rivista”. Mentre “al presidente della Regione e all’assessore regionale alla Salute si chiede un “intervento rispetto ad una vicenda che rischia di penalizzare ancora di più il già mortificato nosocomio mesagnese e di suscitare profondo disappunto tra i mesagnesi e tra coloro che continuano a servirsi delle prestazioni ancora oggi assicurate”.

Val la pena di ricordare che quella in fase di disdetta non è la sola convenzione tra la Asl e un ente religioso. Ce n’è un’altra, regionale, che interessa le arcidiocesi locali sulla base della quale anche i cappellani degli ospedali vengono nominati dal vescovo ma pagati dall’azienda, annualmente, come consulenti esterni.

(Nell'articolo pubblicato tra i correlati le indicazioni sul trattamento economico delle suore in questione). 

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