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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

“Natale nel bastione animato”, viaggio tra le tradizioni popolari

Una conferenza dedicata al Natale e alle tradizioni popolari dell’area brindisina ha concluso gli appuntamenti, per il 2017, della sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia

BRINDISI - Una conferenza dedicata al Natale e alle tradizioni popolari dell’area brindisina ha concluso gli appuntamenti, per il 2017, della sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia. A relazionare, davanti ad un pubblico attento e partecipe, è stato il professor Antonio Mario Caputo, Segretario della società. La conferenza si è tenuta nel Bastione San Giacomo nell’ambito della manifestazione “Natale nel bastione animato”.

Ad aprire l’incontro, i saluti del professor Giacomo Carito, presidente della sezione locale della Società di Storia Patria per la Puglia, e della dottoressa Anna Cinti, presidente dell’associazione Le Colonne-Arte Antica e Contemporanea, associazione che pochi giorni fa ha ricevuto il riconoscimento di eccellenza del territorio per la gestione museale della Collezione Archeologica Faldetta.

Giacomo Carito-10

Il Natale è, per il professore Carito, una festa universale che si declina poi, in maniera particolare, in ogni luogo, legandosi a quello che è il suo stato economico, sociale e culturale. Molteplici sono quindi le interpretazioni del Natale, una per ogni area culturale del mondo. “Il Natale si innesta direttamente su modelli precristiani che erano legati alle feste solstiziali, i riti per il Sol Invictus”, spiega il professore, “il sole che riprende il suo corso dopo aver raggiunto il massimo dell’oscurità, le giornate corte riprendono finalmente ad allungarsi, e quindi ci sono tutta una serie di comportamenti che vengono a sollecitare il ritorno del Sole”. Carito aggiunge che il cristianesimo pensò di sostituire a questa festa pagana una cristiana, “con pienezza di simbolismo, perché il nuovo sole è Cristo”, e che la festa si legava al ciclo agrario. “È rimasta viva e vitale nelle interpretazioni locali finché è rimasto vivo e vitale il ciclo agrario che ne era la base”.

“Da questo punto di vista”, prosegue, “è chiaro che essendo mutato il modello economico e quindi mutati conseguentemente anche i modelli sociali, non possiamo pensare a un ritorno delle tradizioni. Le tradizioni sono le espressioni dei nostri comportamenti, quindi se la società agricola, rurale, non esiste più, è chiaro che quei comportamenti non possono tornare. O se tornano, tornano nella forma dello spettacolo, ma non più nella forma che era loro propria”. Il professore conclude soffermandosi sull’importanza della memoria del passato, per costruire il futuro: “La Società di Storia Patria non è che voglia ritornare al passato, semplicemente cerchiamo di ricostruire le vicende passate per poter tracciare meglio le direzioni di marcia dell’avvenire”.

Antonio Caputo-3

Il Natale di un po’ di tempo fa, come ha raccontato il professor Antonio Caputo ai presenti, era un Natale senza doni, con pochi soldi, in cui le classi sociali avevano un solco veramente profondo: c’era la classe dominante e la classe subalterna. Però in quel periodo anche la classe subalterna voleva vivere il Natale in modo particolare. Caputo ricorda, infatti, che il figlio del contadino quando andava a bussare a casa della famiglia abbiente del padrone terriero, bussava con i piedi, non con le mani, perché le mani erano colme di guantiere di pettole calde e di dolci, ed era orgoglioso perché almeno quell’unica volta durante l’anno era lui a donare e non a ricevere. Il professore ha quindi descritto il presepe preparato da suo padre e suo nonno, un presepe fatto con il sughero, le tavolette, le terre colorate con cui colorare, a spruzzo, la carta dove era stata incartata la pasta: “Ed erano ore di lavoro che praticamente venivano rubate ad una giornata faticosa”, afferma. E fa notare poi come tutto girasse attorno al cibo: “Se osservate bene ancora oggi le statuine del presepe, sono statuine che portano a Gesù Bambino roba da mangiare”. “Quindi il cibo era un’unione tra il presepe e la vita natalizia che una famiglia brindisina voleva vivere”.

Caputo evidenzia poi che nella parte alta del presepe volavano, “appesi a un filo, tra rami di pino e mortella, angeli di coccio, e la neve finta, fatta perlopiù con l’ovatta, che faceva bella figura sui monti di carta”. Non poteva mancare poi la stella di Natale, fatta di cartone, con brillantini incollati. Anche i nostri poeti dialettali hanno fatto riferimento, nelle loro poesie natalizie, alla stella di Natale, e Caputo li ha ricordati: Raffaele Cucci, Giovanni Guarino, Alfredo Galasso. Cosa importantissima era poi la processione del Bambino, in gesso, che veniva portato avanti dal più piccolo di casa perché era il simbolo dell’ingenuità. 

Anna Cinti-3

Il professore ha raccontato poi alcune tradizioni collegate al Natale, come quella di mettere sotto il piatto del capofamiglia le letterine di Natale, o per il popolo contadino, la tradizione delle previsioni del tempo (le Calende), o la tradizione del ceppo natalizio che in alcune case si accendeva solo il 24 e il 25 dicembre, in altre sino al 6 gennaio.  Quello che rimaneva del ceppo si appendeva in casa come segno di prosperità, mentre la cenere che aveva prodotto la si gettava nei campi per propiziarsi un buon raccolto.

Tra i bellissimi “Cunti” (storie raccontate ai ragazzini che si raccoglievano vicino al braciere o di fronte al camino) raccontati da Caputo: la storia della pietra che vagisce e quella dell’alloro e dell’ulivo. Il professore, ha concluso la sua relazione, parlando dei dolci natalizi legati alla nostra cultura, alla nostra tradizione, e leggendo due poesie in dialetto brindisino: “La neve di bambagia” di Oronzo Giordano e “Preghiera alla Madonna la notte di Natale”, di Gino Carrozzo.

Alcune considerazioni del professor Giacomo Carito hanno concluso la conferenza sul Natale: Carito ha evidenziato come anche nelle nostre tradizioni si rifrangano i molteplici apporti culturali su cui poi si è costruita l’identità della città. Quando si parla di identità di un luogo, secondo il professore, non bisogna cadere nella tribalizzazione del luogo perché faremmo un errore enorme. La forza della città è la sua capacità di essere aperta, non solo sul mare, ma aperta agli scambi interculturali.

L’incontro sul Natale e sulle tradizioni popolari dell’area brindisina, che ha avuto il patrocinio del Comune di Brindisi, è stato organizzato insieme ad In-Chiostri e all’associazione Vola Alto, di Brindisi, con l’adesione dell’Associazione Le Colonne-Arte Antica e Contemporanea. 

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