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Cronaca

Nataly, rapina 'inventata': due a giudizio

BRINDISI - Di rapine e furti ne hanno subiti a iosa, ma nel febbraio dello scorso anno, secondo l’accusa, la denuncia di una rapina all'interno della gioielleria Nataly fu il frutto di una messinscena: il pm della procura di Brindisi, Antonio Costantini, ha disposto un decreto di citazione diretta a giudizio per tentata truffa e simulazione di reato

BRINDISI - Di rapine e furti ne hanno subiti a iosa, ma nel febbraio dello scorso anno, secondo l’accusa, la denuncia di una rapina fu il frutto di una messinscena: il pm della procura di Brindisi, Antonio Costantini, ha disposto un decreto di citazione diretta a giudizio per tentata truffa e simulazione di reato a carico di Natalizia Gatto e del figlio Umberto My, titolari della gioielleria Nataly che si trova in viale Aldo Moro, a Brindisi. A quanto appurato dagli agenti della Squadra mobile della questura di Brindisi, l’assalto armato all’interno della nota attività commerciale del quartiere Commenda che risale al 9 febbraio del 2013, sarebbe il frutto di pura invenzione.

I fatti furono denunciati il 12 febbraio: i due imputati, difesi dall’avvocato Ladislao Massari, rispondono non soltanto della denuncia “artefatta”. A entrambi è contestata inoltre la tentata truffa per aver richiesto alla Toro Assicurazioni un indennizzo di 300mila euro (il valore dichiarato del bottino), mai effettivamente versato perché resi noti dagli investigatori alla compagnia gli sviluppi dell’inchiesta in corso. A quanto fu riferito dalla proprietaria i banditi entrarono attorno alle 18 all’interno della gioielleria fingendosi clienti. Si erano detti interessati a un diamante, ma poi avevano portato via tre rotoli di preziosi dopo aver inferto un colpo alla nuca alla titolare.

Il fatto fu subito denunciato. Sul posto si recarono gli agenti della sezione Volanti, insieme agli uomini della Mobile. Dagli approfondimenti eseguiti in seguito emerse però che non v’erano elementi tali da supportare la ricostruzione delle presunte vittime. Tutt’altro. C’era qualcosa che non quadrava, a parere degli investigatori. Subito dopo fu presentata richiesta alla compagnia assicurativa per ottenere un risarcimento quantificato in 300mila euro, denaro che non è mai stato liquidato per cause di forza maggiore.

L’inchiesta è andata avanti, il pm Antonio Costantini ha chiuso le indagini poi ha mandato a giudizio i due gioiellieri. Sarà ora dinanzi al giudice monocratico che dovranno dimostrare, gli imputati, la propria estraneità ai fatti. A quanto accertato il sistema di videosorveglianza dell’attività commerciale era guasto da qualche giorno. Ma i poliziotti acquisirono le immagini del sistema di sorveglianza cittadino e di alcune altre attività private: nulla di quanto riferito dalle presunte vittime emerse dai filmati.

I gioiellieri sono stati vittima di assalti armati in più di una circostanza: l’ultima nel dicembre scorso, quando in quattro minuti la saracinesca del negozio fu forzata con una fiamma ossidrica, poi un’auto usata come ariete sfondò in retromarcia la vetrata. I ladri fuggirono con un bel po’ di materiale di gran valore. Erano le 3.30 di notte e la scena fu registrata dalle telecamere. Sul precedente v’è più di qualche dubbio e secondo la procura anche gli elementi per andare a giudizio.

 

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